Ranieri Granchi: De Preliis Tuscie
Ranieri Granchi era un frate domenicano pisano affiliato al convento di santa Caterina. Notevoli problematiche sulla collocazione biografica: se ne conosce solo l’assegnazione a conventi negli anni 1330-40, l’ultima notizia è che nel 1344 è affiliato a S. Romano a Lucca, probabilmente morto nella peste del 1348.Era un personaggio particolare, un lector theologiae (poteva insegnare ma non ne abbiamo lectiones, scritti o altro), l’unica opera che gli si può attribuire è il De preliis Tuscie.
De preliis Tuscie
Poema epico-storico di ambito pisano in otto libri.Tradizione
Tramandato da 4 mss di cui 3 dipendenti dal primo, di cui abbiamo le riproduzioni.
R Biblioteca Classense di Ravenna; pergamenaceo, riccamente miniato con molte immagini che illustrano il testo. Scritto da un unico copista professionista in gotica rotunda (gotichetta italiana ) entro o intorno la metà del XIV sec. Probabilmente è un codice di dedica di scuola pisana o bolognese.
Probabilmente R non è l’originale ma una copia idiografa perché come collocazione temporale il codice parrebbe essere contemporaneo al testo (che copre il periodo 1315-42 con prolessi indirettamente dichiarate fino al 1346) e alla vita dell’autore (termine post quem): sono individuabili interventi su rasura anche a distanza d'anni non imputabili a distrazione del copista, per altro operati con grande attenzione perché difficilmente si legge il primo strato di rasura oppure ci si trova sotto una variante adiafora, quindi non sono errori meccanici e cmq sarebbe strano che correggesse interi versi. Solo l’autore può intervenire in questo modo. Fra l'altro è possibile che anche l'apparato iconografico sia d'autore.
Comprato nel 1700 dall'abate Pietro Canneti per la biblioteca Classense di Ravenna che poi fornisce a Muratori questo stesso o una copia di questo. Muratori non legge bene la scrittura e non si accorge degli interventi su rasura, non capisce alcune abbreviazioni della gotica che rileva come errori correggendo ope ingenii senza darne resoconto, inoltre normalizza la grafia sulla norma classica.
Anche Meliconi legge questo manoscritto e controlla le letture paleografiche errate ma non sempre segue l'originale, fa congetture a volte inopportune sulla sintassi, l'ortografia e il lessico senza darne conto, fa fraintendimenti paleografici per la difficoltà della gotica (cfr polemica Perosa-Terzaghi).
B Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barberiniano. Cartaceo della seconda metà del XVI secolo, miscellanea sulla gloriosa storia di Pisa
M Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Magliab. Cartaceo del secondo cinquecento, proveniente dalla biblioteca strozziana
C Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Tigiano. Cartaceo, copiato nel 1600
B M e C sono copie di R, come testimonia l'accoglienza a testo (E. Cristiani e M. Tangheroni) della dedica a Betto Griffi evidentemente corrotta. Inoltre gli editori più recenti non hanno riconosciuto e hanno corretto i neologismi.
Il testo e il codice sono sconosciuti nel medioevo per motivi politici, arrivano a pisa nel 5-600 ma non si sa dove sia stato prima né dove sia stato fatto. Viene scoperto a causa della polemica sulle Pandette Giustinianee nel 1135 portate via da Amalfi (?) e nel ‘600 portate da Pisa a Firenze. Il testo viene riscoperto improvvisamente perché dice giusto quando sono state prese (?) ma c’è chi mette in dubbio la notizia e addirittura l’esistenza dell’autore sostenendo sia stato un falso perché il codice fu conservato a lungo dalla famiglia Griffi a Pisa, famiglia importante e nobiliare (conti dal 1474) ma avvezza a falsificare documenti e libri per ottenere dei privilegi. L’abate Guido Grandi che l’aveva procurato fu assertore della falsità del poema.
Mancano ovviamente edizioni cinquecentine.
Pubblicato nel RIS 1 (1727) ma l’approccio di tipo forense all’autenticità del testo fa sì che venga trascurato. L'edizione nel RIS 2 è basata su R e curata da Meliconi, che però muore quando è arrivato al libro e l'edizione resta incompleta.
Poema innovativo per contenuti e ideologia ma legato al medioevo per costruzione metrico-retorica, difficile da gestire e da capire per il lettore.
Poema di argomento storico con modelli epici (Lucano) quindi difficoltà a risolvere la dicotomia facta/ficta (da Cicerone). L’esametro ha come fonti Virgilio, Lucano, Stazio, Ovidio e perfino fonti bibliche e patristiche. La storia è spigata in versi ma con una generica vaghezza, diversa dagli annali e dalle cronache.
L’autore si era trovato di fronte alla difficoltà di sistemare nell’esametro delle parole inesistenti in latino e la risolve decidendo di inserire i neologismi ancora prima della polemica Facio-Valla es. per armi da fuoco, navi (sagitta, galea) e strumenti bellici, monete (Ioannes per fiorino, come in Dante), cariche istituzionali (duodecim: magistratura) ecc... Ma questi inserti appesantiscono l’esametro e Muratori lo riconosce come storico ma lo definisce caliginosum, bollandolo per sempre.
Il poema viene riscoperto negli anni 60-70 all’interno di studi sulla storia del comune di Pisa. Il poema era stato poco usato (studiato da Tangheroni) ma manca di un’edizione moderna e la muratoriana è illeggibile.
La lettera dedicatoria comincia stranamente sul verso (lato pelo) e vi si legge il nome di Betto Griffi, personaggio esistente negli anni ’60 del trecento (quindi il poema andrebbe datato post) ma questo nome compare solo nell’epistola dedicataria, quindi è facile (anche da analisi paleografiche) rendersi conto che si tratta di una falsificazione. La famiglia Griffi cerca di imporsi nella Pisa conquistata (1406, libera alla fine del 400 poi sottomessa di nuovo) per la libertà della città e la loro egemonia in essa.
Nel 1342 Pisa conquista Lucca e sembra che riesca a superare addirittura Firenze: grande giubilo della città e il poeta decide di terminare qui l’opera. Dino de la rocca era un personaggio importante degli anni ’340, mandato a Lucca come vicario pisano, parente dell’allora ufficioso signore di Pisa mentre ufficialmente c’erano i Donoratico del ramo della Gherardesca. Quando muore l’ultimo esponente della famiglia Donoratico sembra tutto tranquillo invece improvvisamente precipitano gli eventi, vengono accusati i De la Rocca e mandati tutti in esilio – non torneranno più in città.
La dedica è stata fatta per forza prima del 1342, ma il manoscritto era in fieri, infatti alcune miniature non erano complete: la famiglia ha dovuto abbandonare la città in fretta e furia e il Granchi non era forte a sufficienza da sostenere una famiglia perdente politicamente quindi non aveva senso terminare il codice.
I libri sono evidentemente scritti in momenti diversi per 20 anni, il testo è piuttosto terremotato.
Poetice è lo statuto del poema: è stato composto a tutti i livelli in modo epico-poetico.
Oratio è la seconda caratteristica di storia iucunda e utile (
Granchi cerca di conciliare due istanze che tendono all’utile ma da due prospettive diverse (poesia e storia). Decide di usare una forma simile a quella di Mussato: alta aulica solenne tipica del poema epico-storico, diversa dalle cronache notarili e settentrionali di moda, diversa dai carmi epici che dall’XI secolo celebrano le vittorie sui pirati, musulmani e bottino di guerra. L’opera è una miniera di informazioni storiche, letterarie e formali, paleografiche.
Il secondo dedicatario dell’opera è Castruccio Castracani († 1328) in onore del quale sarebbero stati composti i capitoli 1-7 eccetto il 4 (quindi entro il 1328). Ripreso in mano dopo 15 anni in onore dell’unica persona che avrebbe potuto eguagliare Castruccio.
I primi sette libri ruotano attorno alla figura di Castruccio, di cui si raccontano solo le gesta più importanti finalizzate alla formazione di un grande stato che si sfalda alla sua morte e che viene raccontato con caratteristiche divine .
Dedica (1)
§10 si rivolge ai destinatari perché sia utile a chi si occupa di politica: la storia contemporanea è importante per la cosa pubblica
§11 prospetta la lettura a un pubblico di esperti (istanza poetica).
Attenzione storica simile all’oratoria p.e. in dialoghi serrati. Strutture poetiche mirate a concentrare l’attenzione sul fatto storico
Il problema di Lucano come fonte è un falso problema perché non veniva considerato pagano ma un pre-cristiano illuminato, anche se fortemente biasimato già dai contemporanei perché troppo storico.
IV libro: perdita della Sardegna nel 1324-6 conquistata dagli aragonesi: è una perdita economica grave.
IV 34-47 (5a) lotta contro il re di Maiorca (Saraceni) è una sconfitta e al ritorno per non turbare la festa inumano i morti a S. Vittore di Marsiglia. Inserisce un’epigrafe tuttora esistente sul tumulo dei caduti: il dettato poetico si discosta poco dall’originale, segno di storicità.
I 176-195 (5b) rito funebre e cerimonia di sepoltura per la battaglia di Montecatini (13**) in cui erano stati guidati da Uguccione di Montecatini(?). Era presente anche Carlo d’Angiò (?). Carroccio: carro simbolico degli eserciti comunali attorno al quale si riunivano, aveva una valenza politico-sociale più che militare, andava difeso con la vita; la presenza di un carroccio in data così bassaè significativa perché tardiva: viene sospeso come un ex-voto
V 122-127 (5c) assedio di Pistoia: schierati guelfi e ghibellini in un’esercitazione simile a un torneo di cui era protagonista Filippo di San Gineto. (in generale cercavano di non andare mai in campo aperto e nell’attesa simulavano tornei)
In generale il poeta ha sempre delle difficoltà a gestire le battaglie per gestire le relazioni fra i modelli e le situazioni reali. Decide di usare dei neologismi come tabucco invece di machina o balista che corrisponde invece alla balestra; dice admiratus = ammiraglio, frequentissimo nei documenti coevi invece di imperator, dice capitanus guerrae = capitano dell’esercito termine tecnico inesistente in ambito classico se non equivalente a potestas che però invece corrisponde a potestà, figura amministrativa precisa; ancora infans = infante d’Aragona non bambino, quindi i soldati dell’infantes sono i fantes ovvero i catalani.
Il mito è plasmato a uso e consumo dello storico a livello contenutistico, usa perifrasi stereotipate, moltissima antonomasia (apostrofe alla città di Pisa), ma mancano il catalogo e la tempesta, mentre si trovano inseriti elementi autobiografici.
L’apparato cristiano si sostituisce al meraviglioso pagano (non originale in Granchi) come già in Mussato nel De Upsilione: intervento nella fabula. Non si stravolge mai il senso in direzione del meraviglioso: in primis la madonna che era la patrona (S. Ranieri più moderno) interviene ma lascia l’ultima decisione agli uomini.
III 113-155 (6a) congiura sventata grazie a Castruccio: grazie alla madonna un tale sente per caso della congiura e la riferisce. Prima parte del libro allegorie di animali
IV 319-327 (6b) la seconda flotta parte per la Sardegna. Segni infausti: la statua cade dal tempio. Fonti tutte classiche anche se le stesse cose si trovano in fonti cronachistiche coeve.
VII 212-41 (6c) la Fortuna ha caratteri medievali
Castruccio prende Pistoia e nel 1328 muore, probabilmente per l’affaticamento dell’estate pistoiese. Ranieri Granchi riporta la notizia ma imputa la morte al fatto che alla vigilia della festa dell’assunta (14 agosto) Castruccio aveva sottratto il censo dovuto alla madonna (c’era una processione, una corona d’argento veniva messa tutta intorno alla chiesa e tutti i comuni e i potestà le magistrature e le arti dovevano portare dei ceri grandi e belli pagando in anticipo in una cassa) per pagare i mercenari teutoni. L’ira della madonna l’avrebbe portato alla malattia e alla morte.
A partire dall’ottavo libro cambia il dedicatario, cambia lo stile e la persona dell’autore: più vecchio e affaticato, fonti diverse e in minor numero, testo più vicino alla poesia.
Il sincretismo delle fonti è tale che su Castruccio la base di riferimento è Enea e l’impero che vuole fondare e insieme David che costruisce e rafforza Gerusalemme e Sion; talvolta attraverso Castruccio parla addirittura Dio.
VI 158-193 (7b) Ludovico il bavaro vuole entrarein Pisa, che rifiuta perché teme che sia un sistema per far entrare Castruccio al potere; Castruccio suggerisce e Lodovico di chiedere al vescovo Torlati di fare da intermediario per fingere una pacificazione e fregare la città e i notabili. Il vescovo morì di malaria ma Granchi dice sia morto di dolore per esser stato tradito.
II 35-52 (7a) nel luglio 1317 gli viene conferito il titolo di Capitanus Generalis di Lucca per 10 anni e Granchi fa notare che il regimen è transfert ad illum (1327? Simile a Signaria, molto forte?). Lui vuole subito far ampliare le mura della città (come David) con la fortezza augusta del post 1322 ma l’evento narrato dopo è del 1320. Dal punto di vista storico non cè discrepanza: è una prolessi pe sottolineare che Castruccio è unto dal signore come David e Granchi ne segue l’iter al potere. Nel 1335 gli viene dato il baculum (scettro, simbolo biblico divino e regale) ma la rocca dell’augusta è più significativa perché rappresenta la fortezza di Castruccio.
Nessun commento:
Posta un commento