qui l'albero era poco notevole e non l'ho messo
Bartolomeo FacioFacio e Panormita controllavano tutte le copie della biblioteca, erano i bibliotecari del re ma anche bibliotecari filologi come quelli della biblioteca e nel museo di Alessandria, controllavano la correttezza ma anche la mise en page, la forma esteriore del codice in quanto investimento a tutti gli effetti.
De origine inter Gallos a.C. Britannos belli historia
De bello veneto clodiano
De verborum proprietate
A Nicocle di Isocrate e le orazioni ai re
Fra i primi scritti di Facio è presente una silloge di scritti politici (copiata da Jacopo Curlo) de principe fra i più precoci del regno di Napoli: sono una volgarizzazione dell’orazione A Nicocle di Isocrate e due orazioni ad Alfonso e Ferrante costruiti secondo gli specula principis (sezione teorica, catalogo delle virtù del principe ecc) che ha come base la concezione isocratea (signoria basata sul merito e sul consenso) e platonica (natura divina) del principato.De bello veneto clodiano
De verborum proprietate
A Nicocle di Isocrate e le orazioni ai re
Rerum gestarum Alfonsi regis libri X
Il libro risulta alla fine scritto a quattro mani con il re e la partecipazione di tutto lo staff di corte, secondo una consuetudine che un critico individua come caratteristica della storiografia ufficiale moderna, la cui sede genetica è il principato; è uno strumento politico.
Essendo una storiografia cortigiana si pone il problema del rapporto fra la laudatio vitae e le res gestae (cfr già Polibio): la storiografia non dev’essere un panegirico, ma non è proibita la lode.
Tradizione e ricezione
La tradizione si mostra piuttosto ampia (18 mss, 8 stampe, un volgarizzamento) ma cronologicamente estesa su un arco di tempo ristretto e vicino all’autore. Si mostra inoltre compatta e fortemente controllata dall’autore e dal re. Si trovano delle revisioni in itinere, non delle vere e proprie varianti redazionali. Ansia di gestione della catena di copia, operazione di marketing per garantire la ricezione (soprattutto durante il periodo della produzione): i manoscritti in elaborazione venivano mandati in giro per l’Italia (al cardinale Giorgio Fieschi, Bracelli, famiglia Spinola a potenti funzionari locali come Luis dez Puig, Arnau Fonolled, Matteu Malferit, a umanisti come Bracciolini, Piccolomini, Marsuppini, Barbaro, Flavio) per avere riscontri, informazioni e consigli e (quindi) per farne un buon mezzo diplomatico-propagandistico per il re; inoltre servivano a creare un pubblico interessato ancora prima della pubblicazione.
I manoscritti ufficiali sono editio, hanno il placet del re e della corte ma in generale già durante la stesura Facio mandava al re estratti e interi libri da rileggere e controllare, discuteva di come disporre il piano dell’opera come è confermato dall’epistolario – a ogni fase corrispondevano, ovviamente, laute ricompense: un vero e proprio contratto editoriale.
Alla fine l’opera venne consegnata allo scriptorium di corte e le copie ufficiali venivano sorvegliate attentamente da Facio stesso e Panormita, affidate spesso a copisti di fiducia. L’intera corte spesso decideva dell’ornamentazione e della rilegatura, anche quelle latrici di messaggi politici propagandistici. Gran parte della tradizione si caratterizza quindi per una compattezza nella mise en page del testo e per marcata ufficialità.
Un altro ambito di circolazione del testo è quello erudito, come testo di studio, per esempio fra le mani di Marino Freccia e Scipione Ammirato che lo annotavano fittamente ecc.
B BARCELONA, BIBLIOTECA CENTRAL, 2015. Trasmette la versione dei Gesta in nove libri, quindi la notizia della creazione a blocchi. Il copista e la filigrana ricondurrebbero all'ambiente Genovese.
E EL ESCORIAL, BIBLIOTECA DE SAN LORENZO DE L’ESCORIAL, Q I 7. Scritto in rotunda imitando Curlo ma sottoscritto dal copista (Laus Deo Petrus Ursuleus scripsit). Miniato da Matteo Felice con miniatura parlante (Alfonsus Rex pacis) ritratto ideale del re (simile a tav. XI) (tav. VI)
F FIRENZE, BIBLIOTECA RICCARDIANA, 831. Manoscritto miniato di propaganda con tutte le prerogative della mitologia del re (siese perilleuse, ora del libro, Alf. rex pacis), inviato a Lorenzo in fretta e furia, tant’è che è molto scorretto, probabilmente non c'è stato tempo di controllarlo. (tav. XI)
M Madrid, Biblioteca de la Fundaciòn Làzaro Galdiano, 450
M1 Madrid, Biblioteca Nacional, 2025
O CITTÀ DEL VATICANO, BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA, OTTOB. LAT. 2193. Attesta la circolazione dell'opera come libro di studio, disadorno ma fittamente annotato.
P PARIS, BIBLIOTHÈQUE NATIONAL, 17150. Codice di studio e provvisorio proveniente dalla corte aragonese (c'è la segnatura), ma non ufficiale, in una corsiva irregolare con disegnini (progettino iconografico d’autore), prova generale per la prova in pulito. Assomiglia a due copie dell'Antidotum in Facium di Petrucci ma manca la sua sigla tipica.
P1 PARIS, BIBLIOTHÈQUE NATIONAL, 5912 A. Esemplare tipico della biblioteca del re
Pa Palermo, Biblioteca comunale, 2 Qq E 24 appartenuto a Matteo Barresi di Pietraperzia
R MADRID, BIBLIOTECA DE LA REAL ACCADEMIA DE LA HISTORIA, 9/5913. Esemplare tipico della biblioteca del re
Reg Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg Lat 943
T Toledo, Archivio y Biblioteca Capitolares ms 46,6
U CITTÀ DEL VATICANO, BIBLIOTECA APOSTOLICA, URB. LAT. 496. Attesta la circolazione quasi immediata presso i grandi leader dell’Italia del ‘400, questo era di Federico da Montefeltro di Urbino (tav. X). Dall’epistolario di Facio si evince che Federico, per ringraziarlo di averlo inserito nel catalogus, gli manda in dono un mulo, e Facio ringrazia. Questo codice riporta la situazione transitoria fra due fasi redazionali, successivamente Facio mandò le correzioni chiedendo che venissero inserite; si trattava soprattutto di precisazioni storiche (nomi, date, città) ma anche linguistiche.
VAT CITTÀ DEL VATICANO, BIBLIOTECA APOSTOLICA, VAT. LAT. 6798. Copia del cardinale Giovanni d’Aragona (il cui stemma è stato aggiunto in seguito, infatti è molto attaccato alla riga della scrittura), grande mecenate, infatti il testo è correttissimo, è stato rivisto da Facio stesso; manoscritto di dedica come il Vl
VL VALENCIA, BIBLIOTECA UNIVERSITARIA, 485. Codice elegante, attribuibile a Curlo anche se manca la sottoscrizione. Decorazione a bianchi girari (stile fiorentino) su fondo colorato e oro, ma non ci sono stemmi quindi non è la copia definitiva. Portato a Valencia da Ferrante nipote di Alfonso al momento della discesa di Carlo VIII (tav. V). Forma un trittico con due altre opere di Facio: un volgarizzamento di Isocrate e il De verborum proprietate (di mano del copista di corte Gabriel Altadell).
El Escorial, Biblioteca de San Lorenzo de l’Escorial, f I 9
El Escorial, Biblioteca de San Lorenzo de l’Escorial, r III 1
Palermo, Società siciliana per la storia patria, Fitalia I D 9
Il testo non viene stampato fra gli incunaboli, ma esplode dopo il 1500.
La princeps è del 1560 a Lione, curata da Michele Bruto (erudito) e ha 5 ristampe in 5 anni. Il testo che tramanda è fortemente corrotto sia sul piano stilistico che ideologico, addirittura viene corretto sistematicamente pontifex maximus per sacrosancta romana ecclesia. Roba da matti! Su un capolavoro del genere!
A partire dal 1562 il testo viene sempre stampato insieme ad altri di carattere storico.
1562 Lione Grifi. Insieme con le storie di Contarini
1563 Mantova, Francesco Filocoro
1566 Lione
1566 Basilea, Petrus Perna e Peritus insieme a Guicciardini e Pontano (De Bello Neapolitano): storia d’Italia per l’Europa.
1567 Basilea, Petrus Perna e Peritus insieme a Pontano con un titolo unico: Rerum suo tempore gestarum libri XVI (10 Facio 6 Pontano fino alla discesa di Carlo VIII)
1579: volgarizzamento abbastanza fedele: I fatti di Alfonso d'Aragona.
1723 Lione, J. Graevius - P. Burmann, Thesaurus Antiquitatum et historiarum Italiae con incisioni
1769 Napoli, Io. Gravier, Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell'Istoria generale del Regno di Napoli – Facio è descriptus de princeps. Ultima edizione prima del 2003.
Perché non è presente in Muratori? Perché ha già troppa tradizione, dà la precedenza agli antiquiores non editi.
Perché non c’è incunabolistica? 18 manoscritti ufficiali sono più che sufficienti, oltretutto sono codici di lusso e propaganda quindi prioritari, più prestigiosi. Inoltre dopo la discesa di Carlo VIII poteva sembrare fuori luogo glorificare Alfonso, quindi dovette aspettare.
Quindi la tradizione manoscritta è inesplorata. Ci sono 18 manoscritti di cui 14 del ‘400, vicinissimi al luogo di produzione del testo, per lo più ufficiali, miniati e pergamenacei (di cui 4 sicuramente preparati a corte, altri 3 solo probabilmente – autorevoli e di tradizione compatta anche cronologicamente, per mise en page, testo tramandato) e 4 del ‘500.
Edizione a Collazione parziale
L’edizione provvisoria comprende la constitutio textus e una classificazione dei testimoni di massima con tanto di albero approssimativo, manca un apparato genetico o critico. Il testo è diverso da Gravier e vicino ai codici controllati da Facio. È stata fatta anche una traduzione in italiano e uno stringato apparato di commento.
Un’altra edizione era stata curata da Jeffrey White a Oxford basandosi sulla princeps.
La collazione completa è stata fatta solo per E, P e Vat, tutti codici vicini all’autore. La collazione per loci critici invece è stata condotta su altri 12 codici.
Dalla collazione emerge che non c’è un errore comune a tutta la tradizione quindi manca l’archetipo, ma ci sono sicuramente molti idiografi (da testimonianze esterne) con varianti redazionali d’autore (es. E, P, Vat) che però non testimoniano di redazioni diverse ma revisioni in itinere, che coinvolsero soprattutto l’aspetto dei dati storici (persone, luoghi…), il vaglio delle fonti.
La tradizione si presenta bipartita e priva di un archetipo comune a tutti; Si assiste a un movimento redazionale che porta da a1 ad a2. In alcuni codici di a2 si nota un movimento redazionale verso b. La famiglia b dovrebbe provenire da O2, originale rivisto direttamente da Facio. All’interno di b si distinguono di codici derivati da x, molto vicini all’autore e al suo ambiente, e quelli derivati da y, le cui correzioni vanno in direzione di x, quindi x è stato preso come testo di riferimento; ogni volta che i codici provenienti da x sono in disaccordo è stata utilizzata la lezione concorde degli altri manoscritti.
Sono state mantenute le finestre che erano state eliminate nelle edizioni dal ‘500 al ‘700.
La grafia è stata virtualmente ricostruita in base alle norme esposte nelle Invectivae:
• Restaurati i dittonghi
• Scelta di –ti- davanti a vocale
• Rispetto della regola di Prisciano (tranne –que)
• Uso costante di nihil e mihi
• Uso corretto dell’assimilazione tranne che in tempto/tento.
Fonti
Ha come ipotesto tutte le storiografie ufficiali della Napoli del ‘500: Valla, ovviamente, poi Chaula (che copriva il periodo 1420-24) e Pelegrì (1419-43) e per lo stile eroico e il taglio epico-classico con cui si doveva inizialmente concludere l’opera (al 7° libro con il trionfo di Alfonso Pius Aeneas).
I modelli della renovatio imperii su cui Facio costruisce il diritto e l’immagine di Alfonso regnante sono quelli classici di Cesare ma anche quelli umanistici del re dotto e addirittura del sovrano predestinato con la sedia infuocata di Merlino. Inoltre i ritratti di Alfonso e Ferrante, incastonati nei Gesta e nel Viris funzionano come specula pricipis; cfr la volgarizzazione dell’orazione A Nicocle di Isocrate.
Facio si inserisce perfettamente nel progetto propagandistico di una storiografia della stirpe aragonese e della conquista d’Italia già tentata da Chaula, Pelegrì, Valla e Pontano fondando la sua storiografia su forti basi umanistiche (Guarino) e un progetto più calibrato e intelligente (opportunista), ma Facio supera le precedenti in notorietà.
Il sospetto di inattendibilità è scongiurato dal profilo metodologico serio e fondato delle fonti teoriche e dall’accuratezza della documentazione storica.
Altro riferimento fondamentale per il concetto di storiografia utile e monarchica è Guarino e di conseguenza il De inventione e la Rhetorica ad Herennium di Cicerone. Fra l’altro Guarino nel 1443 indirizza una lettera-trattato (Hypothesia) al figlio Girolamo in cui compila un manuale di formazione del vero principe e dei suoi quadri dirigenti.
I modelli classici sono Cesare (in parte per la prosa storica ma soprattutto come personaggio su cui modellare l'immagine del re), Sallustio (brevitas, concezione della storia come continuazione della lotta politica), Cicerone (come modello per la concezione della storia e per tutta la parte retorica soprattutto delle orazioni inframmezzate secondo la consuetudine liviana), Livio (per richiamarsi ai fasti di Roma antica nella renovatio e in generale come richiamo dovuto della tradizione umanistica) e Quintiliano.
Titolo
Il titolo si richiama alla monografia storica in prosa sallustiana.
Historiae rappresenta il massimo dell'impegno sotto il profilo retorico, quindi vengono le Rerum gestarum o le res gestae e infine i Commentarii, che si ispirano alla storiografia di Cesare: rapida, concisa, per appunti che sarebbero dovuti servire ad altri per scrivere la sua storia – breve ma autorevole testimonianza dei fatti. Anche le biografie seguono una struttura precisa nel loro svolgersi (secondo il modello della Ciropedia di Senofonte, per esempio): esordio, genos, nascita, puerizia, res gestae.
Proemio
Nel proemio Facio dichiara i suoi intenti: innanzitutto il problema della materia, che gli umanisti preferiscono contemporanea innanzitutto perché disdegnano il medioevo e ritengono inconoscibili in modo scientifico le epoche più antiche, quindi perché è l'unica o la migliore per esercitare il modello di aderenza alla veritas: i re moderni sono pari se non superiori agli antichi (nocciolo della querelle des anciens e des modernes). Cfr però la posizione di Petrarca che considerava i re contemporanei degni solo di satira, mai storia.
Nel rinascimento nascono addirittura poemi epico-storici che corroborino la mitologia al potere, profondamente diversi da quelli medioevali (i Trionfi di Petrarca oppure l'Alexandreis di Gautier de Chatillôn), anche per il modello erodoteo (padre della storia) che considera l'αὐτοπσία e il valore testimoniale dello storico come fondamentali.
Storia fattuale, tangenza con la biografia ma + prospettiva mediterranea. È il prototipo o testo perfetto della storiografia umanistica.
Organizzazione compatta e organica.
Organizzazione compatta e organica.
De viris illustribus
Collana di biografie storiche a tutto tondo, sottogenere della storiografia finchè parla di personaggi storici (non mitici o letterari).
L’archetipo del De viris è copiato da Jacopo Curlo e corretto da Panormita, che aggiunge il profilo di Valla perché Facio non l’aveva messo.
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 3650
I ritratti che abbiamo in programma sono ripresi dal saggio dell’Albanese che li riprende dall’ultima stampa del De viris illustribus, fiorentina settecentesca.
Muzio Attendolo Sforza è il punto di passaggio: chiude la categoria dei condottieri (De copiarum ducibus: sui condottieri, figura nuova del ‘400 chiamata con un nome vecchio; cfr mercede conductus = mercenario) e apre quella dei signori e dei re, chiusa dal ritratto di Alfonso e del suo trionfo a Napoli (1443) in uno splendido climax.
Il modello principale è Svetonio (?).
Qui il modello del re si presenta sotto molteplici aspetti: pius, mecenate e dotto, combattente, magnanimo e vittorioso contro la fortuna – una serie di topoi classici, medievali e umanistici che esplodono in particolare in questo testo.
L’archetipo del De viris è copiato da Jacopo Curlo e corretto da Panormita, che aggiunge il profilo di Valla perché Facio non l’aveva messo.
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 3650
I ritratti che abbiamo in programma sono ripresi dal saggio dell’Albanese che li riprende dall’ultima stampa del De viris illustribus, fiorentina settecentesca.
Muzio Attendolo Sforza è il punto di passaggio: chiude la categoria dei condottieri (De copiarum ducibus: sui condottieri, figura nuova del ‘400 chiamata con un nome vecchio; cfr mercede conductus = mercenario) e apre quella dei signori e dei re, chiusa dal ritratto di Alfonso e del suo trionfo a Napoli (1443) in uno splendido climax.
Il modello principale è Svetonio (?).
Qui il modello del re si presenta sotto molteplici aspetti: pius, mecenate e dotto, combattente, magnanimo e vittorioso contro la fortuna – una serie di topoi classici, medievali e umanistici che esplodono in particolare in questo testo.
1 commento:
Ciao,
hai studiato il De viris illustribus di Bartolomeo Facio per l'esame di Filologia Medievale?
Se sì, hai dovuto tradurre tutto il testo?
Ciao e grazie,
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