Giovanni Pontano
Grandissimo storico, parla della congiura dei baroni e della storia di Ferrante.Pontano è un personaggio esemplare per la storiografia: è stato lo storico ufficiale di corte e ha scritto un trattato teorico in forma di dialogo (Actius) dove stabilizza la trattatistica teorica de ars historica e raccoglie le fila delle prime prove umanistiche e della polemica Facio-Valla. In Pontano è possibile confrontare la scrittura storica vera e propria con la teoresi – con un risultato, per altro, di coerenza e congruità.
Nello scrivere Cesare fra tutti ha abbracciato in minima parte il genere storico, perché quello ha preferito lasciare e preparare per altri la materia con cui scrivere di lui [...] infatti per quanto sia Tacito che Curzio Rufo sono lodati grandemente per le loro lodi e virtù, tuttavia la palma di tutta la storia latina si ritiene che vada consegnata a due scrittori molto diversi nel modo di scrivere: Livio e Sallustio.
Pontano storico: è segretario politico e ambasciatore e scrive tutte le lettere per Ferrante. In particolare il carteggio dell’ambasciatore sforzesco a Napoli con Francesco Maria Sforza attesta gli avvenimenti della congiura dei baroni, le paure e le strategie del sovrano e dei capitani e ne riscontrando l’attendibilità assoluta della storiografia di Pontano.
L’Actius e il suo rapporto con il De bello Neapolitano
Il dialogo Actius viene scritto da Pontano fra il 1495 e il 1499; è diviso in due parti, entrambe di particolare importanza e novita: la prima De numeris poeticis e la seconda De lege historiae. Ebbe molta più fortuna fra gli umanisti del DBN perché si trattava di una trattazione teorica e per la bellezza letteraria che lo caratterizzava, ma la monografia venne usata come ipotesto da tutti gli storici d’Italia.L’Actius si caratterizza come una filtrata rielaborazione di modelli classici (Cicerone, Quintiliano e Luciano) profondamente acquisiti e trasformati, nello stesso modo in cui Pontano dai modelli poetici aveva desunto uno stile profondamente personale. Nel dialogo si sente l’influenza anche del maestro di Pontano, Giorgio da Trebisonda e del V libro del Rhetoricum Libri Quinque, dedicato alla storia (e desunto da Cicerone, De oratore, II 62-4); in particolare certe pagine di Pontano sembrano ampliare e sviluppare concetti e consigli del Trapezunzio con un’ottica di più ampio respiro e maggiori esempi dai classici:
1. sull’ordo rerum: l’ordine narrativo deve costituirsi su un’ordinata disposizione logica e cronologica della narrazione
2. elogio dell’oratio: nel racconto storico vanno inseriti i diversi tipi di allocutiones, con particolare predilezione per i discorsi diretti di matrice classica, ricostruiti tenendo in considerazione i consilia e il ritratto psicologico e storico che se ne è fatto. In effetti anche nel DBN le azioni politiche e le guerre sono precedute dai consilia, le sententiae e le voluntates talvolta discordanti dei personaggi, in generale coerenti con la fisionomia psicologica ma fanno trasparire anche il giudizio di Pontano
3. la descrizione in ritratti dei personaggi*, sia che si tratti di accenni per brevi tratti (Callisto III, Felice e Francesco Orsini ecc) sia che siano ritratti rilevati, complessi come quello di Giovanni Antonio Orsini (che ha come fortissimo modello il ritratto di Catilina), Isabella di chiaramente, Maso Barrese, Roberto di Sanseverino… Manca fra tutti questi il ritratto di Ferrante d’Aragona.
4. la descrizione delle battaglie*. La storia è histoire bataille (e così in particolare si sviluppa il DBN), in particolare degli assedi: Res gestae quae plerumque sunt bellicae. Inoltre per la descrizione delle battaglie c’è una precettistica minuta:
a. innanzitutto bisogna descrivere le origines della guerra
b. quindi la descrizione geografica del luogo, di cose notevoli, di dove si siano accampate le truppe, dove siano passati gli eserciti, dove e come si siano svolte le battaglie, chiarire la disposizione delle truppe nei combattimenti
c. in secondo luogo qualche digressione sulla natura e sulla storia dei popoli che vengono sottomessi, le loro leggi e usanze
d. in terzo luogo i vaticini, i presagi, i miracoli, la leggende e l’astrologia giudiziaria, cioè la congiunzione dei pianeti che influiscono sulla guerra (P. era un astronomo/logo, scrive l’Urania, trattato astronomico), per quanto Pontano riferisca razionalmente che sono frutto di pura superstizione (ma erano riprese dal modello classico e molto in voga anche nelle cronache contemporanee)
e. poi riferire le ambascerie fatte e le istruzioni date agli ambasciatori, descrivere come è stata dichiarata la guerra e con quale criterio
f. raccontare eventi improvvisi e inaspettati, fattori atmosferici, pestilenze, carestie, siccità, pericoli e tutti gli eventi causati da audacia, paura, temerità, sospettom insidie, false notizie
g. bisogna lasciare spazio anche a qualche argomento extrinsecus, che fa sempre effetto
h. prima delle battaglie raccontare quanti e quali siano gli apparati bellici in campo (sia macchine che tuppe a piedi e a cavallo), come siano disposti, i loro sentimenti e presagi
i. nel corso della battaglia raccontare atti di coraggio e viltà, il comportamento dei condottieri e le opere di fortezza, prudenza, fortuna,
j. da che parte dello schieramento abbia inizio la vittoria o la fuga
k. a battaglia finita i caduti e i prigionieri, i saccheggi e le spoliazioni
l. e infine il giudizio morale dello storico sul coraggio, la viltà eccetera.
m. Parlando degli assedi si usa un sistema simile con qualche aggiunta sul carattere dei cittadini, le distruzioni e ricostruzioni, inganni, artifici, astuzie e tutto ciò che causa nell’animo degli uomini la vittoria e la rapina alla fine dell’assedio.
Per quanto riguarda l’esposizione delle res il DBN rispetta pienamente i principi teorizzati dall’Actius, sia nell’ordo verborum che nella presenza di tutti gli elementi richiesti
5. Ancora: usare diversi tipi di varietas
6. Principio della celeritas, ripreso e articolato da Trapezunzio
7. La scelta come auctores di Sallustio e Livio si appoggia al canone umanistico più recente (quello di Trapezunzio) e rifiuta Cesare (indicato come modello da Panormita, altro maestro di Pontano) e Tacito, pure conosciuti e amati da Pontano; è quindi una selezione ragionata e personale. Nel DBN l’auctor a cui attinge maggiormente è sicuramente Sallustio (monografia, brevitas, celeritas, moduli formali, elementi lessicali, descrizione di battaglie e comportamenti, chiaroscuro!) ma appare anche Tacito dell’Agricola e Livio.
8. Rispetto alla posizione del Trapezunzio Pontano elabora un concetto di Historia poetica soluta (vs opus oratorium) e lo dimostra con esempi metrici tratti in modo originale proprio da Sallustio e da Livio. Nel DBN il modello per il color poeticus è Livio.
Il De bello Neapolitano è una historia vitae hominum ac rerum humanarum magistra che serve ad docendum, ad delectandum, ad movendum. Nell’Actius Pontano specifica che il giudizio morale dello storico deve emergere dai suoi scritti, ma nel DBN emerge solo in controluce, da brevi notazioni, dal modo in cui la storia viene presentata e costruita.
9. Come prescritto, ad ogni fatto viene presentato con sua la causa e l’effetto, sia che vengano tratta in modo esplicito (come l’introduzione alla vicenda, che risale a cause remote per arrivare ai fatti odierni) che in modo implicito (le motivazioni politiche stringenti sulla vicenda di Ferrante sono narrate man mano che i personaggi si presentano spesso in modo non esplicito).
Per quanto riguarda i verba (lo stile) il DBN segue i precetti di imitare i classici nel modo più personale e più alto possibile, di conservare la bellezza e la dignità in rapporto alle cose e ai luoghi con una dispositio artistica, varia, ritmica (al punto da risultare oscuro in qualche punto), di ricercare uno stile virile e grave ma non secco, di praticare la brevitas (pregnanza dei singoli cola) e la celeritas (infiniti narrativi); d’altra parte se ne discosta per quanto riguarda la scelta dei modelli (fra cui mette in secondo piano Livio rispetto a Tacito, pur senza citarlo) e soprattutto nella scelta della lexis: nell’Actius si era mostrato di un purismo moderato (proprietas verborum = parole adatte e scelte) mentre qui sente la necessità di inserire in un tessuto classico e nobile tutta una serie di neologismi e volgarismi, giustificati dalla necessità di far corrispondere a nuovi oggetti nuove parole, uso comune nelle lingue vive quale era il latino di Pontano.
Principio fondamentale espresso nell’Actius è: veritas prima historiae lex. A lungo il DBN è stato accusato di essere storiografia cortigiana, ma ad un esame attento dei contenuti questo giudizio perde di pregnanza. Tanto per cominciare, l’opera viene terminata dopo il 1495, data dell’uscita dalla politica attiva di Pontano.
Pontano non nasconde di avere un’idea politica, e non nasconde il suo rispetto per la regalità e in particolare per Ferrante, ma questo non implica che delle scelte e mosse tattiche di Ferrante non vengano registrati errori e tradimenti, l’avidità e la riottosità delle truppe ecc. in qualche modo il suo pensiero passa (per esempio adducendo molte motivazioni e scuse per le sconfitte di Ferrante) ma per esempio cerca di non enfatizzare le vittorie.
Certamente, viene passato quasi sotto silenzio la morte sospetta di Jacopo Piccinino ma dubbi su Ferrante vengono sollevati più chiaramente a proposito della morte di Orsini, principe di Taranto.
Veridici sembrano i ritratti dei personaggi: la regina Isabella è vivacemente chiaroscurata, anche se ne spicca la forza e la fermezza sulla religio e la vanità, il principe Giovanni d’Angiò, nemico acerrimo di Ferrante, alla fine della storia riceve un ritratto molto nobile, addirittura commentando che nelle popolazioni napoletane rimase permagnum desiderium sui.
Manca un esplicito ritratto di Ferrante, che si desume e si compone dai commenti dei personaggi e dal comportamento che dimostra in azione: non è un elogio assoluto, di Ferrante vengono sottolineati il coraggio, la prontezza, l’audacia, la prudenza e la previdenza realistiche sia in battaglia che in politica, l’abilità come comandante e come uomo d’armi ma anche l’astuzia, la doppiezza in alcuni casi, il forse troppo gusto per vecchi e nuovi amori, il sospetto per una serie di morti strategiche, l’abilità a simulare e dissimulare, l’ingratitudine e la durezza e infine l’accusa di non aver conservato durante il governo le qualità positive con cui l’ aveva conquistato.
Tradizione del De bello Neapolitano
Pontano inoltre è un ottimo esemplare ecdotico-filologico perché abbiamo prove della pluriredazionalità del De Bello Neapolitano (dal 1458-60 fino ai primi del 1500) in un manoscritto autografo corretto fino alla morte (manca quasi l’ultima mano) con inchiostri diversi; inoltre l’ultimo manoscritto autografo corretto da Pontano è anche l’archetipo della princeps (1509), a cura di Summonte (amico intimo dell’autore) per l’Accademia Pontaniana; lo stesso editore corregge alcuni punti visibili sul manoscritto. Le correzioni comprendono la classicizzazione linguistica, stilistica e sintattica ma anche una certa manipolazione ideologica del testo.W Vienna, Biblioteca nazionale Viennese lat. 3413
Stampe: S Napoli, 1509 a cura di Summonte
Il manoscritto nei suoi diversi aspetti è stato studiato da Monti Sabia per la prima edizione critica (finora gli studiosi avevano usato la cinquecentina); e ancora un’edizione provvisoria su singole porzioni di testo perché mancano recensio e collatio di tutta la tradizione manoscritta, ma presenta già un apparato redazionale e uno con le correzioni di Summonte.
L’edizione Regoliosi riproduce criticamente alcuni brani significativi il manoscritto W distinguendo la mano del Pontano nei vari interventi successivi e quella di Summonte e confrontandola con la princeps (S)
Cronologia interna
L’Actius è datato 1495-99 e per la precisione nel 1499 viene definito in una lettera in fase di limatura, mentre il DBN pare completo. Il fatto che vengano nominate in contemporanea ha fatto pensare a una composizione successiva della “realizzazione pratica”, ma indizi cronologici e consuetudini del Pontano smentirebbero questa supposizione. La datazione interna del DBN si basa su una serie di indizi:
I libro: post 1482 e molto post 1465. Siccome parla degli eventi del 1458-60 sembra sia stato rielaborato molto dopo.
II libro: post 1458-65 o 1471 e ante 1480 o 1467-9 ancora 1465-94 e dopo 1480. Parla degli eventi del 1461-2
III libro: post 1465. Eventi 1462-3 IV libro: post 1462-5. Eventi 1462-3
V libro: post 1476 o ’77 o ’79 e ante 1481. Eventi 1463-5
VI libro: ante 1470. Eventi 1463-5. Ma all’inizio del VI c’è una vistosa sfasatura cronologica, dove si parla di Isabella (morta nel marzo 1465) come ancora viva durante i festeggiamenti per la presa di Ischia (luglio 1465).
Nella seconda parte del VI libro ci sono indizi della più bassa datazione dell’opera: post 1494 o ’95 e forse addirittura post 1503.
Inoltre è pratica comune per Pontano lasciar depositare e limare a lungo le sue opere, rivederle in diversi momenti e in particolare dopo il suo ritiro a vita privata. Con la scoperta dell’autografo inoltre si può estendere la ricerca sul processo di formazione dell’opera.
L’autografo si presenta come una copia in pulito di una o più precedenti rielaborazioni che si trasformò in una copia di lavoro. Già nella scrittura del codice Pontano lasciò libere alcune pagine o parti di pagine per riempirle successivamente (es. alla fine del III libro) ma col tempo si aggiunsero foglietti contenenti additamenta chiaramente successivi. In particolare l’analisi delle aggiunte e della loro cronologia conferma che la stesura dell’Urtext non prevedeva una serie di elementi ritenuti necessari nell’Actius, come alcune regressioni e digressioni storico-geografico, racconti di leggende e l’unico sacrificium testimoniato nel racconto. È evidente che la stesura è precedente alla teorizzazione, ma il DBN venne successivamente modificato in osservanza di quelle regole.
Regoliosi sostiene che gli anacronismi (aggiornamenti saltuari) e le alternanze di umore e taglio politico siano dovute a una successiva stratificazione dell’opera che non avrebbe avuto la necessaria rilettura definitiva; che la composizione non possa essere successiva al 1494 è confermato dalla totale assenza di indizi relativi alla discesa di Carlo VIII che tanto aveva cambiato il mondo di cui il libro tratta, evento troppo importante per ignorarlo. In quel periodo invece viene sicuramente composto l’Actius e il DBN viene rivisto perché corrisponda a quei criteri teorici nella descrizione degli assedi, nel brano descrittivo finale ma anche nelle notazioni sul carattere di Ferrante (che risultano chiaramente scritte da altra mano).
Probabilmente al momento della stesura semi-definitiva dell’opera il manoscritto venne fatto copiare e sulla copia in pulito Pontano appose la divisione in capitoli e i loro titoli, che nell’autografo appaiono di mano di Summonte e uguali in tutta la tradizione (una conferma verrebbe dal fatto che lo stesso procedimento è stato usato nel De immanitate).
Il problema dell’ambiguità sulla figura di Ferrante è risolta considerando il DBN un documento della passione politica di gioventù poi non modificato ma limato alla luce del passare degli anni.
Contenuto
L’opera è costruita secondo la precettistica espressa nell’Actius (vedi). Racconta della guerra combattuta da Ferrante contro i baroni fra il 1458 e il 1465.
Per i ritratti degli eroi usa modelli storici: l’Annibale di Livio per Maso Barresi.
Riprende anche un suo trattato morale sulle virtù sociali (il De immanitate, composto nello stile di Valerio Massimo) in cui aveva trattato (?) di Maso Barresi.
Un altro ritratto tipico è quello di Roberto da Sanseverino, ideale di barone doctus in humanae litterae.
Il falso è la categoria storica che tramanda comunque una verità in qualche parte.
Pontano si pone come spettatore autoptico (Tucidide, Cicerone) e utilizza la documentazione diplomatica di corte – in particolare cfr carteggio fra Sforza e l’ambasciatore, osservatorio privilegiato sui bilanci e le implicazioni politiche, sul passato, il presente e il futuro dello scontro.
Lingua e stile
Lingua più sallustiana che liviana. Usa i neologismi per capitani militari, macchine belliche. Ultima fase del classicismo napoletano: rifonda la metrica latina basandola su un sistema onomatopeico, un latino nuovo, musicale.
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