Gli anni della crescita (1880-95)
1. Dislocazione??
In contemporanea con la generale crescita economica del paese corre quella culturale, spinta da scuole statali, dell'esercito e di istituzioni filantropiche o aziendali (1882: suffragio ai possessori di 2° elementare), entrambe favoriscono la crescita editoriale (regressione dell'analfabetismo e allargamento del pubblico). Crescono le pubblicazioni librarie e periodiche; cresce l'industria tipografica sia numericamente che come sviluppo industriale e della meccanizzazione: naturalmente i centri più importanti sono legati alle maggiori case editrici e quindi si trovano a Firenze e soprattutto a Milano, la cui fama riecheggia anche all'estero; naturalmente crescono anche le industrie legate indirettamente al mondo dell'editoria: la produzione della carta, degli inchiostri e delle macchine tipografiche vede nascere (a volte per la prima volta) stabilimenti dedicati, per la maggior parte sempre vicino a Milano.
Inoltre il modificarsi del mercato è evidente dal mutare della ragione sociale delle aziende: dalla conduzione familiare di origine artigianale si passa a società a cui partecipavano capitali di origine diversa, talvolta anonimi.
In questo periodo il nord Italia resta decisamente preminente sul sud come quantità e importanza delle pubblicazioni, e al nord MILANO era la capofila, perfino per la stampa periodica, la più costosa (manodopera meglio retribuita) e più impegnativa (innovazione tecnologica continua) – si nutriva della produzione narrativa, redditizia ma anche rischiosa perché non ha un pubblico identificato e certo; la narrativa ha bisogno di un'organizzazione efficiente che permetta delle perdite (pubblicazione di 10-15 romanzi al mese)
RICORDI continua sulla sua linea di sviluppo, apre nuove filiali (Parigi) e acquisisce nuove case musicali.
SONZOGNO acquista in consistenza economica, tale da permettergli di pubblicare il principale periodico del periodo (Il Secolo) e un'importante produzione di opere divulgative illustrate ecc.
TREVES continua ad allargarsi anche grazie all'intuito dell'editore per i nuovi talenti: pubblica Graf, De Roberto, Brocchi, Neera, Negri, Serao e D'Annunzio (autonomia del letterato dal mecenate dandogli il pubblico). Identificazione con il pubblico borghese per periodici e libri (Italia illustrata e La Domenica del Corriere). Bilancio favorevole fino al 1910.
FIRENZE (LE MONNIER, BEMPORAD) e Torino si specializzano sull'editoria scolastica entrando in rapporto con le istituzioni scolastiche per avere garanzia di vendite – inoltre si crea un'interessante rete di carteggi fra editori, ministri e direttori generali di ministero.
La situazione è un po' statica: LE MONNIER è sempre in difficoltà (scarso dinamismo e difficoltà varie, anche a causa di un consiglio di amministrazione non preparato. A partire dagli anni '10 l'impegno verso lo scolastico aumenta migliorando la situazione) ma c'è anche la prima attività bibliofila di Olschki.
In questo periodo nasce BARBÈRA, gestita da Gaspero (arriva da Torino negli anni '50) che prima lavora con Le Monnier e poi si mette in proprio pubblicando saggistica e classici; quando scrive le Memorie di un editore ricalcano l'ideologia del self-help, la concezione paternalistica della conduzione aziendale (i ruoli di padrone e operaio non sono ben distinti). Nel 1870 manda a Roma Piero Barbèra per costituire una filiale ma non ci riesce (avrei preferito essere un editore del Rinascimento che un editore del XX secolo): avrebbe voluto fare l'editore di lusso, rivolto non solo al mercato nazionale: non riesce ad utilizzare la pubblicità, non si capacita che funzioni anche per la produzione libraria. Pubblica per primo De Sanctis che si incavola perché non compare sui pannelli e manifesti, di cui P.B. non si vuole dotare.
Ci sono altre piccole case editrici come la BEMPORAD (1862), che si occupa di opere scolastiche e di narrativa per fanciulli, la LIBRERIA EDITRICE FELICE PAGGI (1841 di Alessandro P.), la SALANI e la NERVINI, editrici che si rivolgono soprattutto al popolo: narrativa a basso costo e produzione scandalistica.
A TORINO si sviluppa l'editoria scolastica per ogni ordine e grado: la PARAVIA per le scuole inferiori, VALLARDI, BOCCA e LOESCHER per le altre scuole, UTET per le grandi opere (enciclopedie, atlanti, strumentazione professionale per l'università).
A ROMA mancano grandi case editrici ma si creano grossi gruppi tipografici che si occupano di periodici soprattutto politici, es. gli EDITORI RIUNITI, legati al partito comunista oppure gli editori del Manifesto ecc. Esperienza intensa ma effimera fu quella di SOMMARUGA, editore di Cronaca bizantina, Nabab e Le Forche caudine, periodici dal linguaggio diretto e politicamente spregiudicato che alla fine ne causarono la chiusura, nonostante fosse sostenuto dai principali autori del momento: Carducci, Verga, D'Annunzio, Dossi. Pubblica anche molti testi di carattere politico.
CAPPELLI invece opera nella zona EMILIANA-ROMAGNOLA ed ebbe grande fortuna grazie a “Cordelia, Giornale per le giovinette”.
A Bologna nasce anche (1859) la ZANICHELLI, che si occupa subito di grandi opere e di editoria per le scuole superiori, con l'appoggio di Carducci.
L'anello debole della produzione in Italia era il costo dei trasporti e della vendita al dettaglio: sopravviveva meglio chi riusciva a saltare l'anello della libreria con abbonamenti e vendite rateali
Il sud è molto indietro ma in questi tempi tumultuosi sembra risvegliarsi: a NAPOLI Marghieri e Morano (legata a De Sanctis) si occupano di libri di testo e editoria scientifica, ma sono irrilevanti sul piano nazionale; grazie a Pierro e al suo entourage di intellettuali viene ridata dignità intellettuale al dialetto napoletano, con la pubblicazione di poesia dialettale di alto livello (Russo e Di Giacomo).
In SICILIA operano Pedone-Lauriel (Palermo), che si impegna a offrire il meglio della produzione intellettuale siciliana in campo storiografico e letterario. Nascono inoltre tre case editrici legate all'università e di vocazione saggistica: Laterza a BARI, Sandron (di Decio e Remo, ora a Firenze), che si occupò soprattutto di editoria per la scuola, spesso con libri curati da studiosi importanti (Croce e Gentile), e di alcune pubblicazioni periodiche di divulgazione scientifica con rilevanza nazionale; Giannotta infine che a CATANIA si occupò di editoria scolastica e saggistica soprattutto ma si spinse pure nell'ambito della letteratura, pubblicando la “Biblioteca popolare contemporanea – Semprevivi”.
Queste tre fra il 1850 e il 1900 pubblicano saggi di buon livello per l'università (sembra che ci sia una tendenza del mercato a dislocarsi e specializzarsi: difficile che le saggiste pubblichino romanzi perché prevedono un diverso mercato e impegno), ma a partire dal ventennio decadono a causa del centralismo tendente a favorire le case editrici centrali e controllabili nel nord e centro – sopravvivono solo quelle che hanno alle spalle una figura intellettuale garanzia di mercato (es. Croce).
In particolare l'impegno statale a diminuire l'analfabetismo indusse molte case editrici a buttarsi nel campo dell'editoria scolastica, spesso facendosi concorrenza spietata.
Nascono in questo periodo nuove aziende, in parte fondate da editori immigrati: Rosenberg & Sellier, Olschki, Sperling & Kupfer ma anche alcune di origine locale, come Laterza e Nerbini.
Milano è sempre il maggiore centro di produzione: ha il doppio degli addetti di Torino e il triplo rispetto a quelli di Firenze (più le aziende sono grandi più sono stabili e forti).
In generale la fine del secolo è caratterizzata da questi movimenti:
1. Nuovi pubblici: fanciulli, donne, operai
2. Nuovi generi letterari: letteratura selfelpista, romanzi
3. Arrivo degli editori stranieri
Un associazionismo difficile (pp. 193-222)
Nella storia dell'associazionismo italiano ebbero un peso particolare gli operai stampatori grazie alla forma particolare delle aziende: concentrazione della forza lavoro e soprattutto forte qualificazione professionale, sia nel campo specifico della tipografia che rispetto alla scolarizzazione di base; queste caratteristiche crearono la base per la nascita dell'associazionismo di categoria in Italia.
I primi tentativi degli imprenditori e l'organizzazione operaia
Le difficoltà del mondo tipografico non venivano tanto dalle associazioni operaie quanto piuttosto dalla disarmonia che caratterizzava gli interventi degli imprenditori, non abbastanza omogenei da muoversi uniti, pronti solo a difendersi saltuariamente.
Era difficile che si formassero associazioni degli editori a livello sopranazionale, visto il piccolo numero dei proprietari e la ristrettezza del mercato editoriale (le premesse per un cambiamento vengono durante il passaggio napoleonico).
Le prime ipotesi vengono da Stella (1820) che propone un'utopica corporazione degli stampatori italiani, quindi il fallimentare Emporio librario voluto da Pomba, che aveva dalla sua la lingua comune ma di contro la differenziazione dei poteri nella penisola:
1. assenza di una normativa comune
2. disparità di approvvigionamento delle materie prime
3. disparità di organizzazione del lavoro
4. disparità di utilizzazione dei servizi postali
5. difficoltà a trovare commesse statali che assorbissero eventuali investimenti sbagliati
La condizione degli operai, invece, era diversa perché avevano problematiche più omogenee: salario, disoccupazione, igiene nel posto di lavoro, formazione professionale – inoltre rappresentavano una discreta forza dal punto di vista quantitativo. Esistevano già organizzazioni di mutuo soccorso di lunga tradizione e ben assestate, che quando nel 1848 mutò l'assetto politico (Statuto Albertino) approfittarono del diritto di riunione per costituire più avanzate associazioni dei lavoratori: grazie all'esperienza francese di Steffanone nacque la Società dei compositori tipografi per l'applicazione e l'osservanza della tariffa, con finalità anche di sostenere eventuali scioperi.
Questi operai erano già coscienti che per ottenere certe condizioni bisognava in qualche modo sacrificarsi.
L'Unità e lo sviluppo dell'associazionismo tipografico
Si creano quindi società di resistenza (Genova 1852, Milano, Firenze, Bologna, Brescia, Venezia, Treviso, Verona, Roma 1870) e in genere gli operai di Torino seguono le migrazioni della capitale prima a Firenze poi a Roma.
Anche dalla parte degli imprenditori andò creandosi coscienza “di classe”, diversa per tipografi-editori e per tipografi puri. Quando le associazioni degli operai e dei proprietari si riunirono immediatamente il dialogo venne spostato da salute, disoccupazione, salario al “decoro dell'arte”, commesse statali, dazi sulle materie prime ecc. Così gli operai si ritrassero in associazioni specifiche in attesa di tempi migliori.
1867 Bibliografia d'Italia (Bocca, Loescher, Münster), rivista di informazione sulle pubblicazioni della penisola ma anche elemento propulsore dell'associazionismo libraio-editoriale
1869 a Torino Congresso Librario Italiano (in concomitanza con il congresso pedagogico).
Associazione Libraria Italiana (presieduta da Pomba) di cui la nuova Bibliografia italiana diventa l'organo di stampa.
L'impresa editoriale acquisisce autonomia rispetto alla tipografia, sempre più schiacciata perché ha necessità diverse limitate praticamente al costo della forza lavoro, mentre gli editori combattevano per diminuire il dazio d'entrata dei libri, la tassa di raccomandazione dell'inoltro postale delle stampe, per la regolamentazione degli sconti ecc. A questo punti gli interessi di editori ed operai erano completamente divergenti.
Pesavano ancora la precedente divisione politica, i tempi lunghi dell'unificazione, le differenze nello sviluppo economico e nell'organizzazione editoriale, soprattutto confrontando la situazione francese di lento ma inesorabile sviluppo e di iniziale chiusura.
Al 1869 cmq la tipografia italiana vantava tre testate specializzate: 1. la Bibliografia d'Italia (servizio di cultura generale, supportata dal ministero della pubblica istruzione) 2. la Tipografia Italiana (rivista soprattutto operaia e locale) 3. L'Arte della stampa (panorama tipografico ma più spostato verso gli interessi degli editori).
Dopo il 1870 Roma diventa uno dei più importanti centri editoriali della penisola: atti parlamentari, periodici ufficiali, moduli per i ministeri, quotidiani nuovi e vecchi ecc.: fu un boom nella quantità degli stabilimenti ma anche per il livello tecnologico raggiunto. Non si trattò mai però di uno sviluppo editoriale propriamente industriale, ma di commesse pubbliche e produzione di routine con pochi rischi. A Roma si svilupparono anche le nuove associazioni di categoria, come la Società dei compositori tipografi per l'applicazione e l'osservanza della tariffa (1870); queste, nascendo in una città in cui erano rari gli stabilimenti industriali di una certa consistenza, si fecero interpreti di problematiche più generali, soprattutto sul fronte della legislazione sociale e dell'organizzazione intercategoriale.
Negli anni '880 gli operai ricominciarono a combattere associati per una nuova tariffa, aumenti salariali e controllo del lavoro minorile: a un successo iniziale seguì il malcostume degli editori-tipografi di non rispettare i patti – in generale l'associazionismo imprenditoriale non decollò mai a causa dell'individualismo degli associati e della ristrettezza delle aziende: alcune officine sopravvivevano delle deroghe alla regola; restavano uniti nelle richieste al governo o per i problemi generali, ma creavano associazioni ad hoc quando si trattava di contrattare con gli operai, spesso in forme massicciamente inique (cfr sciopero 1882: costituzione in associazione, squadre volanti, uso di poliziotti e detenuti per produrre cmq, scorte militari ai crumiri. In seguito al fallimento dello sciopero la sede dell'associazione nazionale venne spostata a Torino, dando maggior respiro ai romani e l'impegno a una sede più esperta.
Due modelli associativi a confronto
Le associazioni degli imprenditori continuano a non prendere in considerazione le necessità dei tipografi puri, solo nel 1907 si arriva al primo Congresso dell'Associazione dei tipografi e arti affini, come nel 1882 nasce la Società italiana degli Autori, che sono sempre parti dell'ATLI, responsabile dell'immagine dell'industria editoriale italiana sia sul piano internazionale (Bureu permanent du congrès des éditeurs) che nella dialettica con le istituzioni. Per spinta dell'ATLI vengono pubblicate l'Annuario della tipografia, della libreria e delle arti affini (1884), i Cataloghi collettivi della libreria italiana, e infine il Catalogo generale della libreria italiana.
Le associazioni operaie invece si muovono in modo più strettamente dialogante ma più mosso: le realtà locali erano molto importanti e promosse (comitati di propaganda) dalle istituzioni centrali perché rappresentavano la forza dell'organizzazione nazionale: i contrasti venivano agilmente riassorbiti e anzi i piccoli centri si dimostravano base fondamentale della discussione e del dibattito.
Mentre da una parte si andava superando l'ottica corporativa, sotto il profilo dell'ingresso delle donne nell'ambiente tipografico otteneva solo rifiuti: si temeva che rappresentassero un anello debole, più a buon mercato e più docile alla disciplina di fabbrica.
Con il 1893 entrambe le situazioni si sbloccano (// nascita di camere del lavoro e del PSI) con l'ammissione delle donne nella federazione: non potevano ancora diventare compositrici e avevano turni di lavoro più brevi e di riposo più lunghi, ma col tempo la situazione si modificò, parallelamente all'ingresso diretto in politica di molti operai.
L'ufficiale distanziamento dalla politica reale non impedì alla maggior parte delle società di venir chiuse durante la ventata reazionaria di inizio secolo, ma sopravvissero Torino e Roma, che continuano nelle lotte.
La svolta del nuovo secolo
1903: nuova vertenza operaia per l'aumento del salario e la riduzione a otto ore giornaliere -> sciopero sconfitto per varie congiunture politiche. Da quel momento furono scontri su temi più realistici (?).
D'altro canto gli imprenditori si resero conto della necessità di associazioni specifiche della categoria, separando anche innanzitutto i tipografi (1906: assise della tipografia e affini) perché discutessero di organizzazione del lavoro, strumenti per dirimere la conflittualità negli stabilimenti, regolamentazione legislativa delle associazioni operaie, con attenzione alle diverse realtà del paese. In secondo luogo dovevano differenziarsi i librai, altra categoria sacrificata dagli editori, ma lo scoppio della guerra bloccò ogni tentativo di separare l'associazione. Col 1920 ricominciò il dibattito, con la separazione di editori e librai, nasce l'Associazione Editori Librai Italiani, ma è una nascita problematica (// rivolte universitarie per il rincaro dei libri), corrispondente a una fase problematica della vita politica del paese.
Il secolo nuovo (ovvero: Un panorama in evoluzione pp.225-298)
Si registra un'accelerazione dei ritmi di vendita (anche in canali particolari come quelli delle bancarelle) ma al libro fanno concorrenza tutti i nuovi divertimenti, passatempi e distrazione: stampa periodica illustrata, sport, escursioni in bicicletta, cinema ecc. Inoltre gli operatori del settore lamentavano che per ogni libro venduto i lettori erano molti di più per l'abitudine di passarseli e di usufruire delle biblioteche pubbliche. In generale è un'attività non eccessivamente remunerativa, mestiere piuttosto difficile.
Elementi di novità non si notano tanto nella persistenza di librerie che occasionalmente pubblicavano qualcosa ma piuttosto nella migrazione delle aziende dall'ambito familiare a quello della società anonima dalle molteplici partecipazioni – per quanto resti l'abitudine di identificare l'editrice con il proprietario o con il suo nome.
Restano discrete difficoltà nello squilibrio fra capacità produttive e capacità di smaltimento, che portavano a liti fra editori e librai: quelli accusati di lasciare margini di guadagno troppo ristretti, questi di fare sconti eccessivi. Anche se viene sentito come un problema, in questo periodo sono in allargamento i pubblici: oltre ai bambini (cresce il numero di iscritti alle elementari e alle medie) e alle giovanette si sta allargando la classe borghese che ha bisogno di libri per aggiornare le sue conoscenze e la lettura è il primo strumento di redenzione sociale, con la conseguenza di tentativi politici di innamorare dei libri il proletariato; inoltre nelle classi medie aumenta il numero delle persone che ambiscono ad entrare nel mondo delle pubblicazioni di narrativa, teatro e giornalismo.
Inoltre la lettura era solo falsamente ridotta dai nuovi divertimenti: la letteratura di viaggio, i manuali sportivi e di hobby, la stampa periodica sono tutti mezzi per entrare in confidenza con l'oggetto e l'uso della lettura.
Si riscontra al contrario una grossa difficoltà nelle esportazioni verso il pur ampio pubblico degli emigrati a causa di una legislazione restrittiva e protezionistica (un dazio colpiva i libri italiani esportati che rientravano invenduti), legislazione modificata nel 1911 senza che il mercato delle esportazioni prendesse mai effettivo slancio. Nasce nel 1914 le messaggerie italiane che inizialmente aveva come scopo l'import-export di pubblicazioni.
Si riconferma Milano polo centrale dell'editoria italiana, come Torino lo è per l'ambito scolastico, come Firenze resta importante anche se cambiano le aziende di rilievo, come Roma si resta capitale atipica e Napoli ha qualche editore di rilievo ma non molti.
MILANO
Nessuna delle case di Milano copre l'intera gamma di bisogni della clientela. Oltre alle aziende grosse ce ne sono molte che si rivolgono ai diversi campi: il canale delle bancarelle, le edizioni di libri d'arte (a volte pubblicate in proprio dagli autori), la Scuola del libro, il Risorgimento grafico (periodico specialistico), l'Agenzia letteraria internazionale.
Sonzogno in questo periodo vive la sua decadenza definitiva.
Treves risente delle imprese giornalistiche altrui (Domenica del corriere) a cui risponde con il Secolo XIX e la resistenza dell'Illustrazione italiana, Illustrazione popolare, Margherita. È una delle poche case che ripartisce gli utili anche fra gli autori – per quanto gli scrittori italiani davvero indipendenti fossero pochi (De Amicis e D'Annunzio quelli dalle tirature più alte, più facilmente piratate). Pubblica anche la Biblioteca amena, libri di viaggi (Guide) e avventure, storie lacrimevoli e sentimentali. La tendenza era a fare tirature piuttosto basse e ripeterle quando ce ne fosse la richiesta.
Hoepli resta libraio-editore, non fornendosi di una tipografia propria ma rivolgendosi a diverse tipografie col cambiare delle necessità. Comprende opere tecniche, di cultura, pratiche applicative (i Manuali); ovviamente anche libri per la gioventù e la Biblioteca della famiglia; inoltre pubblica opere di prestigio in tirature limitate.
Vallardi si occupa soprattutto di libri per bambini e sussidi allo studio, dizionari anche a dispense, opere tutte educative per tutte le età, compresi libercoli patriottici ecc. Si segnala anche per la capacità di comunicare con la classe magistrale.
TORINO
Attività ci sono a Genova, Como, Padova, Venezia, Bergamo ma l'unica altra città con una produzione editoriale importante è Torino, soprattutto per la scolastica con la Paravia, la Lattes (e Società internazionale per la diffusione della buona stampa, Casanova, Rosenberg & Sellier ecc) e la sezione dedicata della Loescher, che si occupava soprattutto di riviste di cultura letteraria ad alta specializzazione.
In ambito culturale si segnalano anche i Fratelli Bocca, editori di autori letterari e di scienze sociali difficilmente riedito e pure la UTET oltre a testi destinati alle università si occupa di trattazioni divulgative e scientifiche anche di grande impegno, vendute con il sistema delle dispense per abbonamento e vendite rateali.
Anche la STEN (Soc. Tipografico-editrice Naz.) oltre a La Stampa e La Tribuna pubblica libri di lusso illustrati, una biblioteca d'arte, opere varie fra cui testi pedagogici e storici.
BOLOGNA
A inizio secolo è rappresentata dalla presenza egemonica della Zanichelli che mantiene rapporti con il mondo letterario locale (erano nati con Carducci, ancora piatto forte della casa) e non, ma soprattutto si occupa di pubblicazioni di carattere scientifico. Muove i primi passi Cappelli.
E FIRENZE
Le Monnier vedi prima; Barbéra cede la tipografia per allargare la produzione ma senza variare la condotta editoriale e l'attenzione alla veste tipografica del prodotto. Oltre a collane e testi di largo smercio pubblica Manuali di scienze giuridiche, sociali e politiche, una Biblioteca agraria, biografie di italiani e stranieri illustri e alcune edizioni-strenna di gran pregio sia per bambini che per adulti.
La Sansoni mantiene l'impegno verso la scolastica di qualità ma si occupa anche di riviste letterarie (Biblioteca storica del rinascimento, Biblioteca critica della letteratura italiana).
Opere di cultura pubblicano anche Seeber, Lumachi e Olschki, appassionato lui stesso di libri antichi e con una cultura del libro aristocratica: si occupa di riproduzioni in fac-simile di libri antichi e edizioni di gran pregio, ma anche di vendita antiquaria.
In fase di espansione è la Bemporad in questo periodo: allarga i suoi interessi nelle opere scolastiche e narrative per ragazzi (Salgari), ma anche Il Giornalino della Domenica (diretto da Vamba); pubblica Almanacchi per le famiglie e libri di cucina, investe per ampliare la rete distributiva. Ma non tutte le iniziative vanno a buon fine e deve faticare parecchio per tirarsi fuori dai debiti. Ad ogni modo le imprese in ambito scolastico della Bemporad fanno sì che le aziende fiorentine raggiungano e superino le torinesi nel numero di titoli venduti.
Salani si inserisce invece nell'ambito della narrativa a basso prezzo di taglio popolare, in cui venivano fatti rientrare anche scrittori di rango e qualche classico. Un buon rapporto prezzo-qualità caratterizza anche le produzioni di storia, i libretti religiosi, i copioni teatrali e le raccolte musicali.
Quattrini si caratterizza pure per impegno politico democratico-socialista e anticlericale con la Biblioteca educativa sociale.
ROMA
Al di là dell'affermazione di quotidiani (Il Messaggero, La Tribuna, Il Giornale d'Italia) a livelli non lontani da quelli milanesi, nella capitale le pubblicazioni si limitano ad avvalersi di tipografie locali ma con etichette prestigiose ed esterne. Inoltre Roma risulta interessante come mercato di spaccio (librerie o filiali).
NAPOLI
Il mercato è più propositivo ma resta pochissimo attivo sul piano delle produzioni in proprio a causa della difficoltà dell'emergere di una libreria-tipografia dalla massa delle affiliate all'università. Notevoli Detken e Rocholl, Morano, la Libreria di Luigi Pierro e in generale un sottobosco di piccole case che occupano le varie nicchie; nemmeno per l'editoria scolastica spicca una casa in particolare, anzi hanno il predominio le case siciliane.
Spicca anche l'impresa di Ricciardi, che pubblica cose di rilievo sia sotto il profilo editoriale che tipografico.
SANDRON
Sandron si impone in campo scolastico per ampiezza e qualità di catalogo, e per efficacia della rete distributiva; in contatto con Croce, Gentile si occupa di biblioteche filosofiche, pedagogiche e letterarie, senza dimenticare i libri per ragazzi.
CARABBA
Carabba a Lanciano che comincia con editoria scolastica, poi edizioni saltuarie fino all'incontro con Papini a cui seguono biblioteche filosofiche d'intento divulgativo e varie biblioteche di narrativa (classici, antichi, moderni ecc).
LATERZA
Giuseppe e i suoi figli cominciano a Bari con una cartoleria e una libreria, per impegnarsi in una prima Piccola biblioteca di cultura moderna e pubblicazioni occasionali continuando con la Collana di studi meridionalistici (curata da Nitti) e dall'incontro con Croce, la cui supervisione culturale fu fondamentale, nascono Biblioteca di cultura moderna, Classici della filosofia moderna, Scrittori d'Italia caratterizzati dalla qualità di copertine, carta e impaginazione. Escono poi anche la rivista La Critica e le opere di Croce. Il valore economico resta sempre relativo e vengono ristampate solo le opere rispondenti allo spirito del tempo: India e buddismo antico, I grandi iniziati, guide alla vita matrimoniale e all'igiene infantile ecc.
FORMIGGINI
A Modena con la supervisione anche della moglie si caratterizza per lo spirito goliardico e irridente delle prime pubblicazioni, stile che caratterizza anche le collane successive, insieme all'interesse per la pedagogia, in cui la moglie era laureata. Pubblica anche i Profili di artisti ma i piatti forti sono la Rivista di filosofia e quella di pedagogia, la pubblicazione di Petronio, di Tassoni e quindi dei Classici del ridere.
CASI PARTICOLARI
L'Istituto Editoriale italiano che cerca di creare collane di scrittori di fattura elegante, che rispondessero alla necessità di libri belli ma non irraggiungibili come quelli di Olschki e Hoepli.
L'Unione italiana della educazione popolare promosse una Biblioteca di coltura popolare (la Collana rossa), distribuita gratuitamente nel circuito della Federazione Italiana delle Biblioteche popolari (presieduta da Turati).
Gli scrittori raccolti attorno a La Voce si organizzarono in forma cooperativa per pubblicare gli autori più meritevoli, inediti o imbarazzanti che un editore normale difficilmente avrebbe potuto: nei pochi anni di vita pubblica Soffici, Salvemini, Papini, Saba, Rebora, Boine, Pea, Jahier ecc.
Caratteristica tipica del periodo è l'affiliazione alle case editrici di personaggi di spicco della cultura che ne curano ben da presso le scelte editoriali (cfr Marinetti, promotore, direttore e finanziatore delle edizioni derivate dal mensile Poesia), spesso dando un'impronta filosofica precisa e combattendo con le scelte e le necessità degli editori veri e propri. È una lotta che dovrà risolversi a favore dell'una o dell'altra parte.
Editori italiani sottolinearono la necessità di rendersi indipendenti dalla produzione tedesca, soprattutto per quanto riguardava i sussidi scolastici (cartine, mappamondi...) e in effetti una risposta nelle aziende italiane ci fu: Barbéra, Paravia, l'Istituto geografico De Agostini e Treves si impegnarono rispettivamente nella proposta di nuove serie di classici latini, carte geografiche murali, nuove serie di scrittori inglesi.
Da notare che, ovviamente, tutte le collane e le opere per bambini e ragazzi si caratterizzarono in senso decisamente nazionalista.
Inoltre, va detto che meno vendite non significa necessariamente meno utili: le commesse militari e statali per i giornali da trincea e il materiale di propaganda arricchirono soprattutto gli istituti dotati di buoni impianti grafici, fra cui la Mondadori (vedi).
Comincia in questo periodo ad avvertirsi la possibilità che attorno al libro si stesse verificando quell'aumento di attenzione chiamato da mezzo secolo, essendo più utili i libri del cinematografo per dimenticare i mali della guerra. Un esempio è il successo dei romanzi di Guido da Verona e l'impresa tentata (e fallita) da Formiggini dell'Italia che scrive, che doveva servire a mettere in comunicazione i consumatori e gli impiegati del mondo del libro.
La prima guerra mondiale è per l'editoria italiana una data fortemente periodizzante, una cesura: finisce l'editoria artigianale e prende piede il rinnovamento e l'industrializzazione: aziende non più familiari e sempre più d'alta finanza; mette le basi l'editoria di massa, per quanto non comincerà a crescere prima degli anni '50, e un humus culturale unitario, l'identificazione nazionale, l'acculturazione di base (con i giornali di trincea). Ovviamente nel momento immediato della guerra c'è grossa crisi per i costi della carta, delle tariffe postali, dei salari...
Al sud si segnalano Carabba, Sandron e Principato, l'ultima sotto la protezione culturale di Gentile (Giornale critico della filosofia italiana).
La UTET insiste nel campo medico, giuridico, economico, filologico, storico-artistico con la sua rete di vendite rateali. Restano altrettanto universitarie la Francesco Vallardi e la Società Editrice Libraria. Anche la Hoepli, rientrata, si basa soprattutto su riedizioni di opere che avevano riscosso successo in precedenza e lo stesso faceva Bocca e in misura minore Barbéra.
Molto attiva diventa invece la Zanichelli che, oltre a un buon numero di novità che spaziano dalla letteratura alla storia alle scienze, si impegna anche nella pubblicazione dei Rerum Italicarum Scriptores ed è la prima a diffondere la Teoria speciale e generale della relatività di Einstein.
Anche la Cappelli acquista nuovo peso con pubblicazioni di carattere più eclettico: produzioni per la gioventù, studi medici (per l'università), sociali, letteratura di guerra.
Laterza riprende con titoli nuovi e vecchi, e una nuova collana in cui vengono pubblicate opere degli uomini di Weimar e scritti polemici.
In questo periodo Formiggini subordina l'attività editoriale a quella del produttore di cultura con l'Istituto per la propaganda della cultura italiana, presto acquisita da Gentile come Fondazione Leonardo.
Prezzolini rifonda l'editrice di La Voce ma presto le difficoltà sono superiori alle soddisfazioni e se ne va. Prima escono una collana di pedagogia e scritti dei più importanti autori del periodo, ma la maggior parte di questi sono editi da Attilio Vallecchi (anche Svevo, per ora ignorato) insieme a collane filosofico-politiche parallele a quanto proponeva Laterza.
In questo periodo fa la sue breve esperienza anche Piero Gobetti, convito che l'editore dovesse rappresentare un intero movimento di idee, presto rimosso dal fascismo.
SONZOGNO comprende volgarizzazione scientifiche, opere enciclopediche, edizioni illustrate ma anche periodici per le famiglie e romanzi a grande tiratura, la novità del momento, insieme ai polizieschi e i romanzi d'avventure.
TREVES sembra reggere ma è sempre più legata (indebitata) con la Banca Pisa e la presidenza finisce nelle mani di Giovanni Beltrami, poco esperto di cose d'editoria. Mantiene comunque una buona scuderia di autori (Borgese, Pirandello, Deledda e altri + ancora qualcosa di D'Annunzio).
La CAPPELLI acquista peso ma forme di maggiore concorrenzialità si registrano un po' dappertutto, soprattutto fra Bemporad e Treves, fra Bemporad e la Baldini e Castoldi (cui viene sottratto Guido da Verona ma si salvarono con altri nuovi autori di successo). La casa di Firenze in questo periodo si appoggia decisamente alla Banca Commerciale italiana e divide nettamente il ramo editoriale da quello librario, affidato alle MESSAGGERIE ITALIANE con il nome di LIBRERIE ITALIANE RIUNITE.
D'altra parte la partecipazione delle banche nell'editoria è fenomeno comune anche a Treves e in generale nascono nuove società dalla concorrenza di diverse editrici: Treves, Zanichelli, le Monnier, Istituto italiano d'arti grafiche e Paravia fondano la ALI come alternativa al circuito delle Messaggerie italiane, che da parte loro acquisiscono il circuito di Bocca.
È questo il grande momento di MONDADORI che, oltre alla produzione scolastica e per ragazzi, comincia a radunare sotto di sé qualche autore importante (Pastonchi, Negri) e poi (con l'appoggio economico del senatore Borletti) man mano a sottrarli a Treves, in modo sempre meno scoperto fino a conquistare D'Annunzio e Pirandello.
Nasce in questo periodo il processo che farà dell'editoria un'attività “industriale” con l'ingerenza dei finanziamenti esterni. Per il momento le vendite stentano a spiccare il volo, a causa dell'inflazione che frena gli acquisti della classe borghese, primo target della narrativa ad alte tirature.
Le difficoltà coinvolgono sia gli editori tradizionali, abituati a contare solo sulle loro forze, sia quelli garantiti dalle banche in modo più o meno grave: in particolare segna la fine di Treves, indebolita dalle divisioni del pacchetto azionario nella famiglia ma mette in difficoltà anche Bemporad e Mondadori, che viene rifondata con capitale sociale aumentato e si dà alla pubblicazione anche delle grandi opere.
Quindi diventa casa editoriale di regime con un programma di ammodernamento dell'editoria italiana che trova paralleli nell'ammodernamento del paese previsto da Mussolini: considerando il libro oggetto prima di tutto e di largo consumo dà un taglio industriale all'azienda, sviluppando il dinamismo aziendale ma soprattutto l'attenzione per la produzione letteraria contemporanea.
Evita di impegnarsi nella produzione scientifica, già occupata da Vallardi, UTET e CEDAM e investe nello scolastico e soprattutto nel settore giovanile, assorbendo il modello Treves e sorpassandone anche l'azienda; nel 1926 è il primo editore di libri di testo con l'appoggio del regime.
Pubblica l'edizione nazionale di D'Annunzio, ricavandone grossi utili, ma non molti libri esplicitamente di politica del regime, per quanto fosse in accordo pol-cul.
Dal 1927 investe anche il campo dei periodici comprando il Secolo e affiancandogli periodici illustrati, per donne ecc.
Con la Repubblica Sociale Arnoldo si distacca dal regime e scappa in Svizzera; quando torna le buriane sono passate e diventa editore di centro destra e sinistra.
Arnoldo non è del tutto appiattibile sul regime e sulla sua autarchia perché porta in Italia la cultura americana seppure criticata dal regime svecchiando la cultura italiana: Faulkner (coll. Medusa) e a livello basso le collane d'intrattenimento dei gialli, della fantascienza, dei fumetti (prendendo Topolino a Nerbini).
A partire dal primo dopoguerra si creano grosse case editrici o collegamenti fra le editrici cattoliche che si pongono il problema dell'egemonia culturale (salesiani a Torino) in risposta alla diffusione della cultura protestante. Dalla fine dell'utilizzo della censura la Chiesa capisce che è più produttiva una proposta costruttiva che una proibitiva e distruttiva
L'editoria cattolica tra libri e riviste (pp. 299-319)
Un punto di svolta: la prima democrazia cristiana
1898 viene costituita l'Unione editrice cattolica italiana in forma di società anonima.
Murri pensava che la parte cattolica della società mostrasse una certa inferiorità di cultura, relativamente all'inferiorità in campo editoriale che restringevano il campo di produzione e diffusione degli scritti cattolici di ogni genere. Di qui l'idea di un'associazione che raccogliesse il fiore della produzione cattolica italiana con una larga rete di cooperatori-diffusorie che si fondasse su un'autorevole direzione scientifica.
Il programma contemplava l'istituzione di una Biblioteca di scienze politiche e sociali, una Bibliotechina per l'istruzione popolare, una rivista illustrata per le famiglie ecc.
1899 nasce la Società italiana cattolica di cultura per associare alla propaganda per la scienza fatta per i dotti (dalla Società scientifica del prof. Toniolo) la propaganda per la cultura rivolta a un pubblico più vasto ai fini dell'organizzazione pratica e di partito; l'attività editrice era pertanto la parte portante dell'attività della società. In breve assorbì le iniziative dell'Unione editrice e nel 1901 esce pure Il Domani d'Italia giornale cattolico nazionale di cultura e di partito. Questo tipo di produzione concepisce l'editoria come attività di cultura politicamente militante, come sistema di raccordo fra il partito e gli elettori, oltre che per diffondere la fede. Era la scoperta dell'intrinseca valenza politica della cultura, anzi della cultura come base per i partiti politici. Di questa cultura l'editoria è chiamata a essere organo di diffusione, sia l'editoria libraria che quella di tipo pubblicistico.
Il movimento editoriale ottenne qualche successo ma venne travolto dalla crisi del movimento democratico-cristiano del 1904. La Società diventa Società nazionale di cultura, allontanandosi dalle direttive dell'autorità ecclesiastica nel senso di una relativa deconfessionalizzazione – mantiene una differenziazione fra ramo scientifico e cultural-popolare.
Bisogna peraltro considerare che l'editoria cattolica aveva caratteristiche peculiari: una esasperata frammentazione anche territoriale, una marcata distinzione per categorie di destinatari e soprattutto una rete di diffusione protetta, estranea alla logica del libero mercato.
Editoria cattolica del XIX secolo:
1. assoluto prevalere di librai-editori,
2. presenza ipertrofica di settori di pubblicazioni religiose, di devozione e di pietà, cresciute in concomitanza con la diffusione dell'alfabetizzazione
3. attivazione di un numero crescente di biblioteche circolanti che le diffondessero
4. produzione strettamente destinata al clero
5. con la fine del secolo le pubblicazioni di contenuto o ispirazione religiosa vengono prodotte soprattutto da editori specializzati, spesso legati a istituti religiosi ➡ polverizzazione della produzione
6. reticolo tipografico diversa dall'impresa editoriale moderna per struttura e apparato di produzione, selezione del prodotto (criteri di ortodossia)
l'impresa editoriale cattolica quindi supera le cattive letture più dal punto di vista quantitativo che qualitativo, ma qualche novità arriva da nuovi istituti religiosi, finalizzati all'apostolato popolare.
L'editoria salesiana e scolastica
I salesiani avevano come finalità l'istruzione religiosa per mezzo della stampa: l'attività tipografica può essere campo di formazione professionale e di promozione religiosa – e in effetti arrivarono a controllare tutte le fasi dalla produzione alla diffusione del materiale religioso (e poi scolastico).
Attraverso canali privilegiati:
1. articolazioni territoriali della congregazione,
2. reti di cooperatori e corrispondenti,
3. apertura di librerie salesiane
diffondono la loro produzione: fascicoli di letture cattoliche, collane di letteratura amena per ragazzi, pubblicazioni per la scuola, opere di Don Bosco, collane destinate alla scuola, POI il bollettino salesiano e i cataloghi generali delle edizioni salesiane.
Nel 1908 viene fondata la Società anonima internazionale per la diffusione della buona stampa (SAID buona stampa), che nel 1911 diventa Società Editrice Internazionale, conquistando credibilità e fette di mercato nell'editoria scolastica – effettivamente con i salesiani la stampa cattolica assume un livello sovranazionale.
Nel ventennio successivo decolla definitivamente l'editoria salesiana, soprattutto in campo scolastico a causa dell'arretratezza e dell'intransigenza degli editori fondamentalisti cattolici e dell'impreparazione di quelli laici. I salesiani portavano avanti un modello propositivo, non solo contrappositivo.
Solo la rivista per maestri Scuola italiana moderna riesce ad avere una forza e diffusione tali da fondare la casa editrice La Scuola.
I periodici di cultura come centri editoriali
In generale si riferivano a gruppi intellettuali più o meno omogenei e ristretti, ma sempre orientati.
La Civiltà Cattolica, redatta da un collegio di scrittori appartenti alla Compagnia di Gesù (1850) e stampata a Roma con il visto della segreteria ufficiale vaticana ebbe una diffusione capillare non solo nelle biblioteche cattoliche ma anche nella rete di abbonamenti; col tempo diventa un laboratorio di idee, giudizi e anatemi.
Sul versante opposto sta la Rassegna Nazionale, destinata a un pubblico decisamente più colto e ricco ma meno numeroso, per cui fu tenuta in vita con interventi una tantum. Era espressione della cultura cattolica liberale.
Entrambe le riviste interagivano con il mondo più strettamente editoriale con il trasferimento o lo sviluppo in pubblicazioni autonome, anticipazione parziale di testi ecc.
La Rivista internazionale di scienze sociali e di discipline ausiliarie, organo dell'Unione cattolica per gli studi sociali fondata da Toniolo, autore poi anche della Società cattolica italiana per gli studi scientifici di cui sopra. Ma i progetti di Murri riguardo la fondazione di un partito cattolico si scontrarono con una condizione generalizzata nell'ambito della Chiesa: lo scontro disarticolante e contraddittorio sotto diversi punti di vista:
1. piano politico elettorale: prevalenza della linea clerico-moderata
2. piano associativo: distinzione fra organizzazioni di azione cattolica e movimenti politico-sindacali
3. piano religioso: emarginazione per via disciplinare delle tendenze moderniste
4. che dal canto loro non riescono a organizzarsi e si esprimono solo per antagonismi interni. La maggiore risonanza della questione modernista si ebbe sulle pagine di quotidiani e periodici laici (il Corriere della Sera, La Stampa, Il Giornale d'Italia, La Voce) o attraverso case editrici laiche o non dichiaratamente cattoliche.
La nuova editoria nel primo dopoguerra
Si nota uno sviluppo strutturale e qualitativo causato da una nuova coscienza cattolica nata in parte con la guerra. Di base il senso di una persistente inadeguatezza per contenuti e strumenti della cultura cattolica, causati dal confronto con la cultura modernista, dalla crisi politico-ideologica della prima democrazia cristiana, il confronto con le più avanzate situazioni delle culture cattoliche tedesche francesi e svizzere e infine il confronto con la cultura moderna in un momento in cui, in particolare, era particolarmente attenta e pronta a cogliere i suggerimenti e l'ispirazione da parte del mondo cattolico. Un certo influsso ebbero anche la fondazione del Partito Popolare italiano (1919) e, ovviamente, la venuta del fascismo e i diversi modi con cui il mondo cattolico reagì: in parte rifiutandolo (Sturzo, Giordani, Galati...) ma per la maggior parte accettandolo e fortificando la propria e la sua posizione fondendovisi.
1918 nasce la Società editrice Vita e Pensiero, con alle spalle un lungo cammino di azioni e studi scientifico-sociali
1920 la Compagnia di San Paolo > Pia Opera Cardinal Ferrar, che nel 1927 acquisisce L'Avvenire d'Italia
1921 Pia Società di San Paolo di don Giacomo Alberione, la cui editrice pubblicò successivamente una serie di giornali popolari fra cui Famiglia Cristiana (1931)
1925 fondata la Tipografia Editrice Moricelliana, di ispirazione nettamente più democratica e aperta rispetto a Vita e Pensiero.
Nel secondo ottocento la lettura è chiaramente mezzo di elevamento culturale. Oltre ai borghesi e ai cattolici cercano di entrare in questo mercato e in questa fetta di popolo anche i socialisti, all'inizio attorno al periodico La Plebe che va dall'adesione alla comune all'internazionalismo.
Alla fine degli anni settanta l'attività di Bignami si concretizza con la collana di Propaganda socialista e con la Biblioteca socialista italiana, dalle chiare idee in campo economico, meno chiare in campo politico-ideologico.
1890-1910
Gli editori di testi di indirizzo socialista sono in questo periodo sia le grandi strutture imprenditoriali (Sonzogno, Bocca, Treves, Hoepli, Sandron) che soprattutto i piccoli e piccolissimi editori a Milano:
Kantorowicz è fra le figure più emblematiche: la Biblioteca sociale (letteratura utopica e profetica), Teatro contemporaneo internazionale (letteratura naturalistica e sentimentale: Ibsen, Tolstoj, Turgenev...), Biblioteca Ibsen (per promuovere la lettura di autori del nord Europa).
Flaminio Fantuzzi: Biblioteca popolare socialista traduce autori dell'anarchismo e del socialismo europeo (a cura di Pietro Gori), Biblioteca dei lavoratori più chiaramente propagandistica ma ancora indecisa fra la scelta libertaria e quella marxista del socialismo europeo.
A Genova invece si trova la Libreria Moderna che nasce dalla cooperativa editoriale tra Giovanni Ricci e Giovanni Lerda che fonda L'Era nuova (?) e con la Biblioteca popolare socialista riesce ad attirare anche le fasce di pubblico più raffinate con autori sia stranieri che italiani.
A Firenze Luigi Contigli (Almanacchi socialisti, Libreria socialista popolare) e l'Elzeviriana editrice (opuscoli + Il vero monello, settimanale satirico diretto da Augusto Novelli).
Ma soprattutto Nerbini riesce ad allargare la rete distributiva e rende più solida la pubblicistica di materiali poveri che facessero circolare le idee socialiste e risponde alle necessità del pubblico più basso e poco abituato alla lettura accattivandolo con prodotti scandalistici, narrazioni ad effetto. Molti periodici: Garofano rosso, l'Avanti della domenica, Quo vadis?. Per arginare l'influenza della stampa illustrata borghese tra i lettori popolari. Attività cmq di eclettismo per interessare il pubblico più che per indottrinarlo. Collane di impegno politico-culturale (Biblioteca educativa sociale, Letture moderne sociali, Saggi di filosofia sociale, Teatro socialista... che usano la narrativa ottocentesca per acculturare il popolo sulla propria condizione: Zola, Hugo, Dickens, Tolstoj...) si alternano a collane che seguono mode editoriali e interessi commerciali e Nerbini è talmente criticato che gli viene sottratta la pubblicazione dell'Avanti!.
PSI
Con la nascita del PSI crescono le necessità e le richieste per le “buone letture” ma il partito decide di non creare una sezione centrale per la stampa ma coordinare le attività editoriali dei gruppi di periodici locali, raccogliere presso la Libreria Centrale le pubblicazioni più importanti (già nella Libreria del settimanale Lotta di classe) e affidare all'Agenzia libraria giornalistica di Milano le edizioni a basso costo.
Importante la Biblioteca di propaganda della rivista Critica sociale, che si affermò come strumento essenziale nella formazione della coscienza socialista e nella trasmissione di riferimenti ideali comuni alla cerchia dei costruttori dell'identità politica.
Dopo la Libreria centrale presero importanza le biblioteche dell'Avanti! e la Libreria socialista italiana, il cui lavoro fu il primo progetto organico di pubblicazioni idonee alla formazione di una coscienza socialista: 300 titoli e numerose collane, autori in molte lingue, Monografie sociologiche e Opere letterarie che comprendevano Zola, Tolstoj, Dostoevski, Turgenev, De Valera, De Amicis ecc. Economicamente dura poco e viene rilevata da Mongini che da cassiere del partito si era fatto un nome con la pubblicazione di scritti di patriarchi (Marx, Engels...) e ha successo grazie al sostegno della distribuzione del PSI: l'offerta si amplia molto (200 titoli) anche in seguito alle nuove esigenze (antimilitarismo, educazione al voto...) e quindi al mutato clima politico, che influenza (per contrasto o assimilazione) con pulsioni idealistiche e nazionalistiche.
Oltre a queste figure di rilievo bisogna considerare che le voci del socialismo (e quindi i testi che le esprimevano) erano molteplici e molto differenziate fra loro, dal marxismo al massimalismo fino ad accenti messianici ed evangelici che facevano emergere scritti di “profeti” e “precursori”e che facevano leggere in questo senso anche Zola e altri scrittori simili.
Da un quadro così disomogeneo ne emerge che il primo interesse del partito fu far innamorare dei libri il proletariato, a prescindere di quali libri si trattasse, senza grosse speranze nelle campagne ma nelle città con leghe per l'educazione primaria prima e poi con biblioteche popolari, Società umanitarie sia promosse dal partito, ma soprattutto neutre, apolitiche. In effetti ebbe un certo successo, soprattutto sul piano della formazione di un comune riferimento ideale, dai diari degli operai e dei dirigenti socialisti emerge che gli orientamenti politici derivavano più dalla narrativa che dalla lettura del capitale & similia. Purtroppo sono edizioni malissimo curate, in cui i testi erano trattate senza alcun rispetto (tagli, intromissioni, patetismo...); ma è così che si diffonde il libro come mezzo di riscatto sociale e come progetto condiviso. Le liste delle biblioteche circolanti mostrano che si leggeva molta più narrativa che testi di dottrina politica e divulgazione.
Dal PSI al PCD (1911-26)
La situazione in Europa non è uniforme (c'è chi ha un'editrice, c'è chi no) e in Italia con la guerra di Libia il PSI si assume una specifica attività editoriale: Società editrice socialista Avanti! presieduta da Turati. All'inizio spingono sulla distribuzione commerciale (rivendite presso associazioni partitiche ed economiche sul territorio nazionale) e sui periodici quindi collane di carattere politico-sociale e propagandistico e più in generale gradevoli al pubblico letterario, ma c'è spazio anche per la propaganda elementare, soprattutto negli anni prebellici, mentre negli anni del dopoguerra si separa nettamente dalle influenze comuniste. Cambiano i titoli della letteratura (da De Amicis, De Valera, Zola, Tolstoj, Gorkij, Hugo, Balzac a Papini, Wilde, Barbusse, Rolland, Latzko) e teatrali (da Gorkij, Hugo, Shakespeare e Ibsen a titoli meglio selezionati sul piano del contenuto nel senso della tradizione democratica). Un principio sostenuto fin dall'inizio dalla Società editrice socialista Avanti! era di non tutelare il diritto d'autore.
Dagli anni '20 si cominciano a pubblicare (in ritardo secondo Gramsci) i testi della III Internazionale e della rivoluzione russa (Problemi della Rivoluzione, Documenti della Rivoluzione e Atti della Rivoluzione), dal '21 a Roma viene fondata una Libreria editrice comunista, ma i tempi politici si fecero più stringenti e uscirono la Biblioteca dell'Internazionale comunista, la Piccola biblioteca dell'Internazionale comunista, oltre alla nascita di editrici piccole attorno a sezioni di partito o periodici, tipografie locali.
Gli anni del Fascismo
Modernizzazione autoritaria della società. Industrializzazione dell'editoria generalizzata a tutto il mondo nel periodo fra le due guerre mondiali, che implica criteri di produzione ed esperienze rivolte a un potenziale mercato di massa.
Durante il ventennio si impongono i nuovi mezzi di comunicazione: cinema, radio, grammofono, telefono, pubblicità. Il libro e la stampa diventano una delle tante forme di consumo culturale urbanizzato, si muovono verso la creazione di nuovi pubblici.
Impatto con la dittatura
Si crea una relazione originale fra l'editoria privata e lo stato fascista che elimina del tutto la libertà d'espressione limitandosi a favorire imprese e aziende inquadrate con normali forme di sostegno statale (sgravi fiscali, facilitazioni finanziarie e nelle spedizioni postali, nel costo della carta), distribuzione editoriale interna ed estera, distribuzione dei libri di testo e organizzazione delle rappresentanze delle categorie. D'altra parte gli editori stessi si allineano molto velocemente al potere e ai nuovi ideali, eccetto la casa editrice di Gobetti e quella di Dall'Oglio (Corbaccio), che comunque dal gennaio 1925 è costretta ad uniformarsi.
La diffusione del libro fascista è sostenuta dallo stato anche con mostre (a Buenos Aires, New York, San Francisco 1927-9) e fiere e congressi (Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia 1929, Fiera internazionale del libro dal 1922).
In generale le imprese vengono ristrutturate inserendo negli organi di controllo uomini del PNF e rapidamente l'Istituto Nazionale Fascista di Cultura ingloba e coordina tutti gli enti culturali di carattere locale (Accademia d'Italia 1926, Direzione generale delle accademie e biblioteche, SIAE, Associazione Editori e Librai Italiani), nasce la Federazione Nazionale Fascista dell'industria editoriale, che si sposta da Milano a Roma con la direzione di Ciarlantini, deputato e membro del Gran Consiglio del fascismo; è lui che ha l'idea di trattare il libro come una qualunque altra merce e mette l'AEI a disposizione del partito con la Federazione nazionale fascista editori, organo periferico dello stato con il dovere di collaborare con il potere centrale.
Il fascismo si sforza di razionalizzare il mercato in senso centralizzato e controllabile ovviamente e separa le rappresentanze di librai ed editori, avvicinandoli piuttosto ai tipografi. È il momento di maggiore crescita delle Messagerie Italiane dei fratelli Calabi.
La crisi del libro (che periodicamente colpisce l'editoria italiana) ha le sue punte ovviamente nel periodo dopo la guerra e cede il passo a una crescita soprattutto a partire dal 1933.
Anche in questo periodo, e in parte per volere dello stesso stato, le zone di maggiore importanza dal punto di vista editoriale sono la Lombardia (Milano), il Piemonte (Torino) e il lazio (Roma); Firenze invece è in netta crisi in parte per impreparazione industriale: è una produzione ancora artigianale, arretrata dal punto di vista dei macchinari, a gestione familiare e dalle scarse capacità di investimento.
Inoltre viene duramente danneggiata dalla decisione (1928) di adottare un libro unico nelle scuole elementari. La mediazione di Ciarlantini ottiene che la produzione e la distribuzione del libro sia affidata alle imprese locali, secondo le possibilità di ciascuno, ma questo non impedisce gravi scompensi in Bemporad e altre imprese fiorentine che cedono definitivamente il passo alle torinesi (SEI, Paravia, Editoriale libraria) e in generale alle imprese nuove come la Mondadori, che raddoppia il suo fatturato nel giro di tre anni.
Gli anni venti
Sono caratterizzati dall'opposizione fra adesione al regime della maggioranza e tacito dissenso della minoranza, spesso quella acculturata.
In generale si nota un'inedita presenza dell'editoria cattolica nella cultura medio-alta sul piano nazionale.
A partire dal 1928 il Provveditorato dello Stato si occupa di distribuire incarichi culturali anche oltre i testi per la scuola: all'inizio gli editori si rivoltano, poi accettano vedendo che ne viene un po' a tutti: le imprese vengono selezionate in base al loro peso reale e politico.
Dal punto di vista della politica bibliotecaria l'Italia si arricchisce: vengono acquistati molti nuovi libri per le biblioteche governative e viene allargato il numero di quelle popolari.
Gli intellettuali acquistano in questo quadro un peso diverso: o si privano della loro capacità di confronto ideologico oppure alimentano il piccolo, tacito dissenso che sembra l'unico ruolo possibile per la cultura.
Si consolida il primato di Milano ma perde importanza Treves a favore prima di tutti di Mondadori (vedi su), affiancato da alcune nuove aziente: Bompiani (da una costola di Mondadori e per la diffusione della letteratura contemporanea) e Rizzoli sui periodici di consumo. Sonzogno si concentra sull'editoria per ragazzi e sulla narrativa di non alta elezione (gialli, classici, collane divulgative). In generale si registra l'adesione al regime anche nel muto cambiamento di rotta di Dall'Oglio, che smette di produrre testi troppo esplicitamente politici. Per l'editoria cattolica nb Vita e pensiero e Moricelliana.
In Piemonte sono in cirsi i Fratelli Bocca mentre cresce il settore scolastico: De Agostini, Paravia, Lattes, UTET, fra cui molte cattoliche: SEI, Marietti, Lega Italia Cattolica Editrice, Editrice San Paolo di Alba.
A Firenze sono in difficoltà molte case editrici (Barbèra e Sansoni), mentre altre prosperano: Bemporad passa dallo scolastico e dai romanzi per ragazzi a testi storici e poi nettamente politici (fascisti); Vallecchi è la più vicina al fascismo grazie agli impianti tipografici, ma si dà anche molto da fare per promuovere i nuovi autori italiani e la filosofia dell'idealismo militante, appoggiata da Gentile e salvata dal dissesto economico dall'IRI. Gentile appoggia anche Le Monnier, che si occupa di studi storici in chiave nazionalista. Olschki e Salani continuano nella produzione di libri di pregio e nella divulgazione letteraria rispettivamente. Nerbini passa dalla letteratura impegnata a quella commerciale e ai giornalini per ragazzi.
A Bologna Zanichelli e Cappelli imperversano coi sussidi statali. A Napoli la Ricciardi è in crisi.
A Palermo la Sandron è la principale editrice sicula con opere letterarie latine e greche e collane di Scienze sociali e politiche, mentre Giannotta si occupa solo di opere sicule e Principato di temi storico-politici.
Laterza è l'unico editore indipendente al sud, fra i pochissimi in Italia, e solo grazie alla protezione di Croce. Dà spazio a molti intellettuali non allineati e in generale si limita, come tutti, al tacito dissenso.
Altre aziende in tacito dissenso sono La Nuova Italia (Codignola), la Slavia (Polledro), Frassinelli (Antonicelli) e Corticelli (Morandi), tutte piccole e legate a singole figure di intellettuali.
Anche Formiggini, a Roma, fa una certa resistenza (piuttosto assimilabile con la distanza che passa fra letteratura e vita) e si scontra con Gentile. Per il resto inedito peso editoriale acquista Roma, sede di tutto e che vede crescere Treccani, La libreria dello stato, Tumminelli (letteratura di propaganda), Berlutti.
Gli anni '30
Dinamica pubblico-privato inedito per le ingerenze e finanziamenti delle istituzioni negli affari delle case editrici (Ist. Fasc. di cultura pubblica con Treves la Biblioteca di cultura politica ecc).
Nuovi sistemi promozionali: vendita rateale per corrispondenza, diffusione dei club della lettura e del libro, promozione radiofonica, vendita nelle edicole. Resta il problema dell'alfabetizzazione: media 20% con analfabetismo al 5-6% N, 19% C, 48% S.
Notevole dinamismo editoriale e disomogeneità fra le varie aree.
Ampliamento dei generi editoriali soprattutto narrativi in relazione a nuovi pubblici e nuovi gruppi sociali emergenti (insegnanti, militari, commercianti, impiegati, professionisti, bambini e donne), il libro si riferisce ad un ipotetico lettore medio: gialli, fumetti, fantascienza, romanzi rosa... a volte sono gli stessi autori e gli stessi tagli editoriali delle collane di un secolo prima, ma vengono presentati con sistemi promozionali nuovi.
Sistema di censura indiretto e differenziato: pressione su singoli editori, veline, preferenze per i rapporti politici, interventi singoli. La censura più aspra dalla fine degli anni '30, ma fino ad allora possono ancora lavorare intellettuali non allineati anche in Mondadori e in Sansoni.
È un periodo controverso dal punto di vista culturale in tutta Europa e particolarmente in Italia il regime si dibatte fra repressione e tolleranza (del futurismo, per esempio, o di Pirandello) ma mantiene il paese in uno stato di provincialità. È il periodo in cui muta la cultura di riferimento da francese a americana, periodo con un forte blocco reazionario al potere e spinte innovatrici che seminano per il futuro.
(2) L'intervento degli intellettuali nella direzione e nelle scelte delle case editrici amplia gli orizzonti culturali delle pubblicazioni, che si allargano all'Europa: è il grande periodo delle traduzioni (Frassinelli, Einaudi, Mondadori, Sansoni, Corbaccio, Treves, Sonzogno, Bompiani, Slavia, Baldini e Castoldi, Sperling & Kupfer, Alpes….), anche per i costi relativamente bassi dei diritti d'autore.
Nell'ambito della nuova importanza degli intellettuali e delle istituzioni nelle scelte delle case editrici rientra l'importanza enorme che riveste la figura di Gentile in questo periodo: è a capo di numerosi istituti di cultura di vario genere (INFC, la SNS, la Scuola di filosofia dell'Università di Roma ecc), possiede la Sansoni, ha partecipazioni nella Le Monnier e nella Bemporad, collabora con Olschki e con tutte le principali case editrici.
Condizionante la presenza politica ma anche finanziaria dell'organizzazione statale: molte c.e. Vengono salvate da interventi dell'IRI e questo causa una generale omologazione alle idee politiche dominanti. Poi ci sono le imprese editoriali ideate e finanziate dallo stato come l’Istituto dell’Enciclopedia italiana (progetto culturale di Gentile) che sarebbe servita a costruire l’identità nazionale insieme al Dizionario biografico e al Lessico italiano a cui vengono chiamati a collaborare molti intellettuali anche non schierati (il progetto era di Formiggini).
Particolarmente dopo la proclamazione dell'impero è il momento di maggiore adesione al regime delle case editrici, con un gran numero di pubblicazioni diverse e la corsa delle c.e. ad assicurarsi le memorie di Badoglio e Graziani; in questo momento anche le c.e. più lontane ideologicamente mostrano un atteggiamento cauto e prudente (Barion di Milano, Dall'Oglio, La Nuova Italia e Guida di Napoli), per lo meno ambiguo con cataloghi misti di testi antifascisti e non. Anche Laterza, tradizionalmente non fascista, tiene fuori dalla sua produzione i comunisti e cerca di restare aperta all'Europa in modo critico.
Momento in cui prendono particolare importanza anche i temi religiosi (particolarmente in Einaudi, Laterza e Guanda) e le nuove c.e. cattoliche: Civiltà cattolica, Studium, Vita e pensiero (Mi), Sei, Marietti (To) che cercano di rispondere alla crisi della civiltà con la fede cattolica.
Milano si conferma capitale dell'editoria di consumo grazie alla nuova produzione di Mondadori e Rizzoli di periodici, mentre Treves è in crisi definitiva, Sonzogno boccheggia e Hoepli si cimenta in letteratura per ragazzi, scolastica e periodici.
Torino si conferma negli interessi per la scolastica e le opere divulgative: UTET e Paravia, che si occupa di diffusione della cultura in Tripolitania, Cirenaica, Somalia, Albania e America Latina (legami con le gerarchie fasciste).
Nell'editoria di cultura le case editrici legate al positivismo (Bocca, Sandron) non resistono al nuovo idealismo e l'egemonia culturale (e della poesia) passa a Firenze (dominata dalla presenza di Gentile). Bemporad e Barbéra sopravvivono solo grazie agli aiuti statali mentre Vallecchi prosegue nella valorizzazione nazionalista della letteratura italiana d'avanguardia insieme alla meno nazionalista Parenti;
Guanda propone da un'altra ottica delle risposte alla crisi di civiltà insieme a un quadro di scrittori internazionali di ampio respiro ed interesse, l'unica in Italia con Einaudi e Laterza.
Einaudi nasce nel 1933 e, oltre le collane economiche volute dal padre, pubblica e fa lavorare un gran numero di scrittori non allineati – infatti prima del dopoguerra pubblica pochissimo ma imposta tutte le collane che le daranno fortuna.
Si caratterizzano invece come editrici di regime quelle effimere nate a Roma in quel periodo: Edizioni Roma, Lentini, Edizioni Augustee, L'Urbe con la finalità di sostenere e diffondere i valori costitutivi della cultura fascista.
Ci sono poi le c.e. che collaborano con regime senza condividere profondamente i suoi valori, ma non è tanto importante quantificare i testi di evidente contenuto propagandistico quanto gli effettivi rapporti di potere: Bemporad, Salani, SEI, Lattes (per bambini e ragazzi), Hoepli (che si salva pubblicando l’Opera omnia di Mussolini), Mondadori, Paravia, Treves.
Verso la guerra
L'industrializzazione tende a superare la separazione fra pubblico colto e popolare. Ma il mercato resta diviso e differenziato fra nord, centro e sud.
Cresce il settore letterario e i periodici mensili (religione, politica, fascismo, tecnologia, industria), ma resta alta anche la produzione di saggistica di scienze umane e politiche, mentre diminuiscono le pubblicazioni tecniche. I dati non sono precisi, ma all'industrializzazione della produzione non sembra ci sia un innalzamento esagerato dei consumi, né della stampa periodica né nell'utilizzo delle biblioteche pubbliche, ma piuttosto nel consumo privato, particolarmente di letteratura d'evasione.
L'editoria italiana sembra modernizzarsi attraverso un rinnovamento dell'offerta, un aumento delle tirature e soprattutto un processo di concentrazione dei capitali in poche aziende: Mondadori innanzitutto che cavalca l'onda della sua abilità e della nuova pubblicità negando che ci sia una crisi del libro in Italia.
Al contrario le altre aziende non stanno tanto bene e il mondo del libro si mobilita: Convegno (1937) a Firenze promosso dal MinCulPop che costituisce una Commissione Permanente per la diffusione del libro, altri incontri a Macerata (bibliotecari) e Bologna.
Dal 1938 si inasprisce la censura: commissione per la “bonifica dei libri” che controlla tutti i testi stranieri e elimina dai cataloghi gli scrittori ebrei (lettere inviate agli editori perché “controllino” i loro collaboratori e cataloghi conservate in L’elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei); dal 1941 la bonifica elimina anche gialli e fumetti. Varie aziende subiscono confische di libri e alcuni collaboratori vengono incarcerati, altre devono cambiare nome: Olschki > Bibliopolis, Lattes > ELIT, Bemporad > Marzocco ecc. Formiggini si suicida per protesta contro le leggi razziali.
Alla fine degli anni '30 si fanno sentire le prime lamentele e le polemiche degli editori per la troppo poca attenzione dello stato nei loro confronti e le troppo scarse commesse statali.
Inoltre la scelta del libro di testo unico per la scuola elementare (irreggimentare la popolazione inculcando fin da piccoli i valori fascisti) riduce in grosse difficoltà alcune c.e. che si occupavano esclusivamente di scolastica alterando fortemente il mercato e avvicinandolo al monopolio: sopravvivono poche case editrici
Allo scoppio della guerra sono S.p.A. 24 aziende editoriali: Mondadori in testa poi UTET quindi Garzanti Rizzoli e Paravia, solo dal 10° posto le editrici fiorentine. Vallecchi diventa presidente della Federazione degli editori.
Con l’ingresso in guerra il quadro resta piuttosto vivace e le aziende sembrano reggere bene, in particolare Mondadori, che rilancia Verga e la Sansoni e LeMonnier; più in difficoltà La Nuova Italia.
È il momento delle collane universali tascabili già provate da Mondadori e Dell’Oglio, mentre altre editrici rimettono in circolazione i classici della letteratura, storia e filosofia italiana per rafforzare le radici del paese.
Con l’avvicinamento ai tedeschi dal partito arrivano normative grottesche sulle restrizioni per gialli e simili: l’assassino non può essere italiano, non esiste il suicidio (corrette anche opere importanti come Anna Karenina), Topolino si chiama Toffolino.
Con l’inasprirsi dello scontro naturalmente scendono e poi crolla la produzione libraria, mentre resta abbastanza stabile quella di periodici. La guerra danneggia gli archivi Sonzogno e Hoepli e uccide tutta la vecchia generazione, che aveva però preparato il ricambio.
Dal punto di vista culturale si fanno risentire preoccupazioni positivistiche, ma soprattutto i filoni spiritualeggianti e cattolici. Ma in generale l’editoria cattolica non si segnala per particolare attivismo.
Dall’Oglio e Einaudi sono presto costretti all’esilio in Svizzera per l’inasprirsi del clima politico e perché mostrano più scopertamente i loro interessi politici. Ovviamente problemi quando le c.e. del nord restano isolate dalle filiali romane.
In contemporanea con la generale crescita economica del paese corre quella culturale, spinta da scuole statali, dell'esercito e di istituzioni filantropiche o aziendali (1882: suffragio ai possessori di 2° elementare), entrambe favoriscono la crescita editoriale (regressione dell'analfabetismo e allargamento del pubblico). Crescono le pubblicazioni librarie e periodiche; cresce l'industria tipografica sia numericamente che come sviluppo industriale e della meccanizzazione: naturalmente i centri più importanti sono legati alle maggiori case editrici e quindi si trovano a Firenze e soprattutto a Milano, la cui fama riecheggia anche all'estero; naturalmente crescono anche le industrie legate indirettamente al mondo dell'editoria: la produzione della carta, degli inchiostri e delle macchine tipografiche vede nascere (a volte per la prima volta) stabilimenti dedicati, per la maggior parte sempre vicino a Milano.
Inoltre il modificarsi del mercato è evidente dal mutare della ragione sociale delle aziende: dalla conduzione familiare di origine artigianale si passa a società a cui partecipavano capitali di origine diversa, talvolta anonimi.
In questo periodo il nord Italia resta decisamente preminente sul sud come quantità e importanza delle pubblicazioni, e al nord MILANO era la capofila, perfino per la stampa periodica, la più costosa (manodopera meglio retribuita) e più impegnativa (innovazione tecnologica continua) – si nutriva della produzione narrativa, redditizia ma anche rischiosa perché non ha un pubblico identificato e certo; la narrativa ha bisogno di un'organizzazione efficiente che permetta delle perdite (pubblicazione di 10-15 romanzi al mese)
RICORDI continua sulla sua linea di sviluppo, apre nuove filiali (Parigi) e acquisisce nuove case musicali.
SONZOGNO acquista in consistenza economica, tale da permettergli di pubblicare il principale periodico del periodo (Il Secolo) e un'importante produzione di opere divulgative illustrate ecc.
TREVES continua ad allargarsi anche grazie all'intuito dell'editore per i nuovi talenti: pubblica Graf, De Roberto, Brocchi, Neera, Negri, Serao e D'Annunzio (autonomia del letterato dal mecenate dandogli il pubblico). Identificazione con il pubblico borghese per periodici e libri (Italia illustrata e La Domenica del Corriere). Bilancio favorevole fino al 1910.
FIRENZE (LE MONNIER, BEMPORAD) e Torino si specializzano sull'editoria scolastica entrando in rapporto con le istituzioni scolastiche per avere garanzia di vendite – inoltre si crea un'interessante rete di carteggi fra editori, ministri e direttori generali di ministero.
La situazione è un po' statica: LE MONNIER è sempre in difficoltà (scarso dinamismo e difficoltà varie, anche a causa di un consiglio di amministrazione non preparato. A partire dagli anni '10 l'impegno verso lo scolastico aumenta migliorando la situazione) ma c'è anche la prima attività bibliofila di Olschki.
In questo periodo nasce BARBÈRA, gestita da Gaspero (arriva da Torino negli anni '50) che prima lavora con Le Monnier e poi si mette in proprio pubblicando saggistica e classici; quando scrive le Memorie di un editore ricalcano l'ideologia del self-help, la concezione paternalistica della conduzione aziendale (i ruoli di padrone e operaio non sono ben distinti). Nel 1870 manda a Roma Piero Barbèra per costituire una filiale ma non ci riesce (avrei preferito essere un editore del Rinascimento che un editore del XX secolo): avrebbe voluto fare l'editore di lusso, rivolto non solo al mercato nazionale: non riesce ad utilizzare la pubblicità, non si capacita che funzioni anche per la produzione libraria. Pubblica per primo De Sanctis che si incavola perché non compare sui pannelli e manifesti, di cui P.B. non si vuole dotare.
Ci sono altre piccole case editrici come la BEMPORAD (1862), che si occupa di opere scolastiche e di narrativa per fanciulli, la LIBRERIA EDITRICE FELICE PAGGI (1841 di Alessandro P.), la SALANI e la NERVINI, editrici che si rivolgono soprattutto al popolo: narrativa a basso costo e produzione scandalistica.
A TORINO si sviluppa l'editoria scolastica per ogni ordine e grado: la PARAVIA per le scuole inferiori, VALLARDI, BOCCA e LOESCHER per le altre scuole, UTET per le grandi opere (enciclopedie, atlanti, strumentazione professionale per l'università).
A ROMA mancano grandi case editrici ma si creano grossi gruppi tipografici che si occupano di periodici soprattutto politici, es. gli EDITORI RIUNITI, legati al partito comunista oppure gli editori del Manifesto ecc. Esperienza intensa ma effimera fu quella di SOMMARUGA, editore di Cronaca bizantina, Nabab e Le Forche caudine, periodici dal linguaggio diretto e politicamente spregiudicato che alla fine ne causarono la chiusura, nonostante fosse sostenuto dai principali autori del momento: Carducci, Verga, D'Annunzio, Dossi. Pubblica anche molti testi di carattere politico.
CAPPELLI invece opera nella zona EMILIANA-ROMAGNOLA ed ebbe grande fortuna grazie a “Cordelia, Giornale per le giovinette”.
A Bologna nasce anche (1859) la ZANICHELLI, che si occupa subito di grandi opere e di editoria per le scuole superiori, con l'appoggio di Carducci.
L'anello debole della produzione in Italia era il costo dei trasporti e della vendita al dettaglio: sopravviveva meglio chi riusciva a saltare l'anello della libreria con abbonamenti e vendite rateali
Il sud è molto indietro ma in questi tempi tumultuosi sembra risvegliarsi: a NAPOLI Marghieri e Morano (legata a De Sanctis) si occupano di libri di testo e editoria scientifica, ma sono irrilevanti sul piano nazionale; grazie a Pierro e al suo entourage di intellettuali viene ridata dignità intellettuale al dialetto napoletano, con la pubblicazione di poesia dialettale di alto livello (Russo e Di Giacomo).
In SICILIA operano Pedone-Lauriel (Palermo), che si impegna a offrire il meglio della produzione intellettuale siciliana in campo storiografico e letterario. Nascono inoltre tre case editrici legate all'università e di vocazione saggistica: Laterza a BARI, Sandron (di Decio e Remo, ora a Firenze), che si occupò soprattutto di editoria per la scuola, spesso con libri curati da studiosi importanti (Croce e Gentile), e di alcune pubblicazioni periodiche di divulgazione scientifica con rilevanza nazionale; Giannotta infine che a CATANIA si occupò di editoria scolastica e saggistica soprattutto ma si spinse pure nell'ambito della letteratura, pubblicando la “Biblioteca popolare contemporanea – Semprevivi”.
Queste tre fra il 1850 e il 1900 pubblicano saggi di buon livello per l'università (sembra che ci sia una tendenza del mercato a dislocarsi e specializzarsi: difficile che le saggiste pubblichino romanzi perché prevedono un diverso mercato e impegno), ma a partire dal ventennio decadono a causa del centralismo tendente a favorire le case editrici centrali e controllabili nel nord e centro – sopravvivono solo quelle che hanno alle spalle una figura intellettuale garanzia di mercato (es. Croce).
Fine secolo
In questo periodo le imprese accusarono un po' di flessione (subito ripresa), sempre a causa dei mali eterni dell'editoria italiana: ristrettezza del mercato (che le ancora ampie zone di analfabetismo non aiutavano), mancanza di legislazione che proteggesse la proprietà letteraria, alte tariffe doganali e postali; ma si presentano anche mali nuovi: gli scioperi, in questo come in altri ambiti industriali e la rapacità del fisco.In particolare l'impegno statale a diminuire l'analfabetismo indusse molte case editrici a buttarsi nel campo dell'editoria scolastica, spesso facendosi concorrenza spietata.
Nascono in questo periodo nuove aziende, in parte fondate da editori immigrati: Rosenberg & Sellier, Olschki, Sperling & Kupfer ma anche alcune di origine locale, come Laterza e Nerbini.
Milano è sempre il maggiore centro di produzione: ha il doppio degli addetti di Torino e il triplo rispetto a quelli di Firenze (più le aziende sono grandi più sono stabili e forti).
In generale la fine del secolo è caratterizzata da questi movimenti:
1. Nuovi pubblici: fanciulli, donne, operai
2. Nuovi generi letterari: letteratura selfelpista, romanzi
3. Arrivo degli editori stranieri
Un associazionismo difficile (pp. 193-222)
Nella storia dell'associazionismo italiano ebbero un peso particolare gli operai stampatori grazie alla forma particolare delle aziende: concentrazione della forza lavoro e soprattutto forte qualificazione professionale, sia nel campo specifico della tipografia che rispetto alla scolarizzazione di base; queste caratteristiche crearono la base per la nascita dell'associazionismo di categoria in Italia.
I primi tentativi degli imprenditori e l'organizzazione operaia
Le difficoltà del mondo tipografico non venivano tanto dalle associazioni operaie quanto piuttosto dalla disarmonia che caratterizzava gli interventi degli imprenditori, non abbastanza omogenei da muoversi uniti, pronti solo a difendersi saltuariamente.
Era difficile che si formassero associazioni degli editori a livello sopranazionale, visto il piccolo numero dei proprietari e la ristrettezza del mercato editoriale (le premesse per un cambiamento vengono durante il passaggio napoleonico).
Le prime ipotesi vengono da Stella (1820) che propone un'utopica corporazione degli stampatori italiani, quindi il fallimentare Emporio librario voluto da Pomba, che aveva dalla sua la lingua comune ma di contro la differenziazione dei poteri nella penisola:
1. assenza di una normativa comune
2. disparità di approvvigionamento delle materie prime
3. disparità di organizzazione del lavoro
4. disparità di utilizzazione dei servizi postali
5. difficoltà a trovare commesse statali che assorbissero eventuali investimenti sbagliati
La condizione degli operai, invece, era diversa perché avevano problematiche più omogenee: salario, disoccupazione, igiene nel posto di lavoro, formazione professionale – inoltre rappresentavano una discreta forza dal punto di vista quantitativo. Esistevano già organizzazioni di mutuo soccorso di lunga tradizione e ben assestate, che quando nel 1848 mutò l'assetto politico (Statuto Albertino) approfittarono del diritto di riunione per costituire più avanzate associazioni dei lavoratori: grazie all'esperienza francese di Steffanone nacque la Società dei compositori tipografi per l'applicazione e l'osservanza della tariffa, con finalità anche di sostenere eventuali scioperi.
Questi operai erano già coscienti che per ottenere certe condizioni bisognava in qualche modo sacrificarsi.
L'Unità e lo sviluppo dell'associazionismo tipografico
Si creano quindi società di resistenza (Genova 1852, Milano, Firenze, Bologna, Brescia, Venezia, Treviso, Verona, Roma 1870) e in genere gli operai di Torino seguono le migrazioni della capitale prima a Firenze poi a Roma.
Anche dalla parte degli imprenditori andò creandosi coscienza “di classe”, diversa per tipografi-editori e per tipografi puri. Quando le associazioni degli operai e dei proprietari si riunirono immediatamente il dialogo venne spostato da salute, disoccupazione, salario al “decoro dell'arte”, commesse statali, dazi sulle materie prime ecc. Così gli operai si ritrassero in associazioni specifiche in attesa di tempi migliori.
1867 Bibliografia d'Italia (Bocca, Loescher, Münster), rivista di informazione sulle pubblicazioni della penisola ma anche elemento propulsore dell'associazionismo libraio-editoriale
1869 a Torino Congresso Librario Italiano (in concomitanza con il congresso pedagogico).
Associazione Libraria Italiana (presieduta da Pomba) di cui la nuova Bibliografia italiana diventa l'organo di stampa.
L'impresa editoriale acquisisce autonomia rispetto alla tipografia, sempre più schiacciata perché ha necessità diverse limitate praticamente al costo della forza lavoro, mentre gli editori combattevano per diminuire il dazio d'entrata dei libri, la tassa di raccomandazione dell'inoltro postale delle stampe, per la regolamentazione degli sconti ecc. A questo punti gli interessi di editori ed operai erano completamente divergenti.
Pesavano ancora la precedente divisione politica, i tempi lunghi dell'unificazione, le differenze nello sviluppo economico e nell'organizzazione editoriale, soprattutto confrontando la situazione francese di lento ma inesorabile sviluppo e di iniziale chiusura.
Al 1869 cmq la tipografia italiana vantava tre testate specializzate: 1. la Bibliografia d'Italia (servizio di cultura generale, supportata dal ministero della pubblica istruzione) 2. la Tipografia Italiana (rivista soprattutto operaia e locale) 3. L'Arte della stampa (panorama tipografico ma più spostato verso gli interessi degli editori).
Dopo il 1870 Roma diventa uno dei più importanti centri editoriali della penisola: atti parlamentari, periodici ufficiali, moduli per i ministeri, quotidiani nuovi e vecchi ecc.: fu un boom nella quantità degli stabilimenti ma anche per il livello tecnologico raggiunto. Non si trattò mai però di uno sviluppo editoriale propriamente industriale, ma di commesse pubbliche e produzione di routine con pochi rischi. A Roma si svilupparono anche le nuove associazioni di categoria, come la Società dei compositori tipografi per l'applicazione e l'osservanza della tariffa (1870); queste, nascendo in una città in cui erano rari gli stabilimenti industriali di una certa consistenza, si fecero interpreti di problematiche più generali, soprattutto sul fronte della legislazione sociale e dell'organizzazione intercategoriale.
Le associazioni degli imprenditori e le lotte operaie
Dalla Tipografia italiana nasce Il Tipografo (resiste fino al fascismo): la diffusione di mezzi di comunicazione editoriali era naturale e diffusa in ambito tipografico per familiarità e diffusione della capacità di leggere e scrivere. Ancora nel 1870 editori e tipografi sono associati ma i tipografi sono defilati come importanza e ci sono grosse differenze nella penisola: l'Associazione Tipografico Libraria subisce la predominanza dei milanesi (fino agli anni '80 almeno) e attraversa un periodo di crisi (anche finanziaria) nel 1873-5 a causa della diminuzione degli associati e dalle liti interne: si risolse con lo spostamento della sede a Milano e il cambio di dirigenza (Treves) a cui seguì un forte rafforzamento.Negli anni '880 gli operai ricominciarono a combattere associati per una nuova tariffa, aumenti salariali e controllo del lavoro minorile: a un successo iniziale seguì il malcostume degli editori-tipografi di non rispettare i patti – in generale l'associazionismo imprenditoriale non decollò mai a causa dell'individualismo degli associati e della ristrettezza delle aziende: alcune officine sopravvivevano delle deroghe alla regola; restavano uniti nelle richieste al governo o per i problemi generali, ma creavano associazioni ad hoc quando si trattava di contrattare con gli operai, spesso in forme massicciamente inique (cfr sciopero 1882: costituzione in associazione, squadre volanti, uso di poliziotti e detenuti per produrre cmq, scorte militari ai crumiri. In seguito al fallimento dello sciopero la sede dell'associazione nazionale venne spostata a Torino, dando maggior respiro ai romani e l'impegno a una sede più esperta.
Due modelli associativi a confronto
Le associazioni degli imprenditori continuano a non prendere in considerazione le necessità dei tipografi puri, solo nel 1907 si arriva al primo Congresso dell'Associazione dei tipografi e arti affini, come nel 1882 nasce la Società italiana degli Autori, che sono sempre parti dell'ATLI, responsabile dell'immagine dell'industria editoriale italiana sia sul piano internazionale (Bureu permanent du congrès des éditeurs) che nella dialettica con le istituzioni. Per spinta dell'ATLI vengono pubblicate l'Annuario della tipografia, della libreria e delle arti affini (1884), i Cataloghi collettivi della libreria italiana, e infine il Catalogo generale della libreria italiana.
Le associazioni operaie invece si muovono in modo più strettamente dialogante ma più mosso: le realtà locali erano molto importanti e promosse (comitati di propaganda) dalle istituzioni centrali perché rappresentavano la forza dell'organizzazione nazionale: i contrasti venivano agilmente riassorbiti e anzi i piccoli centri si dimostravano base fondamentale della discussione e del dibattito.
La politica e il lavoro femminile
Il problema della commistione fra attività politica e “sindacale” nelle associazioni librarie nasce con lo svilupparsi del potere delle associazioni: L'Eco dell'operaio non si rivolge solo ai lavoratori del libro, sebbene fosse utopico pensare che potesse diventare punto di riferimento di tutto il proletariato romano. A Milano due operai si candidarono e uno venne eletto deputato. Il comitato centrale dell'associazione poneva resistenze alla partecipazione diretta, ma col 1893 si trasforma in Federazione Italiana fra i lavoratori del libro (anche fonditori, legatori, litografi...) e la testata diventa Lavoratore del libro.Mentre da una parte si andava superando l'ottica corporativa, sotto il profilo dell'ingresso delle donne nell'ambiente tipografico otteneva solo rifiuti: si temeva che rappresentassero un anello debole, più a buon mercato e più docile alla disciplina di fabbrica.
Con il 1893 entrambe le situazioni si sbloccano (// nascita di camere del lavoro e del PSI) con l'ammissione delle donne nella federazione: non potevano ancora diventare compositrici e avevano turni di lavoro più brevi e di riposo più lunghi, ma col tempo la situazione si modificò, parallelamente all'ingresso diretto in politica di molti operai.
L'ufficiale distanziamento dalla politica reale non impedì alla maggior parte delle società di venir chiuse durante la ventata reazionaria di inizio secolo, ma sopravvissero Torino e Roma, che continuano nelle lotte.
La svolta del nuovo secolo
1903: nuova vertenza operaia per l'aumento del salario e la riduzione a otto ore giornaliere -> sciopero sconfitto per varie congiunture politiche. Da quel momento furono scontri su temi più realistici (?).
D'altro canto gli imprenditori si resero conto della necessità di associazioni specifiche della categoria, separando anche innanzitutto i tipografi (1906: assise della tipografia e affini) perché discutessero di organizzazione del lavoro, strumenti per dirimere la conflittualità negli stabilimenti, regolamentazione legislativa delle associazioni operaie, con attenzione alle diverse realtà del paese. In secondo luogo dovevano differenziarsi i librai, altra categoria sacrificata dagli editori, ma lo scoppio della guerra bloccò ogni tentativo di separare l'associazione. Col 1920 ricominciò il dibattito, con la separazione di editori e librai, nasce l'Associazione Editori Librai Italiani, ma è una nascita problematica (// rivolte universitarie per il rincaro dei libri), corrispondente a una fase problematica della vita politica del paese.
Il secolo nuovo (ovvero: Un panorama in evoluzione pp.225-298)
1900-1914
Periodo di consolidamento e espansione, sebbene l'Italia resti indietro rispetto agli altri paesi europei sviluppati per numero di tirature e dimensioni delle aziende: il numero di copie di Cuore e Pinocchio erano eccezioni in Italia, la norma in Francia e Gran Bretagna. Fascia particolarmente privilegiata era quella dei fanciulli, più istruiti dei genitori e per i quali il libro era oggetto di dono e gratificazione: nessun altro tipo di libro, eccetto quelli di devozione, raggiungeva quei risultati.Si registra un'accelerazione dei ritmi di vendita (anche in canali particolari come quelli delle bancarelle) ma al libro fanno concorrenza tutti i nuovi divertimenti, passatempi e distrazione: stampa periodica illustrata, sport, escursioni in bicicletta, cinema ecc. Inoltre gli operatori del settore lamentavano che per ogni libro venduto i lettori erano molti di più per l'abitudine di passarseli e di usufruire delle biblioteche pubbliche. In generale è un'attività non eccessivamente remunerativa, mestiere piuttosto difficile.
Elementi di novità non si notano tanto nella persistenza di librerie che occasionalmente pubblicavano qualcosa ma piuttosto nella migrazione delle aziende dall'ambito familiare a quello della società anonima dalle molteplici partecipazioni – per quanto resti l'abitudine di identificare l'editrice con il proprietario o con il suo nome.
Restano discrete difficoltà nello squilibrio fra capacità produttive e capacità di smaltimento, che portavano a liti fra editori e librai: quelli accusati di lasciare margini di guadagno troppo ristretti, questi di fare sconti eccessivi. Anche se viene sentito come un problema, in questo periodo sono in allargamento i pubblici: oltre ai bambini (cresce il numero di iscritti alle elementari e alle medie) e alle giovanette si sta allargando la classe borghese che ha bisogno di libri per aggiornare le sue conoscenze e la lettura è il primo strumento di redenzione sociale, con la conseguenza di tentativi politici di innamorare dei libri il proletariato; inoltre nelle classi medie aumenta il numero delle persone che ambiscono ad entrare nel mondo delle pubblicazioni di narrativa, teatro e giornalismo.
Inoltre la lettura era solo falsamente ridotta dai nuovi divertimenti: la letteratura di viaggio, i manuali sportivi e di hobby, la stampa periodica sono tutti mezzi per entrare in confidenza con l'oggetto e l'uso della lettura.
Si riscontra al contrario una grossa difficoltà nelle esportazioni verso il pur ampio pubblico degli emigrati a causa di una legislazione restrittiva e protezionistica (un dazio colpiva i libri italiani esportati che rientravano invenduti), legislazione modificata nel 1911 senza che il mercato delle esportazioni prendesse mai effettivo slancio. Nasce nel 1914 le messaggerie italiane che inizialmente aveva come scopo l'import-export di pubblicazioni.
Si riconferma Milano polo centrale dell'editoria italiana, come Torino lo è per l'ambito scolastico, come Firenze resta importante anche se cambiano le aziende di rilievo, come Roma si resta capitale atipica e Napoli ha qualche editore di rilievo ma non molti.
MILANO
Nessuna delle case di Milano copre l'intera gamma di bisogni della clientela. Oltre alle aziende grosse ce ne sono molte che si rivolgono ai diversi campi: il canale delle bancarelle, le edizioni di libri d'arte (a volte pubblicate in proprio dagli autori), la Scuola del libro, il Risorgimento grafico (periodico specialistico), l'Agenzia letteraria internazionale.
Sonzogno in questo periodo vive la sua decadenza definitiva.
Treves risente delle imprese giornalistiche altrui (Domenica del corriere) a cui risponde con il Secolo XIX e la resistenza dell'Illustrazione italiana, Illustrazione popolare, Margherita. È una delle poche case che ripartisce gli utili anche fra gli autori – per quanto gli scrittori italiani davvero indipendenti fossero pochi (De Amicis e D'Annunzio quelli dalle tirature più alte, più facilmente piratate). Pubblica anche la Biblioteca amena, libri di viaggi (Guide) e avventure, storie lacrimevoli e sentimentali. La tendenza era a fare tirature piuttosto basse e ripeterle quando ce ne fosse la richiesta.
Hoepli resta libraio-editore, non fornendosi di una tipografia propria ma rivolgendosi a diverse tipografie col cambiare delle necessità. Comprende opere tecniche, di cultura, pratiche applicative (i Manuali); ovviamente anche libri per la gioventù e la Biblioteca della famiglia; inoltre pubblica opere di prestigio in tirature limitate.
Vallardi si occupa soprattutto di libri per bambini e sussidi allo studio, dizionari anche a dispense, opere tutte educative per tutte le età, compresi libercoli patriottici ecc. Si segnala anche per la capacità di comunicare con la classe magistrale.
TORINO
Attività ci sono a Genova, Como, Padova, Venezia, Bergamo ma l'unica altra città con una produzione editoriale importante è Torino, soprattutto per la scolastica con la Paravia, la Lattes (e Società internazionale per la diffusione della buona stampa, Casanova, Rosenberg & Sellier ecc) e la sezione dedicata della Loescher, che si occupava soprattutto di riviste di cultura letteraria ad alta specializzazione.
In ambito culturale si segnalano anche i Fratelli Bocca, editori di autori letterari e di scienze sociali difficilmente riedito e pure la UTET oltre a testi destinati alle università si occupa di trattazioni divulgative e scientifiche anche di grande impegno, vendute con il sistema delle dispense per abbonamento e vendite rateali.
Anche la STEN (Soc. Tipografico-editrice Naz.) oltre a La Stampa e La Tribuna pubblica libri di lusso illustrati, una biblioteca d'arte, opere varie fra cui testi pedagogici e storici.
BOLOGNA
A inizio secolo è rappresentata dalla presenza egemonica della Zanichelli che mantiene rapporti con il mondo letterario locale (erano nati con Carducci, ancora piatto forte della casa) e non, ma soprattutto si occupa di pubblicazioni di carattere scientifico. Muove i primi passi Cappelli.
E FIRENZE
Le Monnier vedi prima; Barbéra cede la tipografia per allargare la produzione ma senza variare la condotta editoriale e l'attenzione alla veste tipografica del prodotto. Oltre a collane e testi di largo smercio pubblica Manuali di scienze giuridiche, sociali e politiche, una Biblioteca agraria, biografie di italiani e stranieri illustri e alcune edizioni-strenna di gran pregio sia per bambini che per adulti.
La Sansoni mantiene l'impegno verso la scolastica di qualità ma si occupa anche di riviste letterarie (Biblioteca storica del rinascimento, Biblioteca critica della letteratura italiana).
Opere di cultura pubblicano anche Seeber, Lumachi e Olschki, appassionato lui stesso di libri antichi e con una cultura del libro aristocratica: si occupa di riproduzioni in fac-simile di libri antichi e edizioni di gran pregio, ma anche di vendita antiquaria.
In fase di espansione è la Bemporad in questo periodo: allarga i suoi interessi nelle opere scolastiche e narrative per ragazzi (Salgari), ma anche Il Giornalino della Domenica (diretto da Vamba); pubblica Almanacchi per le famiglie e libri di cucina, investe per ampliare la rete distributiva. Ma non tutte le iniziative vanno a buon fine e deve faticare parecchio per tirarsi fuori dai debiti. Ad ogni modo le imprese in ambito scolastico della Bemporad fanno sì che le aziende fiorentine raggiungano e superino le torinesi nel numero di titoli venduti.
Salani si inserisce invece nell'ambito della narrativa a basso prezzo di taglio popolare, in cui venivano fatti rientrare anche scrittori di rango e qualche classico. Un buon rapporto prezzo-qualità caratterizza anche le produzioni di storia, i libretti religiosi, i copioni teatrali e le raccolte musicali.
Quattrini si caratterizza pure per impegno politico democratico-socialista e anticlericale con la Biblioteca educativa sociale.
ROMA
Al di là dell'affermazione di quotidiani (Il Messaggero, La Tribuna, Il Giornale d'Italia) a livelli non lontani da quelli milanesi, nella capitale le pubblicazioni si limitano ad avvalersi di tipografie locali ma con etichette prestigiose ed esterne. Inoltre Roma risulta interessante come mercato di spaccio (librerie o filiali).
NAPOLI
Il mercato è più propositivo ma resta pochissimo attivo sul piano delle produzioni in proprio a causa della difficoltà dell'emergere di una libreria-tipografia dalla massa delle affiliate all'università. Notevoli Detken e Rocholl, Morano, la Libreria di Luigi Pierro e in generale un sottobosco di piccole case che occupano le varie nicchie; nemmeno per l'editoria scolastica spicca una casa in particolare, anzi hanno il predominio le case siciliane.
Spicca anche l'impresa di Ricciardi, che pubblica cose di rilievo sia sotto il profilo editoriale che tipografico.
SANDRON
Sandron si impone in campo scolastico per ampiezza e qualità di catalogo, e per efficacia della rete distributiva; in contatto con Croce, Gentile si occupa di biblioteche filosofiche, pedagogiche e letterarie, senza dimenticare i libri per ragazzi.
CARABBA
Carabba a Lanciano che comincia con editoria scolastica, poi edizioni saltuarie fino all'incontro con Papini a cui seguono biblioteche filosofiche d'intento divulgativo e varie biblioteche di narrativa (classici, antichi, moderni ecc).
LATERZA
Giuseppe e i suoi figli cominciano a Bari con una cartoleria e una libreria, per impegnarsi in una prima Piccola biblioteca di cultura moderna e pubblicazioni occasionali continuando con la Collana di studi meridionalistici (curata da Nitti) e dall'incontro con Croce, la cui supervisione culturale fu fondamentale, nascono Biblioteca di cultura moderna, Classici della filosofia moderna, Scrittori d'Italia caratterizzati dalla qualità di copertine, carta e impaginazione. Escono poi anche la rivista La Critica e le opere di Croce. Il valore economico resta sempre relativo e vengono ristampate solo le opere rispondenti allo spirito del tempo: India e buddismo antico, I grandi iniziati, guide alla vita matrimoniale e all'igiene infantile ecc.
FORMIGGINI
A Modena con la supervisione anche della moglie si caratterizza per lo spirito goliardico e irridente delle prime pubblicazioni, stile che caratterizza anche le collane successive, insieme all'interesse per la pedagogia, in cui la moglie era laureata. Pubblica anche i Profili di artisti ma i piatti forti sono la Rivista di filosofia e quella di pedagogia, la pubblicazione di Petronio, di Tassoni e quindi dei Classici del ridere.
CASI PARTICOLARI
L'Istituto Editoriale italiano che cerca di creare collane di scrittori di fattura elegante, che rispondessero alla necessità di libri belli ma non irraggiungibili come quelli di Olschki e Hoepli.
L'Unione italiana della educazione popolare promosse una Biblioteca di coltura popolare (la Collana rossa), distribuita gratuitamente nel circuito della Federazione Italiana delle Biblioteche popolari (presieduta da Turati).
Gli scrittori raccolti attorno a La Voce si organizzarono in forma cooperativa per pubblicare gli autori più meritevoli, inediti o imbarazzanti che un editore normale difficilmente avrebbe potuto: nei pochi anni di vita pubblica Soffici, Salvemini, Papini, Saba, Rebora, Boine, Pea, Jahier ecc.
Caratteristica tipica del periodo è l'affiliazione alle case editrici di personaggi di spicco della cultura che ne curano ben da presso le scelte editoriali (cfr Marinetti, promotore, direttore e finanziatore delle edizioni derivate dal mensile Poesia), spesso dando un'impronta filosofica precisa e combattendo con le scelte e le necessità degli editori veri e propri. È una lotta che dovrà risolversi a favore dell'una o dell'altra parte.
1914-18
L'inizio della guerra ovviamente vide una diminuzione delle vendite di libri e opuscoli, non troppo sollevato dalle pubblicazioni patriottiche; inoltre, nonostante l'Italia non fosse formalmente in guerra, gli scambi con la Germania vennero immediatamente interrotti e librerie tedesche in Italia chiusero provvisoriamente.Editori italiani sottolinearono la necessità di rendersi indipendenti dalla produzione tedesca, soprattutto per quanto riguardava i sussidi scolastici (cartine, mappamondi...) e in effetti una risposta nelle aziende italiane ci fu: Barbéra, Paravia, l'Istituto geografico De Agostini e Treves si impegnarono rispettivamente nella proposta di nuove serie di classici latini, carte geografiche murali, nuove serie di scrittori inglesi.
Da notare che, ovviamente, tutte le collane e le opere per bambini e ragazzi si caratterizzarono in senso decisamente nazionalista.
Inoltre, va detto che meno vendite non significa necessariamente meno utili: le commesse militari e statali per i giornali da trincea e il materiale di propaganda arricchirono soprattutto gli istituti dotati di buoni impianti grafici, fra cui la Mondadori (vedi).
Comincia in questo periodo ad avvertirsi la possibilità che attorno al libro si stesse verificando quell'aumento di attenzione chiamato da mezzo secolo, essendo più utili i libri del cinematografo per dimenticare i mali della guerra. Un esempio è il successo dei romanzi di Guido da Verona e l'impresa tentata (e fallita) da Formiggini dell'Italia che scrive, che doveva servire a mettere in comunicazione i consumatori e gli impiegati del mondo del libro.
La prima guerra mondiale è per l'editoria italiana una data fortemente periodizzante, una cesura: finisce l'editoria artigianale e prende piede il rinnovamento e l'industrializzazione: aziende non più familiari e sempre più d'alta finanza; mette le basi l'editoria di massa, per quanto non comincerà a crescere prima degli anni '50, e un humus culturale unitario, l'identificazione nazionale, l'acculturazione di base (con i giornali di trincea). Ovviamente nel momento immediato della guerra c'è grossa crisi per i costi della carta, delle tariffe postali, dei salari...
1918-20
Nonostante l'aumento delle vendite le condizioni delle imprese editoriali restano difficili a causa dell'aumento del costo delle materie prime, delle tasse sulla posta, della diminuzione degli impiegati e il contemporaneo aumento dei salari. Il settore trainante resta lo scolastico sia al nord che al sud (ma dopo qualche anno il calo delle nascite si farà sentire) dato anche l'aumento degli studenti universitari.Al sud si segnalano Carabba, Sandron e Principato, l'ultima sotto la protezione culturale di Gentile (Giornale critico della filosofia italiana).
La UTET insiste nel campo medico, giuridico, economico, filologico, storico-artistico con la sua rete di vendite rateali. Restano altrettanto universitarie la Francesco Vallardi e la Società Editrice Libraria. Anche la Hoepli, rientrata, si basa soprattutto su riedizioni di opere che avevano riscosso successo in precedenza e lo stesso faceva Bocca e in misura minore Barbéra.
Molto attiva diventa invece la Zanichelli che, oltre a un buon numero di novità che spaziano dalla letteratura alla storia alle scienze, si impegna anche nella pubblicazione dei Rerum Italicarum Scriptores ed è la prima a diffondere la Teoria speciale e generale della relatività di Einstein.
Anche la Cappelli acquista nuovo peso con pubblicazioni di carattere più eclettico: produzioni per la gioventù, studi medici (per l'università), sociali, letteratura di guerra.
Laterza riprende con titoli nuovi e vecchi, e una nuova collana in cui vengono pubblicate opere degli uomini di Weimar e scritti polemici.
In questo periodo Formiggini subordina l'attività editoriale a quella del produttore di cultura con l'Istituto per la propaganda della cultura italiana, presto acquisita da Gentile come Fondazione Leonardo.
Prezzolini rifonda l'editrice di La Voce ma presto le difficoltà sono superiori alle soddisfazioni e se ne va. Prima escono una collana di pedagogia e scritti dei più importanti autori del periodo, ma la maggior parte di questi sono editi da Attilio Vallecchi (anche Svevo, per ora ignorato) insieme a collane filosofico-politiche parallele a quanto proponeva Laterza.
In questo periodo fa la sue breve esperienza anche Piero Gobetti, convito che l'editore dovesse rappresentare un intero movimento di idee, presto rimosso dal fascismo.
Verso il fascismo
Nascono in seguito alle belle speranze del dopoguerra molte nuove case, soprattutto a Milano: VITAGLIANO , MODERNISSIMA, QUINTIERI, CASA EDITRICE ITALIA (testi narrativi e teatrali, quindicinali Novella e Comoedia ecc), FACCHI, STUDIO EDITORIALE IL CORBACCIO, casa editrice RISORGIMENTO, ALPES ecc. che in generale si impegnano in ambiti già occupati dai grossi editori, nella speranza che novità e nuovi spazi del mercato sarebbero bastati a inserirsi rapidamente e senza difficoltà.SONZOGNO comprende volgarizzazione scientifiche, opere enciclopediche, edizioni illustrate ma anche periodici per le famiglie e romanzi a grande tiratura, la novità del momento, insieme ai polizieschi e i romanzi d'avventure.
TREVES sembra reggere ma è sempre più legata (indebitata) con la Banca Pisa e la presidenza finisce nelle mani di Giovanni Beltrami, poco esperto di cose d'editoria. Mantiene comunque una buona scuderia di autori (Borgese, Pirandello, Deledda e altri + ancora qualcosa di D'Annunzio).
La CAPPELLI acquista peso ma forme di maggiore concorrenzialità si registrano un po' dappertutto, soprattutto fra Bemporad e Treves, fra Bemporad e la Baldini e Castoldi (cui viene sottratto Guido da Verona ma si salvarono con altri nuovi autori di successo). La casa di Firenze in questo periodo si appoggia decisamente alla Banca Commerciale italiana e divide nettamente il ramo editoriale da quello librario, affidato alle MESSAGGERIE ITALIANE con il nome di LIBRERIE ITALIANE RIUNITE.
D'altra parte la partecipazione delle banche nell'editoria è fenomeno comune anche a Treves e in generale nascono nuove società dalla concorrenza di diverse editrici: Treves, Zanichelli, le Monnier, Istituto italiano d'arti grafiche e Paravia fondano la ALI come alternativa al circuito delle Messaggerie italiane, che da parte loro acquisiscono il circuito di Bocca.
È questo il grande momento di MONDADORI che, oltre alla produzione scolastica e per ragazzi, comincia a radunare sotto di sé qualche autore importante (Pastonchi, Negri) e poi (con l'appoggio economico del senatore Borletti) man mano a sottrarli a Treves, in modo sempre meno scoperto fino a conquistare D'Annunzio e Pirandello.
Nasce in questo periodo il processo che farà dell'editoria un'attività “industriale” con l'ingerenza dei finanziamenti esterni. Per il momento le vendite stentano a spiccare il volo, a causa dell'inflazione che frena gli acquisti della classe borghese, primo target della narrativa ad alte tirature.
Le difficoltà coinvolgono sia gli editori tradizionali, abituati a contare solo sulle loro forze, sia quelli garantiti dalle banche in modo più o meno grave: in particolare segna la fine di Treves, indebolita dalle divisioni del pacchetto azionario nella famiglia ma mette in difficoltà anche Bemporad e Mondadori, che viene rifondata con capitale sociale aumentato e si dà alla pubblicazione anche delle grandi opere.
Il fenomeno Mondadori
Nasce nel 1907 come piccolo tipografo di moduli e stampati, quindi come stampatore socialista, aumenta con commesse militari (fogli di propaganda), e inaugura le prime collane per ragazzi e opere scolastiche (distribuite da Bemporad), ma la vera attività nasce dopo la guerra nel rapporto con l'alta finanza, fa un salto di qualità (e fonda la Rinascente): gli è indispensabile l'appoggio finanziario del senatore Bolletti (consigliere della Banca di sconto).Quindi diventa casa editoriale di regime con un programma di ammodernamento dell'editoria italiana che trova paralleli nell'ammodernamento del paese previsto da Mussolini: considerando il libro oggetto prima di tutto e di largo consumo dà un taglio industriale all'azienda, sviluppando il dinamismo aziendale ma soprattutto l'attenzione per la produzione letteraria contemporanea.
Evita di impegnarsi nella produzione scientifica, già occupata da Vallardi, UTET e CEDAM e investe nello scolastico e soprattutto nel settore giovanile, assorbendo il modello Treves e sorpassandone anche l'azienda; nel 1926 è il primo editore di libri di testo con l'appoggio del regime.
Pubblica l'edizione nazionale di D'Annunzio, ricavandone grossi utili, ma non molti libri esplicitamente di politica del regime, per quanto fosse in accordo pol-cul.
Dal 1927 investe anche il campo dei periodici comprando il Secolo e affiancandogli periodici illustrati, per donne ecc.
Con la Repubblica Sociale Arnoldo si distacca dal regime e scappa in Svizzera; quando torna le buriane sono passate e diventa editore di centro destra e sinistra.
Arnoldo non è del tutto appiattibile sul regime e sulla sua autarchia perché porta in Italia la cultura americana seppure criticata dal regime svecchiando la cultura italiana: Faulkner (coll. Medusa) e a livello basso le collane d'intrattenimento dei gialli, della fantascienza, dei fumetti (prendendo Topolino a Nerbini).
L'editoria del consenso
Oltre all'editoria che ha come fine il profitto esiste anche l'editoria finalizzata alla formazione del consenso politico – non è un'opposizione ma è una questione di interessi prevalenti. Di questo tipo sono soprattutto l'editoria cattolica e quella socialista.Editoria cattolica
La promulgazione del Non expedit non vieta di partecipare alla vita politica: gran quantità di libri e editori che mirano ad accrescere il consenso alla linea del pontificato negli anni di presenza delle associazioni e gruppi cattolici. Già da prima l'editoria di stampo religioso era stato un filo che attraversa tutta la produzione dal 1500 al 1900 (catechismi, agiografie, almanacchi...), ma fino alla prima metà del novecento sono piccole case editrici e tipografie legate a istituzioni locali, che pubblicano raccolte spesso scadenti sotto il profilo sia contenutistico che formale e hanno una diffusione protetta dal piccolo pubblico locale, spesso rurale e poco colto.A partire dal primo dopoguerra si creano grosse case editrici o collegamenti fra le editrici cattoliche che si pongono il problema dell'egemonia culturale (salesiani a Torino) in risposta alla diffusione della cultura protestante. Dalla fine dell'utilizzo della censura la Chiesa capisce che è più produttiva una proposta costruttiva che una proibitiva e distruttiva
L'editoria cattolica tra libri e riviste (pp. 299-319)
Un punto di svolta: la prima democrazia cristiana
1898 viene costituita l'Unione editrice cattolica italiana in forma di società anonima.
Murri pensava che la parte cattolica della società mostrasse una certa inferiorità di cultura, relativamente all'inferiorità in campo editoriale che restringevano il campo di produzione e diffusione degli scritti cattolici di ogni genere. Di qui l'idea di un'associazione che raccogliesse il fiore della produzione cattolica italiana con una larga rete di cooperatori-diffusorie che si fondasse su un'autorevole direzione scientifica.
Il programma contemplava l'istituzione di una Biblioteca di scienze politiche e sociali, una Bibliotechina per l'istruzione popolare, una rivista illustrata per le famiglie ecc.
1899 nasce la Società italiana cattolica di cultura per associare alla propaganda per la scienza fatta per i dotti (dalla Società scientifica del prof. Toniolo) la propaganda per la cultura rivolta a un pubblico più vasto ai fini dell'organizzazione pratica e di partito; l'attività editrice era pertanto la parte portante dell'attività della società. In breve assorbì le iniziative dell'Unione editrice e nel 1901 esce pure Il Domani d'Italia giornale cattolico nazionale di cultura e di partito. Questo tipo di produzione concepisce l'editoria come attività di cultura politicamente militante, come sistema di raccordo fra il partito e gli elettori, oltre che per diffondere la fede. Era la scoperta dell'intrinseca valenza politica della cultura, anzi della cultura come base per i partiti politici. Di questa cultura l'editoria è chiamata a essere organo di diffusione, sia l'editoria libraria che quella di tipo pubblicistico.
Il movimento editoriale ottenne qualche successo ma venne travolto dalla crisi del movimento democratico-cristiano del 1904. La Società diventa Società nazionale di cultura, allontanandosi dalle direttive dell'autorità ecclesiastica nel senso di una relativa deconfessionalizzazione – mantiene una differenziazione fra ramo scientifico e cultural-popolare.
Bisogna peraltro considerare che l'editoria cattolica aveva caratteristiche peculiari: una esasperata frammentazione anche territoriale, una marcata distinzione per categorie di destinatari e soprattutto una rete di diffusione protetta, estranea alla logica del libero mercato.
Editoria cattolica del XIX secolo:
1. assoluto prevalere di librai-editori,
2. presenza ipertrofica di settori di pubblicazioni religiose, di devozione e di pietà, cresciute in concomitanza con la diffusione dell'alfabetizzazione
3. attivazione di un numero crescente di biblioteche circolanti che le diffondessero
4. produzione strettamente destinata al clero
5. con la fine del secolo le pubblicazioni di contenuto o ispirazione religiosa vengono prodotte soprattutto da editori specializzati, spesso legati a istituti religiosi ➡ polverizzazione della produzione
6. reticolo tipografico diversa dall'impresa editoriale moderna per struttura e apparato di produzione, selezione del prodotto (criteri di ortodossia)
l'impresa editoriale cattolica quindi supera le cattive letture più dal punto di vista quantitativo che qualitativo, ma qualche novità arriva da nuovi istituti religiosi, finalizzati all'apostolato popolare.
L'editoria salesiana e scolastica
I salesiani avevano come finalità l'istruzione religiosa per mezzo della stampa: l'attività tipografica può essere campo di formazione professionale e di promozione religiosa – e in effetti arrivarono a controllare tutte le fasi dalla produzione alla diffusione del materiale religioso (e poi scolastico).
Attraverso canali privilegiati:
1. articolazioni territoriali della congregazione,
2. reti di cooperatori e corrispondenti,
3. apertura di librerie salesiane
diffondono la loro produzione: fascicoli di letture cattoliche, collane di letteratura amena per ragazzi, pubblicazioni per la scuola, opere di Don Bosco, collane destinate alla scuola, POI il bollettino salesiano e i cataloghi generali delle edizioni salesiane.
Nel 1908 viene fondata la Società anonima internazionale per la diffusione della buona stampa (SAID buona stampa), che nel 1911 diventa Società Editrice Internazionale, conquistando credibilità e fette di mercato nell'editoria scolastica – effettivamente con i salesiani la stampa cattolica assume un livello sovranazionale.
Nel ventennio successivo decolla definitivamente l'editoria salesiana, soprattutto in campo scolastico a causa dell'arretratezza e dell'intransigenza degli editori fondamentalisti cattolici e dell'impreparazione di quelli laici. I salesiani portavano avanti un modello propositivo, non solo contrappositivo.
Solo la rivista per maestri Scuola italiana moderna riesce ad avere una forza e diffusione tali da fondare la casa editrice La Scuola.
I periodici di cultura come centri editoriali
In generale si riferivano a gruppi intellettuali più o meno omogenei e ristretti, ma sempre orientati.
La Civiltà Cattolica, redatta da un collegio di scrittori appartenti alla Compagnia di Gesù (1850) e stampata a Roma con il visto della segreteria ufficiale vaticana ebbe una diffusione capillare non solo nelle biblioteche cattoliche ma anche nella rete di abbonamenti; col tempo diventa un laboratorio di idee, giudizi e anatemi.
Sul versante opposto sta la Rassegna Nazionale, destinata a un pubblico decisamente più colto e ricco ma meno numeroso, per cui fu tenuta in vita con interventi una tantum. Era espressione della cultura cattolica liberale.
Entrambe le riviste interagivano con il mondo più strettamente editoriale con il trasferimento o lo sviluppo in pubblicazioni autonome, anticipazione parziale di testi ecc.
La Rivista internazionale di scienze sociali e di discipline ausiliarie, organo dell'Unione cattolica per gli studi sociali fondata da Toniolo, autore poi anche della Società cattolica italiana per gli studi scientifici di cui sopra. Ma i progetti di Murri riguardo la fondazione di un partito cattolico si scontrarono con una condizione generalizzata nell'ambito della Chiesa: lo scontro disarticolante e contraddittorio sotto diversi punti di vista:
1. piano politico elettorale: prevalenza della linea clerico-moderata
2. piano associativo: distinzione fra organizzazioni di azione cattolica e movimenti politico-sindacali
3. piano religioso: emarginazione per via disciplinare delle tendenze moderniste
4. che dal canto loro non riescono a organizzarsi e si esprimono solo per antagonismi interni. La maggiore risonanza della questione modernista si ebbe sulle pagine di quotidiani e periodici laici (il Corriere della Sera, La Stampa, Il Giornale d'Italia, La Voce) o attraverso case editrici laiche o non dichiaratamente cattoliche.
La nuova editoria nel primo dopoguerra
Si nota uno sviluppo strutturale e qualitativo causato da una nuova coscienza cattolica nata in parte con la guerra. Di base il senso di una persistente inadeguatezza per contenuti e strumenti della cultura cattolica, causati dal confronto con la cultura modernista, dalla crisi politico-ideologica della prima democrazia cristiana, il confronto con le più avanzate situazioni delle culture cattoliche tedesche francesi e svizzere e infine il confronto con la cultura moderna in un momento in cui, in particolare, era particolarmente attenta e pronta a cogliere i suggerimenti e l'ispirazione da parte del mondo cattolico. Un certo influsso ebbero anche la fondazione del Partito Popolare italiano (1919) e, ovviamente, la venuta del fascismo e i diversi modi con cui il mondo cattolico reagì: in parte rifiutandolo (Sturzo, Giordani, Galati...) ma per la maggior parte accettandolo e fortificando la propria e la sua posizione fondendovisi.
1918 nasce la Società editrice Vita e Pensiero, con alle spalle un lungo cammino di azioni e studi scientifico-sociali
1920 la Compagnia di San Paolo > Pia Opera Cardinal Ferrar, che nel 1927 acquisisce L'Avvenire d'Italia
1921 Pia Società di San Paolo di don Giacomo Alberione, la cui editrice pubblicò successivamente una serie di giornali popolari fra cui Famiglia Cristiana (1931)
1925 fondata la Tipografia Editrice Moricelliana, di ispirazione nettamente più democratica e aperta rispetto a Vita e Pensiero.
La breve stagione dell'editoria socialista (pp. 321-338+)
Gli anni dell'anticlericalismo sono dal 1860 al 1890.Nel secondo ottocento la lettura è chiaramente mezzo di elevamento culturale. Oltre ai borghesi e ai cattolici cercano di entrare in questo mercato e in questa fetta di popolo anche i socialisti, all'inizio attorno al periodico La Plebe che va dall'adesione alla comune all'internazionalismo.
Alla fine degli anni settanta l'attività di Bignami si concretizza con la collana di Propaganda socialista e con la Biblioteca socialista italiana, dalle chiare idee in campo economico, meno chiare in campo politico-ideologico.
1890-1910
Gli editori di testi di indirizzo socialista sono in questo periodo sia le grandi strutture imprenditoriali (Sonzogno, Bocca, Treves, Hoepli, Sandron) che soprattutto i piccoli e piccolissimi editori a Milano:
Kantorowicz è fra le figure più emblematiche: la Biblioteca sociale (letteratura utopica e profetica), Teatro contemporaneo internazionale (letteratura naturalistica e sentimentale: Ibsen, Tolstoj, Turgenev...), Biblioteca Ibsen (per promuovere la lettura di autori del nord Europa).
Flaminio Fantuzzi: Biblioteca popolare socialista traduce autori dell'anarchismo e del socialismo europeo (a cura di Pietro Gori), Biblioteca dei lavoratori più chiaramente propagandistica ma ancora indecisa fra la scelta libertaria e quella marxista del socialismo europeo.
A Genova invece si trova la Libreria Moderna che nasce dalla cooperativa editoriale tra Giovanni Ricci e Giovanni Lerda che fonda L'Era nuova (?) e con la Biblioteca popolare socialista riesce ad attirare anche le fasce di pubblico più raffinate con autori sia stranieri che italiani.
A Firenze Luigi Contigli (Almanacchi socialisti, Libreria socialista popolare) e l'Elzeviriana editrice (opuscoli + Il vero monello, settimanale satirico diretto da Augusto Novelli).
Ma soprattutto Nerbini riesce ad allargare la rete distributiva e rende più solida la pubblicistica di materiali poveri che facessero circolare le idee socialiste e risponde alle necessità del pubblico più basso e poco abituato alla lettura accattivandolo con prodotti scandalistici, narrazioni ad effetto. Molti periodici: Garofano rosso, l'Avanti della domenica, Quo vadis?. Per arginare l'influenza della stampa illustrata borghese tra i lettori popolari. Attività cmq di eclettismo per interessare il pubblico più che per indottrinarlo. Collane di impegno politico-culturale (Biblioteca educativa sociale, Letture moderne sociali, Saggi di filosofia sociale, Teatro socialista... che usano la narrativa ottocentesca per acculturare il popolo sulla propria condizione: Zola, Hugo, Dickens, Tolstoj...) si alternano a collane che seguono mode editoriali e interessi commerciali e Nerbini è talmente criticato che gli viene sottratta la pubblicazione dell'Avanti!.
PSI
Con la nascita del PSI crescono le necessità e le richieste per le “buone letture” ma il partito decide di non creare una sezione centrale per la stampa ma coordinare le attività editoriali dei gruppi di periodici locali, raccogliere presso la Libreria Centrale le pubblicazioni più importanti (già nella Libreria del settimanale Lotta di classe) e affidare all'Agenzia libraria giornalistica di Milano le edizioni a basso costo.
Importante la Biblioteca di propaganda della rivista Critica sociale, che si affermò come strumento essenziale nella formazione della coscienza socialista e nella trasmissione di riferimenti ideali comuni alla cerchia dei costruttori dell'identità politica.
Dopo la Libreria centrale presero importanza le biblioteche dell'Avanti! e la Libreria socialista italiana, il cui lavoro fu il primo progetto organico di pubblicazioni idonee alla formazione di una coscienza socialista: 300 titoli e numerose collane, autori in molte lingue, Monografie sociologiche e Opere letterarie che comprendevano Zola, Tolstoj, Dostoevski, Turgenev, De Valera, De Amicis ecc. Economicamente dura poco e viene rilevata da Mongini che da cassiere del partito si era fatto un nome con la pubblicazione di scritti di patriarchi (Marx, Engels...) e ha successo grazie al sostegno della distribuzione del PSI: l'offerta si amplia molto (200 titoli) anche in seguito alle nuove esigenze (antimilitarismo, educazione al voto...) e quindi al mutato clima politico, che influenza (per contrasto o assimilazione) con pulsioni idealistiche e nazionalistiche.
Oltre a queste figure di rilievo bisogna considerare che le voci del socialismo (e quindi i testi che le esprimevano) erano molteplici e molto differenziate fra loro, dal marxismo al massimalismo fino ad accenti messianici ed evangelici che facevano emergere scritti di “profeti” e “precursori”e che facevano leggere in questo senso anche Zola e altri scrittori simili.
Da un quadro così disomogeneo ne emerge che il primo interesse del partito fu far innamorare dei libri il proletariato, a prescindere di quali libri si trattasse, senza grosse speranze nelle campagne ma nelle città con leghe per l'educazione primaria prima e poi con biblioteche popolari, Società umanitarie sia promosse dal partito, ma soprattutto neutre, apolitiche. In effetti ebbe un certo successo, soprattutto sul piano della formazione di un comune riferimento ideale, dai diari degli operai e dei dirigenti socialisti emerge che gli orientamenti politici derivavano più dalla narrativa che dalla lettura del capitale & similia. Purtroppo sono edizioni malissimo curate, in cui i testi erano trattate senza alcun rispetto (tagli, intromissioni, patetismo...); ma è così che si diffonde il libro come mezzo di riscatto sociale e come progetto condiviso. Le liste delle biblioteche circolanti mostrano che si leggeva molta più narrativa che testi di dottrina politica e divulgazione.
Dal PSI al PCD (1911-26)
La situazione in Europa non è uniforme (c'è chi ha un'editrice, c'è chi no) e in Italia con la guerra di Libia il PSI si assume una specifica attività editoriale: Società editrice socialista Avanti! presieduta da Turati. All'inizio spingono sulla distribuzione commerciale (rivendite presso associazioni partitiche ed economiche sul territorio nazionale) e sui periodici quindi collane di carattere politico-sociale e propagandistico e più in generale gradevoli al pubblico letterario, ma c'è spazio anche per la propaganda elementare, soprattutto negli anni prebellici, mentre negli anni del dopoguerra si separa nettamente dalle influenze comuniste. Cambiano i titoli della letteratura (da De Amicis, De Valera, Zola, Tolstoj, Gorkij, Hugo, Balzac a Papini, Wilde, Barbusse, Rolland, Latzko) e teatrali (da Gorkij, Hugo, Shakespeare e Ibsen a titoli meglio selezionati sul piano del contenuto nel senso della tradizione democratica). Un principio sostenuto fin dall'inizio dalla Società editrice socialista Avanti! era di non tutelare il diritto d'autore.
Dagli anni '20 si cominciano a pubblicare (in ritardo secondo Gramsci) i testi della III Internazionale e della rivoluzione russa (Problemi della Rivoluzione, Documenti della Rivoluzione e Atti della Rivoluzione), dal '21 a Roma viene fondata una Libreria editrice comunista, ma i tempi politici si fecero più stringenti e uscirono la Biblioteca dell'Internazionale comunista, la Piccola biblioteca dell'Internazionale comunista, oltre alla nascita di editrici piccole attorno a sezioni di partito o periodici, tipografie locali.
Gli anni del Fascismo
Durante il ventennio si impongono i nuovi mezzi di comunicazione: cinema, radio, grammofono, telefono, pubblicità. Il libro e la stampa diventano una delle tante forme di consumo culturale urbanizzato, si muovono verso la creazione di nuovi pubblici.
Impatto con la dittatura
Si crea una relazione originale fra l'editoria privata e lo stato fascista che elimina del tutto la libertà d'espressione limitandosi a favorire imprese e aziende inquadrate con normali forme di sostegno statale (sgravi fiscali, facilitazioni finanziarie e nelle spedizioni postali, nel costo della carta), distribuzione editoriale interna ed estera, distribuzione dei libri di testo e organizzazione delle rappresentanze delle categorie. D'altra parte gli editori stessi si allineano molto velocemente al potere e ai nuovi ideali, eccetto la casa editrice di Gobetti e quella di Dall'Oglio (Corbaccio), che comunque dal gennaio 1925 è costretta ad uniformarsi.
La diffusione del libro fascista è sostenuta dallo stato anche con mostre (a Buenos Aires, New York, San Francisco 1927-9) e fiere e congressi (Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia 1929, Fiera internazionale del libro dal 1922).
In generale le imprese vengono ristrutturate inserendo negli organi di controllo uomini del PNF e rapidamente l'Istituto Nazionale Fascista di Cultura ingloba e coordina tutti gli enti culturali di carattere locale (Accademia d'Italia 1926, Direzione generale delle accademie e biblioteche, SIAE, Associazione Editori e Librai Italiani), nasce la Federazione Nazionale Fascista dell'industria editoriale, che si sposta da Milano a Roma con la direzione di Ciarlantini, deputato e membro del Gran Consiglio del fascismo; è lui che ha l'idea di trattare il libro come una qualunque altra merce e mette l'AEI a disposizione del partito con la Federazione nazionale fascista editori, organo periferico dello stato con il dovere di collaborare con il potere centrale.
Il fascismo si sforza di razionalizzare il mercato in senso centralizzato e controllabile ovviamente e separa le rappresentanze di librai ed editori, avvicinandoli piuttosto ai tipografi. È il momento di maggiore crescita delle Messagerie Italiane dei fratelli Calabi.
La crisi del libro (che periodicamente colpisce l'editoria italiana) ha le sue punte ovviamente nel periodo dopo la guerra e cede il passo a una crescita soprattutto a partire dal 1933.
Anche in questo periodo, e in parte per volere dello stesso stato, le zone di maggiore importanza dal punto di vista editoriale sono la Lombardia (Milano), il Piemonte (Torino) e il lazio (Roma); Firenze invece è in netta crisi in parte per impreparazione industriale: è una produzione ancora artigianale, arretrata dal punto di vista dei macchinari, a gestione familiare e dalle scarse capacità di investimento.
Inoltre viene duramente danneggiata dalla decisione (1928) di adottare un libro unico nelle scuole elementari. La mediazione di Ciarlantini ottiene che la produzione e la distribuzione del libro sia affidata alle imprese locali, secondo le possibilità di ciascuno, ma questo non impedisce gravi scompensi in Bemporad e altre imprese fiorentine che cedono definitivamente il passo alle torinesi (SEI, Paravia, Editoriale libraria) e in generale alle imprese nuove come la Mondadori, che raddoppia il suo fatturato nel giro di tre anni.
Gli anni venti
Sono caratterizzati dall'opposizione fra adesione al regime della maggioranza e tacito dissenso della minoranza, spesso quella acculturata.
In generale si nota un'inedita presenza dell'editoria cattolica nella cultura medio-alta sul piano nazionale.
A partire dal 1928 il Provveditorato dello Stato si occupa di distribuire incarichi culturali anche oltre i testi per la scuola: all'inizio gli editori si rivoltano, poi accettano vedendo che ne viene un po' a tutti: le imprese vengono selezionate in base al loro peso reale e politico.
Dal punto di vista della politica bibliotecaria l'Italia si arricchisce: vengono acquistati molti nuovi libri per le biblioteche governative e viene allargato il numero di quelle popolari.
Gli intellettuali acquistano in questo quadro un peso diverso: o si privano della loro capacità di confronto ideologico oppure alimentano il piccolo, tacito dissenso che sembra l'unico ruolo possibile per la cultura.
Si consolida il primato di Milano ma perde importanza Treves a favore prima di tutti di Mondadori (vedi su), affiancato da alcune nuove aziente: Bompiani (da una costola di Mondadori e per la diffusione della letteratura contemporanea) e Rizzoli sui periodici di consumo. Sonzogno si concentra sull'editoria per ragazzi e sulla narrativa di non alta elezione (gialli, classici, collane divulgative). In generale si registra l'adesione al regime anche nel muto cambiamento di rotta di Dall'Oglio, che smette di produrre testi troppo esplicitamente politici. Per l'editoria cattolica nb Vita e pensiero e Moricelliana.
In Piemonte sono in cirsi i Fratelli Bocca mentre cresce il settore scolastico: De Agostini, Paravia, Lattes, UTET, fra cui molte cattoliche: SEI, Marietti, Lega Italia Cattolica Editrice, Editrice San Paolo di Alba.
A Firenze sono in difficoltà molte case editrici (Barbèra e Sansoni), mentre altre prosperano: Bemporad passa dallo scolastico e dai romanzi per ragazzi a testi storici e poi nettamente politici (fascisti); Vallecchi è la più vicina al fascismo grazie agli impianti tipografici, ma si dà anche molto da fare per promuovere i nuovi autori italiani e la filosofia dell'idealismo militante, appoggiata da Gentile e salvata dal dissesto economico dall'IRI. Gentile appoggia anche Le Monnier, che si occupa di studi storici in chiave nazionalista. Olschki e Salani continuano nella produzione di libri di pregio e nella divulgazione letteraria rispettivamente. Nerbini passa dalla letteratura impegnata a quella commerciale e ai giornalini per ragazzi.
A Bologna Zanichelli e Cappelli imperversano coi sussidi statali. A Napoli la Ricciardi è in crisi.
A Palermo la Sandron è la principale editrice sicula con opere letterarie latine e greche e collane di Scienze sociali e politiche, mentre Giannotta si occupa solo di opere sicule e Principato di temi storico-politici.
Laterza è l'unico editore indipendente al sud, fra i pochissimi in Italia, e solo grazie alla protezione di Croce. Dà spazio a molti intellettuali non allineati e in generale si limita, come tutti, al tacito dissenso.
Altre aziende in tacito dissenso sono La Nuova Italia (Codignola), la Slavia (Polledro), Frassinelli (Antonicelli) e Corticelli (Morandi), tutte piccole e legate a singole figure di intellettuali.
Anche Formiggini, a Roma, fa una certa resistenza (piuttosto assimilabile con la distanza che passa fra letteratura e vita) e si scontra con Gentile. Per il resto inedito peso editoriale acquista Roma, sede di tutto e che vede crescere Treccani, La libreria dello stato, Tumminelli (letteratura di propaganda), Berlutti.
Gli anni '30
Dinamica pubblico-privato inedito per le ingerenze e finanziamenti delle istituzioni negli affari delle case editrici (Ist. Fasc. di cultura pubblica con Treves la Biblioteca di cultura politica ecc).
Nuovi sistemi promozionali: vendita rateale per corrispondenza, diffusione dei club della lettura e del libro, promozione radiofonica, vendita nelle edicole. Resta il problema dell'alfabetizzazione: media 20% con analfabetismo al 5-6% N, 19% C, 48% S.
Notevole dinamismo editoriale e disomogeneità fra le varie aree.
Ampliamento dei generi editoriali soprattutto narrativi in relazione a nuovi pubblici e nuovi gruppi sociali emergenti (insegnanti, militari, commercianti, impiegati, professionisti, bambini e donne), il libro si riferisce ad un ipotetico lettore medio: gialli, fumetti, fantascienza, romanzi rosa... a volte sono gli stessi autori e gli stessi tagli editoriali delle collane di un secolo prima, ma vengono presentati con sistemi promozionali nuovi.
Sistema di censura indiretto e differenziato: pressione su singoli editori, veline, preferenze per i rapporti politici, interventi singoli. La censura più aspra dalla fine degli anni '30, ma fino ad allora possono ancora lavorare intellettuali non allineati anche in Mondadori e in Sansoni.
È un periodo controverso dal punto di vista culturale in tutta Europa e particolarmente in Italia il regime si dibatte fra repressione e tolleranza (del futurismo, per esempio, o di Pirandello) ma mantiene il paese in uno stato di provincialità. È il periodo in cui muta la cultura di riferimento da francese a americana, periodo con un forte blocco reazionario al potere e spinte innovatrici che seminano per il futuro.
(2) L'intervento degli intellettuali nella direzione e nelle scelte delle case editrici amplia gli orizzonti culturali delle pubblicazioni, che si allargano all'Europa: è il grande periodo delle traduzioni (Frassinelli, Einaudi, Mondadori, Sansoni, Corbaccio, Treves, Sonzogno, Bompiani, Slavia, Baldini e Castoldi, Sperling & Kupfer, Alpes….), anche per i costi relativamente bassi dei diritti d'autore.
Nell'ambito della nuova importanza degli intellettuali e delle istituzioni nelle scelte delle case editrici rientra l'importanza enorme che riveste la figura di Gentile in questo periodo: è a capo di numerosi istituti di cultura di vario genere (INFC, la SNS, la Scuola di filosofia dell'Università di Roma ecc), possiede la Sansoni, ha partecipazioni nella Le Monnier e nella Bemporad, collabora con Olschki e con tutte le principali case editrici.
Condizionante la presenza politica ma anche finanziaria dell'organizzazione statale: molte c.e. Vengono salvate da interventi dell'IRI e questo causa una generale omologazione alle idee politiche dominanti. Poi ci sono le imprese editoriali ideate e finanziate dallo stato come l’Istituto dell’Enciclopedia italiana (progetto culturale di Gentile) che sarebbe servita a costruire l’identità nazionale insieme al Dizionario biografico e al Lessico italiano a cui vengono chiamati a collaborare molti intellettuali anche non schierati (il progetto era di Formiggini).
Particolarmente dopo la proclamazione dell'impero è il momento di maggiore adesione al regime delle case editrici, con un gran numero di pubblicazioni diverse e la corsa delle c.e. ad assicurarsi le memorie di Badoglio e Graziani; in questo momento anche le c.e. più lontane ideologicamente mostrano un atteggiamento cauto e prudente (Barion di Milano, Dall'Oglio, La Nuova Italia e Guida di Napoli), per lo meno ambiguo con cataloghi misti di testi antifascisti e non. Anche Laterza, tradizionalmente non fascista, tiene fuori dalla sua produzione i comunisti e cerca di restare aperta all'Europa in modo critico.
Momento in cui prendono particolare importanza anche i temi religiosi (particolarmente in Einaudi, Laterza e Guanda) e le nuove c.e. cattoliche: Civiltà cattolica, Studium, Vita e pensiero (Mi), Sei, Marietti (To) che cercano di rispondere alla crisi della civiltà con la fede cattolica.
Milano si conferma capitale dell'editoria di consumo grazie alla nuova produzione di Mondadori e Rizzoli di periodici, mentre Treves è in crisi definitiva, Sonzogno boccheggia e Hoepli si cimenta in letteratura per ragazzi, scolastica e periodici.
Torino si conferma negli interessi per la scolastica e le opere divulgative: UTET e Paravia, che si occupa di diffusione della cultura in Tripolitania, Cirenaica, Somalia, Albania e America Latina (legami con le gerarchie fasciste).
Nell'editoria di cultura le case editrici legate al positivismo (Bocca, Sandron) non resistono al nuovo idealismo e l'egemonia culturale (e della poesia) passa a Firenze (dominata dalla presenza di Gentile). Bemporad e Barbéra sopravvivono solo grazie agli aiuti statali mentre Vallecchi prosegue nella valorizzazione nazionalista della letteratura italiana d'avanguardia insieme alla meno nazionalista Parenti;
Guanda propone da un'altra ottica delle risposte alla crisi di civiltà insieme a un quadro di scrittori internazionali di ampio respiro ed interesse, l'unica in Italia con Einaudi e Laterza.
Einaudi nasce nel 1933 e, oltre le collane economiche volute dal padre, pubblica e fa lavorare un gran numero di scrittori non allineati – infatti prima del dopoguerra pubblica pochissimo ma imposta tutte le collane che le daranno fortuna.
Si caratterizzano invece come editrici di regime quelle effimere nate a Roma in quel periodo: Edizioni Roma, Lentini, Edizioni Augustee, L'Urbe con la finalità di sostenere e diffondere i valori costitutivi della cultura fascista.
Ci sono poi le c.e. che collaborano con regime senza condividere profondamente i suoi valori, ma non è tanto importante quantificare i testi di evidente contenuto propagandistico quanto gli effettivi rapporti di potere: Bemporad, Salani, SEI, Lattes (per bambini e ragazzi), Hoepli (che si salva pubblicando l’Opera omnia di Mussolini), Mondadori, Paravia, Treves.
Verso la guerra
L'industrializzazione tende a superare la separazione fra pubblico colto e popolare. Ma il mercato resta diviso e differenziato fra nord, centro e sud.
Cresce il settore letterario e i periodici mensili (religione, politica, fascismo, tecnologia, industria), ma resta alta anche la produzione di saggistica di scienze umane e politiche, mentre diminuiscono le pubblicazioni tecniche. I dati non sono precisi, ma all'industrializzazione della produzione non sembra ci sia un innalzamento esagerato dei consumi, né della stampa periodica né nell'utilizzo delle biblioteche pubbliche, ma piuttosto nel consumo privato, particolarmente di letteratura d'evasione.
L'editoria italiana sembra modernizzarsi attraverso un rinnovamento dell'offerta, un aumento delle tirature e soprattutto un processo di concentrazione dei capitali in poche aziende: Mondadori innanzitutto che cavalca l'onda della sua abilità e della nuova pubblicità negando che ci sia una crisi del libro in Italia.
Al contrario le altre aziende non stanno tanto bene e il mondo del libro si mobilita: Convegno (1937) a Firenze promosso dal MinCulPop che costituisce una Commissione Permanente per la diffusione del libro, altri incontri a Macerata (bibliotecari) e Bologna.
Dal 1938 si inasprisce la censura: commissione per la “bonifica dei libri” che controlla tutti i testi stranieri e elimina dai cataloghi gli scrittori ebrei (lettere inviate agli editori perché “controllino” i loro collaboratori e cataloghi conservate in L’elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei); dal 1941 la bonifica elimina anche gialli e fumetti. Varie aziende subiscono confische di libri e alcuni collaboratori vengono incarcerati, altre devono cambiare nome: Olschki > Bibliopolis, Lattes > ELIT, Bemporad > Marzocco ecc. Formiggini si suicida per protesta contro le leggi razziali.
Alla fine degli anni '30 si fanno sentire le prime lamentele e le polemiche degli editori per la troppo poca attenzione dello stato nei loro confronti e le troppo scarse commesse statali.
Inoltre la scelta del libro di testo unico per la scuola elementare (irreggimentare la popolazione inculcando fin da piccoli i valori fascisti) riduce in grosse difficoltà alcune c.e. che si occupavano esclusivamente di scolastica alterando fortemente il mercato e avvicinandolo al monopolio: sopravvivono poche case editrici
Allo scoppio della guerra sono S.p.A. 24 aziende editoriali: Mondadori in testa poi UTET quindi Garzanti Rizzoli e Paravia, solo dal 10° posto le editrici fiorentine. Vallecchi diventa presidente della Federazione degli editori.
Con l’ingresso in guerra il quadro resta piuttosto vivace e le aziende sembrano reggere bene, in particolare Mondadori, che rilancia Verga e la Sansoni e LeMonnier; più in difficoltà La Nuova Italia.
È il momento delle collane universali tascabili già provate da Mondadori e Dell’Oglio, mentre altre editrici rimettono in circolazione i classici della letteratura, storia e filosofia italiana per rafforzare le radici del paese.
Con l’avvicinamento ai tedeschi dal partito arrivano normative grottesche sulle restrizioni per gialli e simili: l’assassino non può essere italiano, non esiste il suicidio (corrette anche opere importanti come Anna Karenina), Topolino si chiama Toffolino.
Con l’inasprirsi dello scontro naturalmente scendono e poi crolla la produzione libraria, mentre resta abbastanza stabile quella di periodici. La guerra danneggia gli archivi Sonzogno e Hoepli e uccide tutta la vecchia generazione, che aveva però preparato il ricambio.
Dal punto di vista culturale si fanno risentire preoccupazioni positivistiche, ma soprattutto i filoni spiritualeggianti e cattolici. Ma in generale l’editoria cattolica non si segnala per particolare attivismo.
Dall’Oglio e Einaudi sono presto costretti all’esilio in Svizzera per l’inasprirsi del clima politico e perché mostrano più scopertamente i loro interessi politici. Ovviamente problemi quando le c.e. del nord restano isolate dalle filiali romane.
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