Cultura e poteri nell’Italia repubblicana (pp. 383-)
Dopoguerra
Subito dopo la guerra si confrontano le ragioni economiche (che vorrebbero un ritorno alla normalità) con quelle politiche e culturali di ritrovare le proprie radici, rinnovare l’ambiente culturale ed editoriale.Dopoguerra
Inizialmente sembra imporsi la voce della cultura, con l’esplodere della necessità di comunicare, confrontare idee ed esperienze – in campo editoriale questo sembra realizzarsi con la nascita di moltissime sigle editoriali, alcune effimere altre più durature,in tutto il paese da sud (Napoli: Polis, Edizioni scientifiche italiane…) al centro, soprattutto Roma (Nuova Biblioteca editrice del Pci, Editore Colombo ecc) ma anche Firenze (Electa, Neri Pozza, casa editrice Francesco de Silva) e al nord (Milano: Edizioni Ultra, Nuova biblioteca, Longanesi, Fratelli Fabbri). A volte si notano differenze di ispirazione fra le diverse filiali per esempio di Einaudi (Milano: Vittorini, Roma: Muscetta).
Gli editori, come intellettuali, si sentono chiamati (e lo ripetono spesso) alla ricostruzione del paese morale civile culturale economica.
La narrativa resta il genere più forte, seguita di gran carriera dalla saggistica soprattutto storica, memorialistica e politica. Nascono riviste di cultura (Belfagor, Il Ponte, Società) e tutte le case editrici organizzano collane che riuniscano questi testi, sia quelle più preparate (Einaudi, La Nuova Italia) che le altre, sia le editrici tradizionalmente di cultura che quelle normalmente dedicate alla narrativa e ovviamente dalle maggiori: Bompiani, Mondadori.
Le prime speranze vengono subito deluse dall’inconsistenza delle epurazioni (Mondadori, Vallecchi, Sansoni restano sostanzialmente al loro posto) e riprendono i loro rapporti (privilegiati quelli di Arnoldo Mondadori) con il potere politico.
Esiste ancora una forma di censura nella denuncia per pubblicazione oscena.
La distribuzione territoriale e la struttura delle imprese però è rimasta la stessa, con un netto predominio del nord lombardo sia per arti grafiche che per numero di opere pubblicate, anche la sede dell’AIE viene nuovamente spostata da Roma.
Nonostante un morboso bisogno di lettura in tutte le classi sociali resta un grandissimo numero di piccole e piccolissime imprese a fronte di grosse S.p.A. che impiegano, da sole, lo stesso numero di persone.
Restano i vecchi problemi del settore e come al solito a risollevare le sorti è l’editoria scolastica, ma peggiorano i compensi per gli autori e persiste la solita lamentata ristrettezza del mercato: non è certo colpa dei troppi lettori di settimanali e fumetti, piuttosto del troppo alto prezzo dei libri (a sua volta causato dalle basse tirature) rispetto alla disponibilità di spendere delle famiglie medie, inoltre il numero di studenti universitari resta piuttosto basso e se aumenta in generale il numero di iscritti alle scuole di ogni grado, il numero di analfabeti e alfabeti privi del titolo di studio resta penosamente alto; inoltre anche fra gli alfabeti l’uso di leggere è poco diffuso, come l’abitudine e la confidenza con l’italiano rispetto al dialetto. Manca una struttura bibliotecaria valida e ancor peggio i punti vendita.
Anni ‘50
Restano stabili le diverse vocazioni geografiche del paese e non cambiano di molto i rapporti di forza Milano-Torino-Firenze-Roma-Bari, salvo la nascita di piccole aziende isolate e la scomparsa dell’editoria siciliana.Non ci sono grosse c.e. nettamente caratterizzate politicamente a sinistra in questa fase, eccetto Einaudi e in parte La Nuova Italia.
Resta la narrativa il genere più venduto e si intensifica il numero di testi provenienti dall’estero, ma è alta la richiesta anche di testi di religione, filosofia, pedagogia, storia e archeologia; con lo spegnersi dei furori libertari cala la richiesta di libri d’attualità e di memoria storica.
Milano: Hoepli si riprende dalla distruzione del magazzino: opere scientifiche e tecniche, dizionari, volumi d’arte
Giuffrè testi giuridici
Angeli università e professionali
Bompiani soprattutto letteratura italiana e straniera ma anche divulgazione scientifica, filosofia, critica letteraria
Treves (sotto Angelo Garzanti) letteratura sperimentale, gialli ma anche enciclopedie
Longanesi saggistica storico-politica
Fabbri scolastico, enciclopedie vendute a dispense nelle edicole, di cui diventa leader
Mursia scolastico, guide, letteratura per l’infanzia e classici
Lerici saggi, letteratura
Rizzoli classici italiani, Sidera (< film di successo), umorismo, femminile, saggistica e nasce la Biblioteca Universale Rizzoli, che riscuote subito un grande successo.
Mondadori resta leader rinnovando le collane esistenti, ampliandole e migliorando anche gli impianti tecnici. Si mantiene nella sua produzione narrativa eclettica, indebolendo il progetto politico-culturale di Alberto. Si rivolge a molti pubblici con moltissimi generi dal popolare al culturale in 60 collane.
Torino: si conferma centro della produzione scolastica e saggistica (21% del totale) con UTET (piuttosto stabile e lenta), Loescher, Paravia (che si affilia alla Mondadori).
Einaudi fa il grande salto basandosi soprattutto sulle collane impostate prima della guerra (Biblioteca di cultura storica e Saggi) ma facendo spazio anche alla letteratura specie se impegnata (Levi, Ceram, Anna Frank, Calvino, Pavese, Calvino, Sciascia, Sartre… in I Coralli, I Millenni, I Gettoni), ma anche teatro e filosofia.
L’editoria cattolica (Marietti, Vita e pensiero, Moricelliana, La Scuola, Paideia) resiste, in particolare nel settore scolastico, come sta anche bene De Agostini, CEDAM e Guanda.
Bologna si conferma polo dell’universitaria e divulgativa:
Zanichelli resta esponente della scolastica e universitaria
Cappelli si occupa di critica letteraria, attualità politica e storia
Nascono Patron (testi universitari) e Forni (riproduzioni anastatiche di testi antichi).
Firenze resta centro della produzione di cultura, ma risulta statica rispetto alla vitalità del nord.
Olschki come al solito
Vallecchi perde terreno per provincialismo Papini e Soffici e scomodi legami con il fascismo
Salani comincia a pubblicare I libri della fede
Le Monnier sempre classici e testi scolastici
Sansoni scolastica universitaria di cultura. Lascia ai margini gli interessi politici. Pubblica le opere e le imprese editoriali di Giovanni Gentile (è diretta dal figlio), quindi molte enciclopedie: italiana, cattolica, filosofica, dello spettacolo, dell’arte, medica ecc.
La Nuova Italia scolastico e saggistica
Giunti rileva la Bemporad-Marzocco rilanciando testi per l’infanzia, psicologia e psicanalisi
Roma prosegue il rafforzamento editoriale in campo politico, d’attualità e universitario ma a ritmi non paragonabili al nord. Molte case nuove
Il mezzogiorno è in grossa crisi: sparite le aziende siciliane ne nasce qualcuna nuova (Milella a Lecce, Lacaita a Manduria).
Napoli vive delle commissioni dell’università: Jovene, Pironti, Esi (medicina, giurisprudenza e varia cultura)
Ricciardi pubblica collane raffinate ed elitarie ma necessita di aiuti finanziari
Laterza si rinnova, cercando di uscire dal crocianesimo all’inizio con difficoltà poi più disinvoltamente, ma sempre saggi.
Il periodo dalla metà degli anni ’50 alla fine degli anni ’60 è caratterizzato dalla rinascita e dallo sviluppo di case editrici ideologicamente caratterizzate (quelle ideologie che affidano al libro un valore di crescita culturale: soprattutto cattoliche, comuniste, socialiste), che però non impediscono il processo di nazionalizzazione della cultura perché non si chiudono nelle rispettive sottoculture e sotto-canali di distribuzione, ma si aprono la mercato e cercano di raggiungere in forma dialogante anche il pubblico non già affiliato.
Famiglia Cristiana tira 250.000 copie, Vie Nuove 350.000, la Domenica del Corriere 600.000 e Oggi 500.000.
EDITRICI CATTOLICHE:
Ma anche ebraica (La Giuntina, Firenze) e evangelica (la Claudiana di Torino).
Viene fondata l’Unione degli editori cattolici italiani.
Non interrotta dal periodo fascista, l’editoria cattolica del dopoguerra si apre nelle molte voci della chiesa e dà spazio anche a interessi non liturgici e pastorali; uno degli interessi principali è quello dell’ambito scolastico: SEI, La Scuola, Marietti, le Edizioni Paoline (che sono le più grandi e producono, fra l’altro, Famiglia Cristiana). Per l’editoria di cultura, invece, restano attive Vita e pensiero, le Edizioni di storia e letteratura, Marietti, Universale Studium, Moricelliana che si aprono anche al pubblico laico e ad argomenti vari.
Ci sono poi editrici che si rivolgono a singoli movimenti: Cittadella (Assisi, i preti del dissenso), Città Nuova (Roma, focolarini), Coines (Roma, Acli), Jaka Book (Roma, CL).
Il fatto di affidarsi a canali distributivi interni permette anche alte tirature.
EDITRICI DI DESTRA:
Longanesi a volte nostalgica (Il borghese) e Rusconi, che pubblica soprattutto settimanali (Oggi, Gente)
EDITRICI DI PARTITO:
Stenta a prendere corpo una editoria di partito almeno fino alla metà degli anni ’50 quando nascono le Edizioni Avanti!, gli Editori Riuniti e la c.e. Cinque Lune – ma sono case che non influiscono molto sul mercato di massa.
Non si sentono particolarmente legate alle esperienze dell’ottocento e del primo dopoguerra.
Edizioni Avanti! (1953) collane di trattazione non ideologicamente rigorosa, che ricorrano alla mozione degli affetti e dei sentimenti. Dal 1964 è indipendente dal Psiup (scisso dal PSI) e diventa Edizioni del Gallo con indagini sulla cultura popolare
Sugar (1957) socialista riformista
Editori Riuniti (1953) c.e. del PCI si basa sui testi preparati i esilio e durante la guerra. Collane dirette alla formazione ideologica dei quadri, filologicamente scorrette ma utili a colmare la scomparsa di un certo tipo di testi scomparsi durante il fascismo (Marx, Engels…). Cercano di coprire anche interessi più ampi (filosofia, economia, letteratura straniera
EDITRICI DI SINISTRA:
Einaudi: rapporto privilegiato con il PCI per il suo interesse a pubblicare sotto insegne non immediatamente riconoscibili e raggiungere un pubblico più vasto. Tendenze politiche ampie, dal cattolicesimo di Balbo all’azionismo al liberal-democratico Pavese mediatore fra forze cmq di sinistra. A causa dello schieramento chiaro subisce gli anatemi del conservatorismo particolarmente cattolico. In parallelo all’Universale economica sta la Piccola biblioteca scientifica, che si occupa soprattutto di saggi.
Feltrinelli: innanzitutto l’Istituto, che promuove ricerche sulla storia del movimento operaio e del socialismo ma amministra anche l’Universale economica promossa dalla COoperativa del LIbro Popolare per diffondere la cultura popolare (quindi saggi, cult. generale), appunto, per formare i cittadini. Accanto a queste prime iniziative sorgono presto interessi più vari: scientifici, psicologici, storico-politici e di attualità (Terzo mondo, Guevara…) ma anche di narrativa, con dei discreti “colpi grossi”: Il dottor Zivago, Il Gattopardo, Grass…
Marsilio: da un nucleo socialista un gruppo di docenti e intellettuali in territorio nemico (prima Padova poi Venezia)
EDITRICI DEL ’68:
Nascono una serie di piccole case, presto legate nella Lega per un’editoria democratica, che comprendeva anche case più grosse (tipo Einaudi, Feltrinelli, Jaka Book, Laterza, Editori Riuniti) che cercano di distinguersi dall’editoria commerciale ma anche da quella imbalsamata delle università, l’editoria come servizio pubblico, la controcultura.
Danno vita a un gran numero di esperienze che però si esauriscono abbastanza rapidamente, con lo sfumare del movimento e con la separazione dalle case più grandi.
EDITRICI CULTURALI
Dopo il 1945 l’editoria di cultura si concentra al nord, lasciando scoperta Firenze, troppo legata all’università e a vecchie esperienze; d’altra parte al mezzogiorno c’è Laterza, che passa un periodo di crisi con la separazione da Croce ma poi si riprende (letteratura, meridionalismo, architettura e urbanistica). Le esperienze più interessanti cmq sono quelle di Torino, Milano e poi Bologna.
Einaudi: le famose sedute del mercoledì sono espressione di un gruppo di intellettuali a confronto fra di loro e con la realtà, che perseguono un progetto e delle linee culturali complessive. Immagine ne è il lavoro di Pavese fino al 1950, la morale del “fare”, l’idea di parlare con l’individuo lettore e con lui elaborare le risposte ai problemi della modernità (quindi ricerca di gusti non correnti nel mercato).
A Ivrea da una costola delle Nuove Edizioni Ivrea nasce Comunità, rivista e editrice che si occupa di economia, politica, sociologia, architettura, cattolicesimo non ortodosso, pianificazione economica, unità europea, socialismo non autoritario con la direzione di Adriano Olivetti che si circonda di una gran quantità di intellettuali e li mette a servizio di un’industria culturale non priva di ambiguità.
Con le prime difficoltà di Einaudi se ne distacca Boringhieri, che poi si associa a Bollati e Luciano Foà, che fonda a Milano
Adelphi: programma letterario mitteleuropeo, traduzioni, filosofia.
E poi Feltrinelli e il suo impegno politico, Bompiani (linguistica e fumetto con Eco 1960-70)
Nel 1958 Alberto Mondadori fonda Il Saggiatore per seguire la sua personale linea politico-culturale: riflessione culturale (antropologia, sociologia, psicanalisi, archeologia, mondo extraeuropeo, origini della civiltà), tensione politica, mettersi al servizio della vita democratica e avere intorno un buon numero di intellettuali di spicco però non paga e presto deve appoggiarsi all’impresa del padre per attivi e passivi e ne viene inglobato.
A Bologna da un gruppo di giovani professori nasce Il Mulino, per impiantare un rapporto fecondo fra cultura e politica. In particolare seguono gli indirizzi della sociologia americana, degli studi religiosi, dell’analisi della società italiana e si rivolgono al mercato universitario.
Gli intellettuali cominciano a sentire la difficoltà del circuito autoreferenziale che si va creando fra chi produce il libro e chi lo legge per produrne altri, ma siamo solo all’inizio. Col passare del tempo si allargano i termini della partecipazione in senso culturale: negli anni ’60 l’editore è un intellettuale che fa delle scelte politico-culturali intrecciate a interessi economici, l’editoria di cultura svolge quasi un ruolo di supplenza nei cfr dell’istituzione dormiente (l’università), un ruolo civile. Questo ruolo si svolge qui prima che nelle editrici “di partito” perché spesso sono troppo chiuse nei loro circuiti, incapaci di entrare nel mercato e reagire al pubblico “di massa”.
La partecipazione dell’intellettuale al mondo editoriale parte dall’inizio del novecento e in Italia cresce in modo particolare: fino agli anni ’70 di moltiplicano queste figure intellettuali anche nelle case più generaliste (Mondadori con Vittorini, Bompiani con Cantoni, Sereni, Gallo).
Da notare che dalla fine della guerra il rapporto fra editrici e riviste culturali cala paurosamente proprio nella reciproca influenza e nei legami reciproci, segno che la rivista come laboratorio editoriale si va spegnendo.
Un’altra caratteristica dell’editoria contemporanea a noi è la scomparsa dell’individuazione degli editori e delle collane dalla veste grafica: i libri sembrano tutti uguali, le collane hanno perso progettualità culturale e non esistono quasi più.
LE COLLANE DI STORIA
Le collane di storia hanno un’importanza particolare soprattutto dopo il 1945 e il 1970, ma in generale l’impostazione culturale italiana prevede una formazione dei quadri dirigenziali basata sullo studio della storia, per cui alcuni progetti editoriali hanno rivestito una particolare importanza.
Einaudi negli anni 50-70 sviluppa delle collane di storia di altissimo profilo, (le uniche in Italia a quel livello) combinando elementi di elaborazione storiografica straniera a correnti italiane non compromesse col fascismo nell’intento di provincializzare la cultura italiana (Chabod, Giolitti, Venturi, Cantimori) senza un indirizzo politico dogmatico, ma mediando fra le idee dei 4 animatori e attingendo sia alla scuola degli Annales che a studi più incentrati su singoli fatti politici.
Laterza dal 1955 fa ripartire la sua collana storica, Collezione storica, affidandola a Saitta e affiancandola con una più alla portata del pubblico vasto.
In generale sono gli editori di sinistra i più interessati a collane di storia: Il Saggiatore (Il portolano), Feltrinelli (Storia, particolarmente concentrata sul movimento operaio), Editori Riuniti (sempre socialismo, URSS, internazionale), Il Mulino (Biblioteca storica), Marsilio. Ma dopo questo periodo di festa decade l’interesse e la capacità di creare prodotti di alto livello, il mercato si restringe (non più formazione quadri) e resistono solo le produzioni che colpiscono il lettore medio che cerca nella storia motivi di svago e apprendimento.
Un esempio è la collana Scie di Mondadori, che all’inizio (1926) si occupa soprattutto di memorialistica e biografia (mal vista da Croce, meglio da Gramsci) presentando i grandi personaggi in un quadro umano, privato, ma che nel privato non ne esaltano che l’eroicità straordinaria, appunto. Col passare del tempo, però questa umanizzazione finisce per svilire i personaggi e cancellarli tutto in un umano indistinto in cui Roosevelt è pericolosamente simile a Stalin. A questo punto si passa al genere del reportage, soprattutto tradotto da altre lingue, che diffonde nella cultura italiana conoscenza che le università non sapevano comunicare e di cui non si interessavano. Negli anni ’70 la produzione ripiega di nuovo sulla memorialistica scadente, la rievocazione di un passato eccezionale e romanzato, senza neanche il pudore di dichiararsi tale.
Dal 1970 al 1990
Coll’inizio degli anni settanta si apre una crisi che determina cambiamenti di proprietà, scontri fra gruppi industriali e finanziari per il controllo di un settore che non è più librario ma massmediatico.Negli anni 60 nasce il vero mercato di massa (con la riforma della scuola dell’obbligo e l’impegno governativo nello sviluppo delle biblioteche comunali): crescono gli iscritti alla scuola dell’obbligo e all’università, crescono i consumi e fra questi anche quelli culturali (ma non in proporzione pari).
Grande interesse è rivolto dagli editori al mondo universitario, sia con la nascita di nuove sigle che con la crescita di quelle esistenti e l’incremento del settore in quelle miste.
Fermento creano anche i sommovimenti politici del femminismo, del movimento gay eccetera, che oltre a far nascere case editrici dedicate stimolano la saggistica, in particolare politica e di genere. La narrativa detiene ancora il potere ma cresce la saggistica storica.
La Mondadori rilancia gli Oscar, venduti soprattutto attraverso le edicole, che le fruttano lauti guadagni; naturalmente è seguita a ruota dalle altre case alcune delle quali sono messe in difficoltà dalla necessità di attrezzature costose per sopportare alte tirature.
Ma se il mercato si è allargato non è ancora pronto a reggere un gran numero di imprenditori e la crisi degli anni ’70 colpisce innanzitutto le case nate attorno al ’68 (resiste Newton & Compton), quindi quelle di medie dimensioni (Vallecchi e Sansoni: a Firenze resta solo il gruppo Giunti), infine colpisce Einaudi a causa di debolezze economiche congenite ma ferita a morte dall’impresa delle grandi opere viene commissariata e ceduta all’Elemond. Difficoltà attraversano anche Laterza, Editori Riuniti.
In generale il mercato italiano si è fortemente ibridato con gli altri mezzi di comunicazione e le aziende più grosse cercano di spartirselo: il gruppo Rizzoli (che già possiede diversi periodici) acquista Il Corriere della Sera ma si indebita e deve vendere a Gemina, società controllata da Agnelli, mentre un gruppo Fiat acquista e passa il gruppo Fabbri-Etas Kompass-Bompiani-Sonzogno.
In tutta risposta si costituisce il gruppo Elemond da Electa (che controlla Einaudi, diverse case editrici scolastiche, il 10% di Gallimard e della Baldini & Castoldi) e Arnoldo Mondadori Editore (possiede il Club degli editori, Comunità, Ricciardi, Serra, Riva), che lancia La Repubblica e acquista Retequattro, ma a causa di problemi finanziari a capo del gruppo finisce Berlusconi.
Contemporaneamente Garzanti controlla Vallardi, Marietti scuola e viene acquisita dalla UTET
Longanesi ha interessi in Salani, Crobaccio, Guanda, Ponte alle Grazie, Neri Pozza.
Bisogna considerare che dall’altra parte della barricata rispetto a questi enormi gruppi sta una miriade di piccoli e piccolissimi editori, aziende familiari quasi artigianali ma che portano avanti un’editoria di cultura: Bibliopolis, Studio Tesi, Edizioni e/o, Marcos y Marcos, Piemme, Passigli, Theoria, Donzelli… il numero degli editori continua ad aumentare negli anni 70-80 mentre aumenta la concentrazione editoriale e produttiva dall’altra parte, creando una situazione schizofrenica: le 20 imprese maggiori da sole detengono il 75% del mercato e il 40 % è di 5 aziende: Mondadori, Rizzoli, (insieme il 25% del mercato dei periodici) Fabbri/Ifi, Garzanti, De Agostini.
Si accentuano ulteriormente le differenze territoriali: sia per numero di editori che per numero di titoli la Lombardia e il nord hanno la preminenza assoluta, sale Roma ma Firenze è fuori gioco, tranne che per lo scolastico.
La distribuzione costa ancora il 50% del prezzo di copertina, mentre oggi le librerie coprono il 25% del mercato, lasciando il porto alla vendita rateale o per posta.
Negli anni ottanta cresce il numero dei titoli ma diminuiscono le tirature medie, in particolare scendono i titoli per ragazzi; la principale novità degli anni ’70, il tascabile, non ha prodotto, come si era sperato, un nuovo mercato, ma si è ripiegata sul mercato tradizionale della libreria. Crescono i lettori di narrativa di qualità (a Palermo nasce e cresce la Sellerio) e di consumo, scende decisamente la saggistica – letterati e critici lamentano il fatto che la domanda di lettura sia guidata dai grandi battage pubblicitari (soprattutto in tv) delle grandi aziende verso la letteratura bassa: rosa, romanzi di consumo seriali statunitensi, “best seller”. I libri sono prodotti in funzione della versione televisiva o cinematografica che se ne farà, rappresentano un pacchetto simbolico in grado di funzionare in contesti diversi.
Scompare la figura dell’editore protagonista, come scompare l’editoria di ricerca, i linguaggi sono sempre più omologati e guidati dalla politica; muta anche il ruolo dell’intellettuale che, parcellizzato e isolato perde il suo ruolo progettuale e si trova a fare l’opinion maker televisivo – ma questo non toglie che possano emergere figure disinteressate e intellettualmente stimolanti.
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