mercoledì 27 agosto 2008

Storia Romana 1: Origini e fondazione di Roma

Il dibattito su questo problema è alle origini del dibattito storiografico e della critica storiografica moderna.
Dall'umanesimo al novecento
L'interesse per questi problemi nasce nel periodo umanistico all'insegna di un atteggiamento reverenziale: ammirazione incondizionata per i testi come per la storia.
La storia era vista come un modello al pari della letteratura e dell'arte, senza tentare di distinguere fra il mondo greco e il mondo romano, si fondava in larga parte su un gusto estetico dell'imitazione acritica e priva di ricostruzione storica. Anche la storiografia era un modello irraggiungibile e da imitare (Dante: Livio che non erra ma anche Petrarca, Boccaccio, Flavio ecc prendono Livio a modello); erano riverite perfino le epigrafi antiche: Cola di Rienzo espose in Campidoglio la Lex de Imperio Vespasiani, sebbene non sapesse apprezzarla veramente, perché era dimostrazione tangibile della continuità fra antichi e moderni; nella prima metà del '400 Ciriaco da Pizzicolli di Ancona disegna i ruderi e copia i testi delle iscrizioni con ammirazione e devozione incondizionate; e cfr anche il recupero della capitale epigrafica.
Con Machiavelli affiorano i primi interrogativi generali (cfr Discorso sulla prima Deca di Tito Livio) ma partono da un'accettazione acritica: cerca di capirne i segreti per applicarli alla contemporaneità. Allo stesso modo Montesquieu nelle Considerazioni sulla grandezza dei romani e sulla loro decadenza (1734).
Questa fiducia rimane a lungo negli studi antiquari e ha grande fortuna nel 6-700: particolarmente importante perché ci si occupava anche di fonti non letterarie, anche se si limitava a illustrazioni di ruderi, monete ecc.
A partire dal '600 troviamo i primi dubbi e critiche cfr il Pirronismo storico, che applica alla storia romana antica i principi dello scetticismo (F. La-Mothe-Le-Vayer (1588-1672) e L. de Beaufort, Dissertation sur l'incertitude des cinques premiers siècles de l'histoire romaine) e rompe con i fideisti che accettano acriticamente le fonti antiche.
Il seicento
JACOBUS PERIZONIUS (1651-1715) nel 1685 pubblica le Animadversiones historicae, in cui cerca di capire se dietro le tradizioni storiografiche delle origini di Roma potessero esserci fonti attendibili: i primi storici di quel periodo potevano contare sulla tradizione orale dei convivalia, canti recitati al termine dei banchetti per tramandare una tradizione molto antica già rispetto ai cantori.
È il primo tentativo di risolvere l'aporia riguardo all'attendibilità della tradizione storica, non più su base fideistica ma neanche ricorrendo al pirronismo. La risposta di Perizonio è l'esistenza di una tradizione orale fra l'epoca regia e il III-II secolo, quando Fabio Pittore e gli altri cominciarono e mettere per iscritto il materiale dei carmina convivalia.
Questa ipotesi fu ripresa da NIEBUHR (1776-1831), il fondatore dello studio della storia antica occidentale con la Römische Geschichte (Storia Romana) in più volumi pubblicati fra il 1811-12.
L'ottocento
Dall'ottocento prevale la linea di Theodor MOMMSEN che innova gli studi sul diritto romano con edizioni critiche su testi antichi e complicati, con l'edizione del Corpus Inscriptionorum Latinorum e con una Storia romana che indirizza tutte le ricerche successive.
Scettico sulla tradizione delle origini e del periodo regio la indaga ricostruendo la storia del pensiero romano, guardandola come il modo in cui le classi colte raccontavano il loro passato per spiegare la loro realtà contemporanea, cioè fabbricando leggende e storie per tutto ciò che non era rimasto ancorato alla memoria orale, in modo simile a come facciamo noi. I suoi studi si concentrarono sull'analisi filologica delle fonti per stabilire come usarle e ricostruire l'evoluzione della stratificazione – naturalmente senza illudersi di “risolvere” davvero i fatti storici.

L'interesse diretto allo studio delle fonti trova un'altra spinta con Ettore PAIS (1856-1939 sardo, allievo di Mommsen) che propone una Storia di Roma (1898-9) con molte rielaborazioni originali e in cui arriva a un radicale scetticismo; è l'iniziatore e il massimo esponente dell'IPERCRITICA: tutta la tradizione sulle origini di Roma è un insieme di invenzioni prive di basi documentarie o orali, che non nascono prima del III-IV secolo, non c'è nulla di storico o reale fino all'incendio gallico, sono operazioni letterarie con un forte desiderio di emulazione della storia greca camuffata e trasposta.

Julius BELOCH (1854-1929 tedesco che abitò a lungo a Roma, maestro di Gaetano de Sanctis) parte dalle stesse premesse ma tenta di ricostruirle su basi diverse: recuperare dati attendibili da studi demografici quantitativi. È il fondatore della demografia storica. Tenta di porsi domande analoghe alle moderne anche per il mondo antico, cerca di capire se sia possibile accettare materialmente i dati delle fonti p.e. rapportando la popolazione alla superficie adibita al sostenimento agrario – o al limite se sia possibile proporre cifre più realistiche.

Scavi al centro di Roma nel 1870, nuovi elementi per il dibattito e nel 1899 i ritrovamenti di Giacomo BONI (1859-1925) nel foro e sul Palatino sembrarono confermare clamorosamente la tradizione romana e smentire l'ipercritica: in particolare il ritrovamento sotto il Lapis Niger di un'iscrizione in caratteri latini del VI sec a.C. in cui si legge chiaramente la parola REX, databile fra il X e il IX secolo: la zona era già abitata, e inoltre Dionigi di Alicarnasso ne parla dicendo che sia la tomba di Romolo, visibile fino all'epoca di Augusto. La reazione iniziale è di eccessiva accettazione della tradizione.
Il novecento
Con la prima guerra mondiale le ricerche e il dibattito si arrestano, rallentano molto e si ritorna all'ipercritica e alla prudenza.
Con la seconda guerra mondiale riprendono gli studi, soprattutto negli anni 40-50 la scuola svedese (Gjerstad, Gierow) fa ricerche a Roma e nel Lazio.
Il dibattito si riaccende perché si pone il problema metodologico di come raccordare tradizione e archeologia: Andrea CARANDINI (n. 1937) e GRANDAZI sostengono che sia possibile e utile un intreccio fra archeologia e tradizione letteraria per confermarla e rinsaldarla nella verità, mentre
POUCHET e Emilio GABBA hanno una posizione più cauta: archeologia e tradizione letteraria restano su binari paralleli e inconciliabili perché tutti i tentativi di fonderli sono circolari, viziati in partenza e non validi. Il dato archeologico non univoco viene interpretato in base alla fonte letteraria che poi si dice confermata dall'archeologia: nessuno dei due dati è in realtà valido di per sé.
Elaborazione del problema
Il problema di fondo è lo iato cronologico fra l'epoca a cui viene attribuita l'origine di Roma (VIII a.C.), il periodo in cui si formò la tradizione (IV a.C.) e il periodo in cui si cominciò a scriverne (III a.C.); inoltre bisogna considerare le influenze greche e il fondato sospetto che alcune coincidenze siano effettivamente casuali:
su quali basi è fondata la tradizione?
Utilizzava qualche documento scritto (leggi, trattati, rituali)?
Di che tipo?
A quando potevano risalire?
Che tipo di affidabilità avevano?
Che tipo di tradizioni orali?
In quale ambito?
Con quale attendibilità?
Si possono fare ricerche eziologiche fra i miti?
Con quale attendibilità?
Ci sono state invenzioni pure e semplici?
Ecc.

La dimostrazione della possibilità di coincidenze fra le tradizioni è assai difficile sul piano concreto: analisi linguistiche ed etimologiche per ipotizzare un'origine comune di istituzioni, rituali ecc che possano confermare o smentire il dato della tradizione;
analisi dei rituali non più compresi ma ancora praticati in epoca storica;
analisi dei documenti archeologici.
Resta fondamentale l'analisi della tradizione nelle sue parti minori, il modo e le fasi in cui si è formata, la stratificazione, le fonti degli autori giuntici e il modo in cui le hanno trattate. Ricostruire la tradizione come stratificazione, rifunzionalizzare a fini diversi le sue parti serve a capire se si può ammettere che la tradizione sia stata interrotta oppure no: in alcuni casi si può dimostrare che la continuità di memoria non può esserci stata e dobbiamo riconoscere che si tratta di pure invenzioni, prive di alcun dato attendibile; in questi casi se troviamo corrispondenze fra il dato archeologico e quello letterario bisogna credere che si tratti di una coincidenza – d'altra parte questi racconti restano come documenti del periodo più recente che ce li tramanda.
Il dato archeologico anche se è significativo non è univoco.

Finora per le origini di Roma gli unici dati archeologici certi e non discutibili sono dati negativi:
1.nella zona dei monti Albani non è esistita una città degna di questo nome: Alba Longa non esiste
2.Lavinium (presso Trasica di Mare) sarebbe stata la città con cui si fonde Enea arrivato da Troia; avrebbe dovuto essere esistente e fiorente nel XII secolo, Alba Longa una generazione dopo, Roma nell'VIII. Lavinium non era affatto un centro urbano molto anteriore a Roma, fa il salto da villaggio a centro urbano parallelamente a Roma.
Fonti
Livio, Dionigi di Alicarnasso, Plutarco, Eneide.
Fabio Pittore
Scrisse in greco alla fine del III o ai primi del II secolo (fine della seconda guerra punica o subito dopo) una storia sistematica basata in parte sugli annali dei pontefici in parte su notizie arrivate per via orale, in parte trovate negli autori greci a lui anteriori, per esempio:
Timeo di Tauromenio
Vissuto fra il 350 e il 260 a.C. circa, nella sua trattazione storica (Storie) dava particolare attenzione al mondo occidentale, in particolare alle colonie greche, ovviamente.
La Cronaca di Cuma,
Da cui attingiamo notizie della fase finale della monarchia (ultimo Tarquinio, guerra di Porsenna)

La versione canonizzata da Fabio Pittore prende la forma a noi nota (Enea, Ascanio, Rea Silvia, Romolo e Remo) non prima del IV sec a.C. perché negli autori antichi ha forme completamente diverse: Esiodo nella Teogonia parla di Latino figlio di Circe e Odisseo; oppure Enea appare in riferimento all'occidente tirrenico senza Romolo e Remo, a volte con una donna chiamata Ῥομὴ. Quindi la tradizione di Pittore potrebbe fondere nuclei leggendari originariamente autonomi: fonde la storia che legava Enea con la storia dei gemelli inventando la serie dei re Albani.

Il filone troiano
Risale al VI secolo perché su vasi greci di importazione e su vasi etruschi di imitazione greca ricorre insistentemente la rappresentazione della fuga di Enea da Troia con il padre, il figlio e i penati – probabilmente era una tradizione non applicata a Roma ma a Lavinium e per questo probabilmente Enea diventa re di Lavinium. I penati di Enea erano venerati nel santuario di Lavinium, come riferito da Timeo per autopsia.
Il primo accenno è in Ellenico di Lesbo (425-400 ca a.C.) che dice che Enea fonda Roma; lo ripete anche un suo allievo in un frammento.
È probabile che già Stesicoro (metà del VI a.C.) parlasse della fuga di Enea verso l'Hesperia, la terra d'Occidente, cioè l'Italia, come indicherebbe la tabula iliaca, un bassorilievo scolastico per poeti omerici con rappresentate le scene dei poemi omerici.
Antioco di Siracusa (425-400 ca a.C.) attribuisce la fondazione di Roma a Enea. Confermato per statuette di terracotta trovate a Veio posteriori al periodo etrusco e non testimoniano la tradizione relativa a Veio, come si pensava prima ma la tradizione romana: gli occupanti rivendicavano orgogliosamente di appartenere a Roma.
Il filone dei gemelli
Ha un'origine molto discussa.
1968 Strasburger sosteneva che fosse una leggenda fabbricata in Grecia in chiave antiromana risalente al periodo delle ostilità fra le colonie greche e Roma, che si stava espandendo troppo; in effetti insiste su particolari disonorevoli: la nutrice era una prostituta (Acca Larentia), la nascita di Roma sarebbe legata a un fratricidio; i romani per assicurarsi la discendenza violano l'ospitalità (Ratto delle sabine) e Romolo dà asilo a schiavi fuggitivi, assassini, ladri e briganti per incrementare la popolazione.
La lupa
Un indizio preciso e certo che nel III secolo era già accettata ufficialmente: nel 296 a.C. i primi pontefici plebei eressero un gruppo bronzeo della lupa che allatta due gemelli (da Livio, X, 23) e lo stesso si può trovare su monete d'argento romano trovate in Campania datate al 269-66.
Secondo Cornell la lupa dei musei capitolini proviene dal monumento che i due edili Olguni arricchirono con due gemelli e poiché è databile a VI a.C. dimostrerebbe che la storia circolava già. Il discorso non regge perché la statua come la vediamo oggi ha l'aggiunta rinascimentale dei due gemelli, quindi potrebbe non allattare gemelli umani, in originale.
I gemelli
Non abbiamo alcun indizio certo di due gemelli sullo stesso piano fino alla prima metà del IV sec. Possiamo addirittura dubitare che già nel VI secolo fossero due gemelli; anche se la prima menzione di Romolo è in Aucinio (prima metà IV sec), probabilmente la leggenda ha trovato la formulazione a noi nota nella seconda metà del IV sec.

Wiseman suppone lo sdoppiamento sia il risultato della parificazione fra patrizi e plebei (seconda metà IV, subito dopo le leggi Licinie Sestie) per radicare nel passato leggendario le rivendicazioni dei plebei e il torto subito.
La prima attestazione della leggenda si trova nello specchio prenestino trovato a Volsena e databile al 350 o 325 a.C. (una lupa che allatta 2 gemelli). Secondo Wiseman sarebbe la premessa della leggenda dei gemelli: non sarebbero Romolo e Remo ma i Lares Praestites, gemelli divinità minori della tradizione romana (cfr Ovidio, Fasti) che avrebbero offerto lo spunto per modificare la leggenda. Secondo Carandini è una spiegazione troppo complicata. Ad ogni modo la base della ricostruzione di Wiseman resta valida: probabilmente il fondatore è stato sdoppiato.
In generale
In definitiva la tradizione canonica nasce non prima della seconda metà del IV secolo e assume particolare rilevanza anche dopo. L'unione di due filoni sarebbe potuta accadere anche nel III a.C. La parte più importante sta nell'accettazione e rielaborazione della leggenda, che secondo Wiseman non si svolse nei carmina convivalia ma nelle rappresentazioni teatrali, introdotte intorno alla metà del IV a.C. (secondo Livio nel 364 per i ludi plebei: i plebei cercano di entrare da protagonisti nella leggenda appropriandosi di un padre nobile, Remo), mentre l'organizzazione e la rielaborazione della leggenda probabilmente si basa su tradizioni orali tramandate sia in ambito sacro che familiare.
La formazione della tradizione
La presenza degli annali dei pontefici come fonte valeva solo per il periodo più recente, mentre per le origini non c'erano registrazioni. I primi storici avranno inquisito congetturalmente su nomi di luogo, analisi di rituali secondo etimologie fantasiose che aggiunsero molti particolari fantasiosi. Non tutti i dati di cui disponevano quegli autori sono stati utilizzati in concreto: tutta una serie di dettagli e racconti resta esclusa dalla tradizione annalistica e viene recuperata da altri generi letterari e da fonti antiquarie: collezione di monstra e mirabilia, analisi linguistiche ed erudite.
Perché veniva fatta una scelta? Vengono presi solo i dettagli funzionali alla linea che era stata scelta scelto e il principio ordinatore è quello della statalità (soprattutto per Fabio Pittore): la continua e inarrestabile ascesa di Roma (come la conosce lui) che arriva fino al suo tempo, il racconto delle fasi attraverso cui si forma lo stato romano e la sua potenza: Pittore elimina tutti gli elementi controproducenti o inutili come p.e. i rapporti fra Roma e Porsenna: aveva conquistato Roma e proibito ai romani l'uso del ferro (Plinio), notizia non riportata negli Annales (Livio).
L'organizzazione dei dati scelti venne dal confronto con la tradizione storiografica greca e da categorie storiche greche (= modo di leggere i fatti):
1.nelle Origines si segue il modello delle κτίσεις: origine di una città e fondazione dal nulla ad opera di un eroe fondatore;
2.il modello dell'opposizione tirannide-libertà con cui vengono descritti gli ultimi re romani: realtà risistemata
3.+ forte volontà celebrativa di Roma e dell'aristocrazia romana che si autopropone come protagonista della storia di Roma.

L'esame dei dati archeologici deve tener conto di questo ↥ e del fatto che:
la tradizione si è formata sicuramente tardi, verso la fine del IV a.C.
almeno in parte la ricostruzione è frutto di congetture e non proviene direttamente dalla memoria ininterrotta per via orale. La rielaborazione ha raccolto e riutilizzato materiali di folklore senza tempo (p.e. il bambino esposto e ritrovato da una fiera o un pastore) riciclati come narrazioni storiche + molti elementi della tradizione greca
Quadro archeologico oggi

Nell'ETÀ DEL BRONZO FINALE (XI-X sec a.C.) nell'Italia centrale tirrenica si afferma una cultura che è chiamata protovillanoviana (dalle scoperte nel sito di Villanova vicino a Bologna di cui questa è precedente), caratterizzata da incinerazione ad d'urne biconiche. La cultura protovillanoviana nell'area tirrenica conosce uno sviluppo, nascono abitati d'altura, naturalmente fortificati e spianati sulla cima; si tratta di centri di piccole dimensioni (5-10 ettari) e a piccola distanza gli uni dagli altri, hanno bisogno di poco terreno da coltivazione, circa 5-10 km.

Con l'inizio dell'ETÀ DEL FERRO, fine X-inizio IX secolo comincia il villanoviano. In questa fase di sviluppo la popolazione che era sparsa si concentra in un minor numero di abitati ma di dimensioni sensibilmente maggiori. I siti corrispondono a quelle che saranno le grandi città dell'Etruria.
Protourbanizzazione che si sviluppa nel corso del IX secolo perché non ci sono ancora colonie greche in Italia.

Nel Lazio la situazione è simile ma più graduale, più lenta. Non fu un cambiamento generale, ci sono abitati piccoli della fase precedente (sui colli Albani) e insieme concentrazioni più urbane. Le prime unità maggiori cominciarono a comparire nell'ultimo quarto del IX secolo, agli INIZI DELL'VIII.
Fase Laziale: 830-770 a.C.
Il primo di questi centri è Gabi.
Alla metà dell'VIII secolo compaiono le prime sepolture principesche, che testimoniano una differenziazione sociale ormai accentuata, p.e. quelle trovate a Palestrina (antica Preneste) della fine dell'VIII-inizio VII secolo mostrano sfarzo, oggetti di importazione greca e fenicia.
In questa fase l'aristocrazia locale ha assorbito gli usi di quella greca es. la cultura del simposio (ci sono vasi che ne testimoniano l'uso) e anche la scrittura compare per influenza greca con vari adattamenti dei segni alfabetici greci. Compare prima in Etruria poi nel Lazio.
L'unione delle comunità
Per Roma scavi alla fine dell'ottocento misero in luce abitati dell'inizio dell'età del ferro sul Palatino e sul Quirinale, mentre nell'Esquilino e nel Celio (zona del Colosseo) si trova un villaggio di capanne già del X secolo e nel Foro Romano si è trovata un'area di tombe risalenti fino al 380 a.C.
Sul Palatino (più recenti) e sul Campidoglio (più antichi: fino al XIV sec, età del bronzo) ci sono indizi di abitati. Quindi l'area intorno a Roma è una serie di nuclei indipendenti, forse c'erano capanne anche nel foro.

EINAR GJERSTAD (1897-1988): quando il sepolcreto fu abbandonato si sarebbero costruite capanne anche lì e sarebbero durate fino al 575 a.C., quando le capanne sarebbero state eliminate e l'area sarebbe stata pavimentata: segno di fusione artificiale fra le comunità preesistenti, che avrebbero scelto l'area come zona di incontro, secondo questa visione questa sarebbe stata la data della fondazione di Roma, atto volontario di unione fra comunità con un'area comune in cui si fanno affari secondo il modello della polis greca. Questa datazione modifica di molto la cronologia, sposta di due secoli in avanti la fondazione.

Intorno al 1955 lo studioso MULLER-KARPE (n. 1925) propose un'altra tesi con la formula di Stautgrundung, formazione della città graduale e spontaneità lenta. L'unione politica di queste comunità sarebbe l'ultima fase di uno sviluppo insensibile. L'unica differenza sul piano di partenza riguarda la data della pavimentazione del foro: per Gjerstad intorno al 575 mentre Muner-Karpe propone 625. Gli studi successivi dimostrano che aveva ragione Muller-Karpe, in base a studi sui materiali. L'inizio dell'età del ferro viene collocato intorno al 900, mentre per Gjerstad era da collocarsi all'800 a.C.

Un tentativo di superare l'opposizione fra le due teorie fu fatta da CARMINE AMPOLO (?), che ammetteva entrambe le due fasi: prima ci sarebbe stata l'aggregazione spontanea e poi l'atto di autorifondazione come comunità unica per sinecismo (unione di abitanti diversi). Prima c'era l'abitato sul Palatino e poi su colli vicini. Nell'830 questa comunità usa il sepolcreto alla base del Palatino. Qui confluiscono molti dal Celio e dal Palatino. Poi si abbandona il sepolcreto perché la comunità della Celio si espandeva verso l'Esquilino, c'è una serie cospicua di tombe in quella zona, che iniziano quando non vengono più fatte nel sepolcreto.
Queste comunità avevano un rituale religioso antichissimo a cui si riferisce Sesto Pompeo Festo (antiquario dell'età di Adriano), che prende materiale dalle ricerche di Verrio Flacco (età augustea): l'11 novembre veniva celebrata una festa con processioni che riguardavano tutti i colli (eccetto Quirinale e Campidoglio), faceva il giro delle comunità: le due alture del Palatino, la Celio, le tre cime dell'Esquilino, la valle della Suburra (che è una parte del Foro). Questo rituale testimonia una fase in cui l'urbanizzazione si esauriva in quest'area, senza due colli importanti per Roma: era la comunità del Settimontium. La fusione con gli altri due colli risalirebbe a quando nel Campidoglio scomparvero le tombe e ci furono capanne (625 ca.), fu pavimentato il foro, furono fatti i primi edifici pubblici: la reggia, residenza prima del re poi del pontefice massimo, primo edificio pubblico (ultimo quarto del VII secolo).
Riletture di vecchie scoperte
Alla metà degli anni '70 il quadro sembrava chiarito, ma viene rimesso in discussione appena finiti i nuovi libri di testo per delle nuove scoperte e dei cambi di indirizzo.

AMMERMAN nel 1990 riesamina le stratigrafie del Boni (in base alle quali Gjerstad aveva datato la presenza di capanne nel foro) e sostiene che queste capanne non sono mai esistite, sono una lettura sbagliata degli scavi; sono invece una colmata artificiale, di riporto di circa 2 metri traccia di operazioni di bonifica precedente alla pavimentazione (la zona era soggetta a impaludamenti). La fusione fra le comunità (Palatino, Celio, Esquilino, Campidoglio e Quirinale) risalirebbe a quel momento. Nel 625 ca. con decisione puntuale e consapevole sarebbe avvenuto un sinecismo.
Ammerman conferma la parte più significativa di Ampolo correggendola su un punto: la fusione di fatto non sarebbe stata prima del 625. Se fino a quella data la zona intermedia era spesso impraticabile non avrebbe potuto essere una zona di aggregazione.

Secondo Ampolo il carattere artificiale della nuova comunità è provato dal fatto che era divisa in 3 tribù e 30 curie: queste ripartizioni con un numero tondo significano che non sono frutto di un accorpamento casuale ma una scelta precisa. Questo carattere artificiale si ritroverebbe anche nel calendario romano più antico (cfr grafia più grande): dev'essere antico davvero perché manca il culto di Giove capitolino (quindi precedente al 509 a.C.), mancano i culti introdotti da Servio Tullio secondo la tradizione (Fortuna, Mater Matuta) quindi anteriore anche al 559. Questo nucleo del calendario è così complesso che presuppone l'uso della scrittura, anche se fu reso pubblico più tardi di quando fu scritto.

Poiché intorno al 625 queste comunità adottano il modello della polis, fanno riferimento alle basi di mercanti greci (fondaci, basi commerciali) e fenici in quella zona. Sulla presenza di mercanti greci e fenici ci sono diversi indizi:
presenza antichissima di culto di Eracle all'Ara maxima (tramandata dalla tradizione e confermata dall'archeologia), che risalirebbe alla fondazione della città, addirittura portata con Evandro. In realtà quell'Eracle presenta delle prescrizioni di culto molto simili a quelle tributate a Baal-Mekart, una divinità fenicia
Legami fra il culto di Fortuna e culti orientali tipo Astante
il culto di Diana sull'Aventino era legato al culto su Artemis di Efeso.
Dispute causate dalle scoperte di Carandini
Carandini mette in luce un tratto di muro il cui primo impianto risale probabilmente al 730-720 a.C. fra il Palatino e il Celio vicino a un torrente, ricostruito almeno 3 volte fino al 550-30 a.C. poi distrutto e coperto con una colmata dove poi passava la sacra via (strada dei trionfatori).
Secondo Carandini non è possibile che sia un muro difensivo ma dovrebbe essere la linea sacrale del pomoerium più antico, quello attribuito a Romolo, quindi corrispondente all'atto di fondazione di Roma. Sarebbe la smentita di una datazione al 625 o al 753. Inoltre Tacito (Annales, XII, 24) parlando di Claudio fa un excursus sulla storia del pomoerium: Romolo tracciò il solco il cui percorso era segnato ancora al suo tempo con dei cippi (lapides) che indicavano un percorso attorno al palatino: Foro Boario, Ara Maxima, Curia veteres, ... e il sacello dei Lari. Questo percorso comprende il muro scoperto da Carandini.

1. Ma se la tradizione fissa questa coincidenza molto tardi potrebbe essere casuale:
se il muro è l'atto di fondazione di Roma sul Palatino come ci si spiega che l'abitato sul palatino sia anteriore di 3 secoli?
Siamo sicuri che il muro sia una linea sacrale?
In generale è l'interpretazione meno probabile se non addirittura da escludere: è solo un tratto di muro, se non girava attorno al Palatino non è la linea sacrale. Potrebbe essere una costruzione fatta perché la strada corresse lungo il torrente ma non più in basso per non esserne inondato.
2. Inoltre: Tacito su che base si fonda? Romolo mise o i cippi o il muro; altrimenti i cippi sono successivi. È una ricostruzione a posteriori come le altre, probabilmente i cippi vennero messi in un momento qualsiasi in cui il p. venne allargato (Silla p.e.) per apprezzare la differenza a fini di propaganda: anche per gli allargamenti di Augusto e Claudio restano dei cippi.
3. Anche la coincidenza cronologica fra Tacito e Carandini potrebbe essere casuale.
4. La nuova linea sacra fondata da Romolo e Tito Tazio (re dei sabini) comprendeva Palatino, Foro, Campidoglio e Quirinale. Questa tradizione si è formata dopo la leggenda della fusione dei romani coi sabini, sicuramente non prima del IV secolo, forse dopo.
La tradizione, secondo Carandini, viene confermata dalla sua scoperta anche per la leggenda del ratto delle sabine – che però lo smentisce almeno sul piano cronologico: sulla base delle ricerche di Ammerman la fusione non è anteriore al 625 mentre la tradizione dice che è stato durante la vita di Romolo.
Inoltre tutta la tradizione della comunità sabina sul Quirinale è tarda: se si analizzano tutte le fonti è chiaro che alla base c'è un ragionamento di pseudo-etimologia: il Quirinale (invece di venire da Quirino) sarebbe la zona in cui abitano i provenienti da Cures (vicino a Passocorese). Al contrario è stato dimostrato da linguisti moderni che Quirinus viene da Curia, quindi sarebbe il dio protettore della comunità romana, ovvero dei quirites, il popolo riunito in CVRIA: COVRIA: CON+VIR.
Ancora sulle fonti
Abbiamo una serie di testimonianze che collocano la fondazione in momenti diversi:
Catone e Dionigi di Alicarnasso 751,
Polibio 750,
Varrone 573: effetto di un ricordo tramandato?
d'altra parte Fabio Pittore 747,
Cincio Alimento 728,
e alcuni autori greci precedenti indicano date completamente diverse: Timeo di Tauromenio 813, Ennio e Nevio (III sec) indicano l'XI secolo: Ennio nel fr. * Vahlen dice “sono passati 700 anni da quando è stata fondata la grande Roma”2; in Servio commentato v. 273, I, Eneide “sia Ennio che Nevio facevano di Romolo un nipote diretto di Enea”
Il divario fra le datazioni è troppo profondo per ammettere un ricordo comune, sono tutte congetture, ragionamenti grossolani a tavolino; d'altra parte tutti gli autori romani3 conoscevano e utilizzavano gli annali dei pontefici quindi lì non doveva esserci nulla.
Il fatto che siano ricostruzioni a tavolino è ancora più evidente ragionando sui numeri:
Varrone dice che la fondazione è del 753 e la fine dei regni del 509: passano 244 anni ovvero 35 anni x 7 regni, i re di Roma erano eletti da adulti quindi non potevano esserci regni più lunghi, anche perché 4 su 7 muoiono di morte non naturale. In realtà solo 7 regni per 244 anni sono pochi4, e 35 sono quelli dati tipicamente anche dalle cronologie greche come durata media di un regno (3 generazioni ogni secolo). Tutto torna anche confrontando le date fornite da Fabio Pittore.
Una volta che siamo sicuri che la data di fondazione è frutto di calcoli a tavolino del II-III secolo a.C. significa che la coincidenza del muro è casuale. Povero Carandini.

L'inizio della repubblica
I tentativi novecenteschi di abbassare drasticamente l’inizio della repubblica sono privi di fondamento, le differenze vanno imputate a errori inevitabili per liste monotone e complicate: Bloch, Werner [inventato fino al 471], Gjerstad che propone di spostare i decemviri al 451, Alfoldi intorno al 400 a.C.

(qui è chiaramente saltata una lezione, ma tant'è...)

martedì 26 agosto 2008

Storia Romana 1: Fonti secondarie e Leggi (Letta)

Fonti secondarie (scritte)
Sono ripensamenti, interpretazioni e analisi del fatto storico, letteratura storica e non. Per interpretarle correttamente bisogna conoscerne le fonti primarie, risalire la filiera dal fatto all'interpretazione del fatto che ne facevano gli antichi; risulta inattendibile se non possiamo usufruire di determinati documenti.
Opere storiografiche
Genere letterario a sé con regole retoriche particolari.
Biografie
Per gli antichi era un genere a sé, distinto dalla storiografia.
Epos
Nella tradizione letteraria romana c'è l'epica di argomento storico, gli avvenimenti sono trasformati poeticamente ma restano interessanti.
Teatro
Il sottogenere della fabula togata di argomento storico che mette in scena personaggi e avvenimenti storici del passato di Roma, naturalmente tesi ad esaltare la gloria di Roma e dei romani. Alla base della narrazione dei fatti c'è una ricerca di tipo storico, una vulgata dei fatti corrispondente a quella della storiografia.
Leggi romane
Lex = legge proposta da consoli e pretori, votata dai comizi (che in età repubblicana corrispondono al popolo) centuriati (pace, guerre, alleanze) o tributi (proposte di legge).
Plebiscitum = legge proposta da un tribuno della plebe (ma è perduta la differenza che poteva avere in senso non tecnico).

Al tempo di Cicerone il testo approvato veniva inciso sul bronzo e conservato nell'aerarium custodito dai questori. Inizialmente probabilmente i testi erano scritti su tavole di legno imbiancato con calce e scritto in nero e rosso, tant'è vero che il titolo dei singoli capitoli della legge si chiama rubrica.

Da quando vengono scritte le leggi? Testi antichi possono essere sopravvissuti all'incendio del 390 a.C.? p.e. La legge sacra è della fine del VI secolo (periodo a cui risale l'uso scritto), per cui almeno qualche documento è sopravvissuto. D'altra parte l'analisi degli strati archeologici mette in discussione le fonti: non c'è stato un incendio così esteso da coprire tutta Roma.
A noi restano testi di legge a partire dal II secolo a.C.

Non tutte queste normative, ovviamente, hanno forma epigrafica, ma spesso si trovano incise anche legislazioni pertinenti a privati.
Struttura della legge romana
1.Index: denominazione della legge che unisce a LEX un aggettivo, generalmente il gentilizio del magistrato proponente e di solito segue un aggettivo o un complemento di argomento (de+abl): p.e. Lex Iulia de civitate oppure Lex Livia iudiciaria.
2.Praescriptio: premessa che contiene:
il nome completo del/i magistrato/i proponente/i
data e luogo del voto
la prima unità di voto favorevole: la prima centuria o la prima tribù, a volte anche il primo cittadino
3.Rogatio: testo v&p dell'interrogazione o della proposta; letteralmente significa proposta. Spesso divisa in capita (capitoli o articoli di legge), normalmente separati da uno spazio bianco, numerati e indicati dall'inizio da K o KL (caput legis), poi il numero e a volte la rubrica
4.Sanctio: sanzione per chi non rispetta le disposizioni (non c'è sempre) + norme transitorie per raccordare la nuova legge alla precedente legislazione in vigore.
Trattati internazionali: normalmente conservati in templi o luoghi pubblici. Ne esistevano copie scritte prima del periodo storico? Probabilmente sì perché Polibio (1° metà del II a.C.) dice di aver letto coi propri occhi insieme a un traduttore il testo di un trattato fra Roma e Cartagine dei primi anni della repubblica (fine del VI a.C. ).
In età repubblicana è il senato che gestisce le trattative, neanche i comandanti vittoriosi avevano carta bianca; i comizi centuriati sanzionavano con un sì o un no il trattato.
Atti dei collegi sacerdotali
La religione è una questione di stato nel senso che regola i rapporti fra la comunità umana e la comunità divina (Pax deorum): io faccio certi sacrifici tu fai il tuo dovere morale. I sacerdoti erano i responsabili del sacro ed erano riuniti in collegi che sono organi dello stato:
1.pontefici: erano i detentori del diritto sacro, tecnici del rapporto con la divinità
2.auguri: consultazione della volontà degli dei, interpretavano risposte e stabilivano modalità di consultazione del volo degli uccelli
3.quindecimviri sacris faciundis
4.aruspici: incaricati dello studio delle viscere delle vittime; erano sacerdoti etruschi al servizio dello stato romano.
5.Atti dei fratelli arvales: antico culto agrario rinvivito da Augusto a Diocleziano; trascrivono su lastre di marmo tutte le loro registrazioni, che vengono esposte nel bosco sacro della dea Dia.
Fonti storiche ci fanno intuire che c'erano archivi molto ricchi con un contenuto sacrale giuridico e tecnico ma è solo per i pontefici che si sviluppano le registrazioni che stanno alla base della nascita della storiografia, cioè i commentarii scritti su materiale deperibile (legno, ceramica, argilla, libri lintei, papiro); alcuni vengono trasposti in epigrafi esposte di cui ci restano frammenti significativi, ma si tratta verosimilmente di redazioni differenti da quelle prodotte per l'uso esclusivo dei pontefici.
Tra le registrazioni scritte dei pontefici c'erano:
1. Fasti
Ovvero il calendario.
Il termine deriva dall'aggettivo plurale Fasti Dies = elenco dei giorni in cui era lecito (fas) amministrare la giustizia, mentre altri giorni erano nefasti; il termine viene sentito come sostantivo.
Il nucleo più antico era attribuito a Numa Pompilio, ma ci restano esemplari epigrafici solo dell'età di Augusto e Tiberio; in questi il nucleo più antico era scritto con caratteri più grandi. A quest'altezza era una combinazione imperfetta di mesi lunari e anno solare.
La prima esposizione di un calendario scritto risalirebbe a Gneo Flavio, edile del 304 a.C. (era censore Appio Claudio Cieco, che gli permise di fare carriera nonostante fosse un liberto), mentre prima era compito dei Pontifices annunciare alla popolazione la fas dei giorni: ovviamente era uno strumento politico saldamente custodito.
Col tempo gli aggiornamenti sono necessari per l'introduzione di nuove feste, nuovi templi e commemorazioni.
Nel 46 Cesare rinnova il calendario: si azzera il ritardo e lo si blocca con l'introduzione dell'anno bisestile. Con Augusto viene inaugurato un gran numero di calendari pubblici.
Ci resta solo un calendario precedente alla riforma giuliana, i fasti anziales (??!) che sono di poco precedenti; dipinti su un intonaco poi recuperato.

Del calendario riformato abbiamo molte testimonianze: 42 secondo la raccolta di Grassi (Inscriptiones Italianae, 2° dg) fra Cesare e Tiberio. Presenta una struttura sempre uguale:
8 lettere (A-H) che sono le litterae nundinales1: gli 8 giorni della settimana più un giorno di mercato in cui la popolazione rurale affluiva in città
poi l’indicazione del numero del giorno: Kalendae (1°), il giorno dopo, tre giorni prima delle nonae ecc. (conto inclusivo), Nonae (5° o 7° a mar, mag, lug, ott), Idi (13° o 15° a mar, mag, lug, ott)
quindi la qualità religiosa del giorno: F fastus, N nefastus, NP nefastus purus, EN endopercisus cioè spezzato, mattino N e pomeriggio F, C comizialis
quindi annotazioni relative alle feste, prescrizioni rituali, commemorazioni di vittorie e sconfitte (p.e. 19 luglio Dies Alliensis sconfitta dai galli). Questa sezione si amplia nel tempo con informazioni di portata politica ideologica, particolarmente ipertrofica in epoca imperiale per la propaganda.
Un esempio è il feriale cumano (primo impero) oppure il feriale durano (da Dura Europos sull’Eufrate imperiale), lista di feste religiose al culto della famiglia imperiale: ancora all’altezza di Severo Alessandro (1° metà del III sec) tutti i reparti dell’esercito dovevano celebrare la morte di Germanico, il Dies Imperi di Traiano, Marco Aurelio ecc anche senza continuità dinastica.
2. Fasti Consulares
Elenco ufficiale dei consoli alla guida dello stato anno per anno: fondamentale per la datazione, data dai magistrati eponimi (cioè che danno il nome all’anno). L’uso di datare gli anni Ab urbe condita è solo letterario, storico o antiquario, mentre quello ufficiale era dei consoli – quindi liste ufficiali dovettero esistere fin dall’inizio dell’uso: in epoca regia non si sa come funzionasse, ma alla fine del VI sec (inizio dell’era consolare) si cominciano a redigere delle liste.
La lista a cui si faceva riferimento era quella dei pontefici che ne erano responsabili. Non ce ne restano documenti ufficiali ma verosimilmente le fonti letterarie che le usano facevano riferimento a liste ufficiali e affidabili; naturalmente resta il problema di quanto sia affidabile la parte più antica delle liste per quanto precisamente ricostruibile, sono stati posti dubbi soprattutto per la parte che riguarda il periodo fra il 510 a.C. (inizio della Repubblica) e il 390 a.C. (incendio gallico):
1.p.es. è sospetto il sincronismo fra la cacciata dell’ultimo re a Roma e la cacciata dell’ultimo tiranno dei pisistratidi ad Atene
2.nel IV secolo compaiono 4 anni dittatoriali i cui nomi sono discordanti, probabilmente non tornano i conti fra le coppie consolari e gli anni trascorsi dalla fondazione di Roma; il conto era effettuato in base al rituale di piantare un chiodo di bronzo nella parete del tempio di Giove Capitolino
3.fra il 510 e il 451 (decemviri) nelle liste dei consoli ci sono diversi nomi di famiglie plebee in evidente contraddizione con la tradizione unanime che dice che i consoli erano solo patrizi fino al 366 (leggi Licine Sestie). La spiegazione è in un’operazione successiva di famiglie plebee che fra il III e il I sec a.C. fingevano di aver raggiunto il consolato presto secondo la testimonianza di Plutarco che cita Claudio Quadrigario (I d.C.) che sosteneva che le parti più antiche della narrazione storica romana erano inattendibili a causa delle falsificazioni compiute per glorificare le gentes; anche secondo Cicerone in epoca per lui recente le gentes più potenti si inventavano antenati illustri.
Queste obiezioni comunque non sono gravi e ci sono spiegazioni per l’attendibilità complessiva: potrebbe esserci qualche anno inventato: la difficoltà a far coincidere una lunga lista di nomi ripetitivi con i chiodi piantati nella parete del tempio può aver indotto a inserire delle annate fittizie per recuperare il totale, non significa comunque che tutta la lista sia inventata; inoltre se erano falsificazioni sistematiche dovremmo trovare solo nomi di gentes importanti in epoca più recente mentre resistono alcuni illustri sconosciuti come i Sicinii.
Un’altra spiegazione è che alcune famiglie patrizie si siano estinte mentre i discendenti dei loro liberti abbiano fatto fortuna fino a rivestire il consolato. Le vere falsificazioni erano più modeste, lo spazio di manovra per inserire dei cognomina era ristretto perché le liste nella parte più antica avevano solo il nomen e il gentilizio.
3. Fasti Triumphales
Fasti Capitolini
Conservati nei musei capitolini ma provenienti dal Foro romano sono 49 frammenti di Fasti consolari scritti fra il 483 a.C. e il 13 d.C. e 41 di fasti Trionfali fra il 753 (data fittizia) al 19 a.C. Gli umanisti li consideravano ingenuamente le liste originali dei pontefici, mentre sono la monumentalizzazione della lista voluta da Augusto per celebrare i suoi successi come culmine della storia di Roma, regime in assoluta continuità col passato; in suo onore vennero affisse su un arco. I fasti trionfali vennero aggiunti in un secondo momento: quando uno dei piloni cede viene consolidato aggiungendo due passaggi minori con un architrave come contrafforte decorati con i Fasti Trionfali – il tutto viene inaugurato nel 19 a.C.
I fasti capitolini sovrapposti alle notizie degli autori antichi danno una ricostruzione sostanzialmente attendibile della lista completa della Roma repubblicana.
4. Annales Pontificum
Non si sa quando si cominciò a scrivere anno per anno gli avvenimenti principali accaduti sotto i singoli consoli. Sono registrazioni degli accadimenti della vita pubblica con risvolti religiosi anno per anno, come ci si è comportati e come hanno risposto le divinità per sapere come comportarsi in futuro.
Annali dei Pontefici veri e propri
Registrazioni destinate all’archivio ad uso dei pontefici quindi redatti su tavolette cerate o inchiostrate riunite con cordicelle (codice) o in volumina (libri lintei o papiri); sono materiali precari probabilmente copiati successivamente non si sa con quale grado di fedeltà. Sembra che coprissero anche il periodo delle origini (ovviamente non originali): Cic, De Rep, I, 25, 16 dice che la prima eclissi di sole registrata dai pontefici fu nel 400 a.C. mentre le eclissi precedenti fino a quella della morte di Romolo furono calcolate dai pontefici su base astronomica.
Tavola pubblica
Esposta anno per anno dal Pontefice Massimo; era una tavola imbiancata a calce su cui venivano scritte le indicazioni del pontefice per l’esposizione al pubblico – era quindi di grandi dimensioni e con una scelta particolare di avvenimenti ovviamente.
Annales Maximi
Conosciuti perché citati nella letteratura come opera letteraria divisa in 80 libri circolante al tempo di augusto come summa delle registrazioni dei pontefici.
Il 400 è la data (ovvero il periodo) della prima registrazione dei pontefici: tutto ciò che è precedente negli Annales Maximi sono ricostruzioni non attendibili, ma hanno lo stesso valore e criteri delle opere letterarie che conosciamo.
Cicerone raccontale registrazioni dei pontefici andavano avanti fino al 130 a.C., in cui il Pontifex Maximus P. Mucio Scevola si occupò della prima pubblicazione (?). Secondo Mommsen (1850 ca.) in questa data i pontefici smettono di registrare anno per anno e riuniscono e pubblicano tutti i materiali d'archivio in forma di Annales Maximi; più recentemente Frier (1980) ha contestato questa tesi e sostiene che la pubblicazione sia posteriore, forse d'età augustea (influenze letterarie).
Nella versione letteraria il materiale è rimpolpato: 80 libri dalle origini di Roma al 130 a.C. mentre Livio usa meno di 60 libri e già infioretta parecchio la narrazione. C'erano i nomi dei magistrati dell'anno, le tappe fondamentali delle guerre (battaglie, alleante, trionfi, tregue, armistizi ecc.), avvenimenti in patria (politica interna), avvenimenti catastrofici o straordinari (prodigia, catastrofi, stranezze varie), approvazione di leggi e senatusconsulta, atti pubblici con risvolti religiosi o rituali (quindi tutti gli atti politici: censimenti, lustra, comizi, fondazione di colonie, dedica di templi e statue, morte o sostituzione di sacerdoti)
5. Libri Pontificales
Da Romolo in poi. Libri tecnici di giurisprudenza e di tecnica rituale: norme di diritto sacro. Simili ai libri augurales, che erano specializzati nel volo degli uccelli.
Libri Lintei
Conservati nel tempio di Giunone Moneta. Ne nasce una polemica fra gli storici che disputano su una data richiamandosi entrambi ai libri lintei come fonte.
Atti del Senato
Inizialmente veniva registrata solo la delibera (senatusconsultum = parere del Senato), incisa su bronzo ed esposta al pubblico poi archiviate in posti diversi; generalmente nell'Aerarium dentro il tempio di Cerere2, mentre alcuni senatusconsulta riguardanti alleanze o privilegi personali (verso cittadini romani e non) erano conservati in Campidoglio3. In epoca più recente invece veniva registrato e archiviato tutto il contenuto delle discussioni negli Acta Senatus con proposte, interventi ecc. Nel 59 a.C. console Cesare gli Acta Senatus cominciano a essere raccolti in modo sistematico fino a diventare in epoca imperiale un archivio pubblico, importantissimo per gli storici: p.e. Tacito e Cassio Dione lamentano che lo storico del periodo imperiale può disporre liberamente solo degli Acta Senatus e non dell'archivio del principe (dalle riunioni del Consilium Principis). Il Senatusconsultum più antico pervenutoci è il De Baccanalibus (186 a.C.).
Erano ripartiti in:
Praescriptio
Nome/i del/i magistrato/i che hanno convocato la seduta e posto la questione, data e luogo (curia o templi fuori dal pomoerium per i generali che chiedessero un trionfo o volessero dichiarare guerra), nomi dei senatori estensori del testo scritto responsabili del contenuto (scribundo adfuerunt).
Relatio
Formula stereotipa “di cosa si parla” Quod Verba Facta Sunt (QVFS) + frase oggettiva oppure Quid de ea re fieri placeret.
Sententia
Parere o pronunciamento del Senato, introdotta da De ea re ita censuerunt.
Atti dei Magistrati
Il magistrato era assistito da un segretario che registrava i suoi atti ufficiali. Al termine della carica possedeva un archicio personale che si portava dietro e aveva cura di conservare: non esistevano archivi “ministeriali” pubblici. Alcuni storici augustei hanno consultato le cifre dei censimenti nelle case dei discendenti dei censori del periodo studiato: naturalmente c'era un forte rischio di manipolazione per gonfiare la gloria dei propri antenati.
Spesso veniva registrato un Diario commentarii di cui è un esempio il De bello gallico e il De bello civile di Cesare, tenendo presente le manipolazioni dovute al genere letterario o all'autocelebrazione.
Inoltre Cesare trasformò le proprie annotazioni in una sorta di giornale pubblico murale, gli Acta diurna, una versione laica del giornale del pontefice e una sorta di giornale d'attualità per il popolo. In epoca imperiale la propaganda si esprimeva soprattutto attraverso gli Acta urbis, che raccontavano gli avvenimenti e le celebrazioni della famiglia imperiale.
In epoca tardo-repubblicana la registrazione in forma di commentarii si è affermata gradualmente e tardi. Alcuni commentarii circolanti attribuiti a Servio Tullio sono probabilmente falsi creati nel I a.C. e fatti circolare per appoggiare la politica interna di quell'epoca. Nel periodo imperiale sul modello degli Acta magistrati si svilupparono gli Acta principis: archivio difficilmente accessibile ma anche il più prezioso.
Lettere, editti, decreti ufficiali dei magistrati
Lettere dei comandanti dalle città nemiche/alleate.
Relazioni al Senato sull'andamento della guerra, proposte e trattative dei comandanti.
Ci restano esemplari epigrafici e su papiro di lettere ed editti, ma tutti posteriori alla seconda guerra punica; particolare sviluppo conobbero nel periodo imperiale: si affermarono editti e lettere dell'imperatore (// maggiore burocratizzazione dello stato).
Constitutiones principi
Ovvero tutti i pronunciamenti scritti con valore normativo emessi dal principe in forza del suo imperium proconsolare maius et infinitum4. Con l'impero le altre fonti di diritto tradizionale scendono in secondo piano a favore della Constitutio principis: le leggi del Senato continuano ad esistere, mentre i comizi gradualmente spariscono a partire dal I d.C.: non votavano più le leggi, si riunivano solo per votare per acclamazione ciò che era già stato deciso.
Sono indicate da una inscriptio all'inizio (chi è l'imperatore, chi è il destinatario) e una subscriptio alla fine (luogo e data della costituzione).
Edictum
Ordinanza su temi generali e non casi singoli. Emesso con riferimento o su tutto l'impero o per una o un gruppo di province, oppure per Roma. Emessa dall'imperatore in virtù dell'imperium proconsulare maius & infinitum.
Mandatum
Ordini dell'imperatore ai governatori provinciali, destinati anche ai funzionari specifici.
Rescriptum
Risposta a una domanda scritta rivolta all'imperatore: ha valore normativo definitivo. p.e. domande fatte da parti in causa giudiziaria o da autorità giudicanti.
Decretum
Decisione presa dall'imperatore su questioni su cui decide lui di avere potere o singola sentenza su controversia giudicata direttamente dall'imperatore.
Raccolte di testi giuridici
Abbiamo notizia di molte raccolte di testi giuridici:
Codice gregoriano
Redatto da Gregorio nell'impero orientale risale ai tempi di Diocleziano e raccoglie per comodità dei giuristi tutte le constitutiones in vigore
Codice Ermogeniano
Integrazione indispensabile del precedente perché Diocleziano riforma radicalmente la sistemazione delle province dal punto di vista fiscale, amministrativo, giudiziario.
Codice Teodosiano
Raccolto da Teodosio II e giunto lacunoso dal II al V libro, mentre gli altri sono integri. Codice ordinato nel 435 e pubblicato nel 438 entra in vigore dal 1° gennaio 439 inizialmente solo in Oriente e poi anche in Occidente con Valentiniano III.
Sono 16 libri divisi in titoli, sezioni omogenee al cui interno sono ordinati cronologicamente. Attinge e supera tutte le precedenti raccolte.
Codice giustinianeo
La prima versione fu pubblicata nel 529 ma non ci è giunta. La seconda versione venne ordinata per tenere conto delle costitutiones emesse da Giustiniano per avere un corpus organico; pubblicata nel 534 d.C. e divisa in 12 libri, a loro volta divisa in titoli in ordine cronologico ripartiti in rubriche.
Digesto di Giustiniano
Raccolta di tutte le leggi (senatusconsulta + leggi) archiviate a Roma: probabilmente dopo il sacco di Alarico molti archivi non esistevano più, ma erano ricavabili dalle opere dei giureconsulti commentate.
Digesta [iura] significa leggi ordinate sistematicamente, note anche come Pandette, traslitterazione di Πανδεκταί cioè raccolte sostitutive (delle leggi).
Giustiniano autorizzò la commissione a ritoccare i testi ogni volta che fossero in contrasto con la normativa in vigore per adeguarli alla realtà attuale.
Pubblicato nel 533 in 50 libri divisi in titoli con rubriche: in ogni sezione ci sono i brani dei giureconsulti che citano la legge. Il testo era costituito del principium + paragrafi5.
Institutiones di Giustiniano
Trattatello elementare di diritto che doveva sostituire quello di Gallio (seconda metà del II d.C.); utilizzava e ordinava le norme del Codice e del Digesto riordinandole come se l'imperatore dicesse “bisogna fare così”. Sintetico e breve.
Institutiones + Digesto + Codice = Corpus Iuris Civilis.

sabato 9 agosto 2008

Appunti di Storia Romana 1: fonti primarie (Letta)

Fonti primarie
Le fonti primarie possono essere scritte o non scritte, ma sono espressione diretta del fenomeno. Sia per le fonti primarie che per le secondarie è importante utilizzare il documento originale, sia per gli scritti che per i materiali.
Fonti primarie non scritte: monumentali o archeologiche
Ovvero qualunque manufatto, prodotto artificiale. Monumentum = qualunque cosa serva a ricordare qualcos'altro. Un monumento può essere insieme fonte scritta e non scritta: bisogna integrare i due piani.
I monumenti ufficiali sono programmatici, ci fanno conoscere l’affermazione di valori comuni alla società del tempo e di riflesso l’organizzazione del consenso intorno all’autorità (maneggi politici) a volte come affermazione di valori o esaltazione di una figura pubblica, a volte come lotta agli oppositori o versione ufficiale di un avvenimento. Per questo non vanno presi alla lettera ma letti in filigrana e solo in casi fortunati possiamo avere un riscontro incrociato con altre fonti; restano cmq importanti.
Fonti ufficiali o pubbliche
Monumenti programmatici
Servono solo a ricordare qualcosa, non hanno uno scopo pratico, solo ideologico.
Statue onorarie: ritratti funerari, rilievi storici;
Colonne con spirali di rilievi (p.e. la colonna coclide)
Trofei: generalmente rappresentazione di cumuli di armi.
Monumenti funzionali
Possono avere una parte programmatica, ideologica ma hanno soprattutto un'utilità pratica. Ci servono per ricostruire la storia religiosa, politica (oltre a messaggi diretti i periodi di stabilità comportano piani edilizi a lungo termine), economica (costruzione di mercati e magazzini per il grano statali; più in generale in periodi di povertà diffusa si fanno meno restauri e manutenzione e non si inaugurano che pochi edifici nuovi), militare (oltre alla fondazione di castra i monumenti informano sulle guerre e sui contatti con altri popoli).
Edifici di interesse pubblico
Templi, basiliche (generalmente in uso dal II secolo a.C.): attenzione alla politica religiosa di Roma.
Foro: piazza ed edifici pubblici, cuore politico della città. Nella versione invernale è coperta.
Mercati p.e. mercati traianei
Curia per il senato o per il consiglio locale
Portici
Fontane
Circhi, Teatri, Anfiteatri per gladiatori o bestiarius
Terme
Biblioteche (dal I a.C.)
Horrea (granai)
Infrastrutture
Importanti per la storia militare e di diffusione della popolazione lo studio delle strade e degli acquedotti
Strade
Ponti
Acquedotti
Canali, emissari artificiali
Moli, bacini
Mura e sistemi difensivi (es. il Vallo di Adriano); talvolta le cinta murarie hanno significato ideologico e non pratico di difesa.
Centuriazione: sistemazione razionale del territorio agricolo per lo sfruttamento, per regolare il fisco e il catasto; organizzazione in un reticolato razionale ortogonale di strade e canali per il facile accesso e per il deflusso delle acque, con numerazione degli assi. Consente di ricostruire aspetti della vita economica e amministrativa.
Cardi (NS) e decumani(EO) nelle città
Porti (Ostia, Pozzuoli...) ci informano sulla parabola economica delle aree dell'impero
Fonti private
Che sono importanti ovviamente anche quando prive di un apparato scritto; vengono prese in considerazione per serie, ovvero per quantità e diffusione sul territorio, per qualità relativa ecc. Servono ad approfondire aspetti che gli autori antichi ritenevano superflui come la storia economica e sociale, a cui alludono sempre brevemente:
storia del popolamento delle varie zone: ripartizione per ceto sociale, quantità demografica da studi sugli oggetti d'uso comune e sull'urbanistica;
storia economica: sistemi di produzione, tipo di colture, uso del lavoro schiavile, tecnologie sia dagli strumenti ritrovati che dalle rappresentazioni figurali;
storia dell'artigianato e dell'industria, evoluzione delle forme e tecniche di decorazione ecc. P.e. con questi studi tipologici viene ricostruito il processo che porta dalla concentrazione della produzione prevalentemente in Italia del I secolo a.C. alla delocalizzazione nelle province galliche del I d.C. e successivamente in Africa (fino alla conquista araba);
storia culturale: pitture murali che risentono di echi della cultura greca classica ed ellenistica e in generale soprattutto nelle decorazioni si attestano influenze e circolazione di culture diverse;
storia religiosa e delle credenze, particolarmente dalle pitture funerarie per l'auto-rappresentazione del defunto e i riti mortuari, spesso non riportati dalle fonti letterarie.
In generale, i resti della vita privata sono importanti per ricostruire la longue durée per cui i cambiamenti politici improvvisi sono irrilevanti.
Edifici privati
Abitazioni
Domus, organizzata intorno all'atrio (patio anteriore, cortile quadrato a cielo aperto con vasca piovana) e al peristilio; intorno stavano le stanze e di fronte all'ingresso il tablinum, o stanza di rappresentanza. ser ha risentito dell'influsso greco dietro c'è un grande cortile rettangolare lungo, con un porticato e un giardino, altre stanze per la servitù oppure ambienti di soggiorno.
Insula: condominio di parecchi piani ad appartementi per risparmiare spazio e per la speculazione edilizia (es. Marco Licinio Crasso poi detto Dives, il ricco grazie alle speculazioni edilizie e cfr scavi di Ostia). Hanno bisogno di finestre (le domus no): naturalmente questo rappresentava un problema perché il vetro era costosissimo (solo case ricche), si usava l’alabastro al limite, più spesso con tende e imposte di legno.
Villa = domus rurale divisa in una parte rustica per le attività agricole e in una parte urbana, cioè signorile, riservata al padrone e simile alla domus cittadina.
Capanne, fattorie ecc.
Botteghe, fornaci, peschiere ecc.
Monumenti funerari
Ovviamente sono i più diffusi.
Da una semplice fossa nella terra si passa a urne e monumenti sfarzosi: per le tombe degli imperatori è difficile dire dove finisce il pubblico e comincia il privato.
Instrumenta domestica
Oggetti d'uso comune (stoviglie, lucerne…), contenitori per immagazzinare e trasportare (anfore, dola…), strumenti di lavoro: sono fonti molto importanti.
Fonti primarie scritte non letterarie
Fonti epigrafiche
La civiltà classica greco-romana è la civiltà dell'epigrafia; le iscrizioni erano usate molto più di oggi perché sostituivano i manifesti, i giornali, i documenti ufficiali e tutti i mezzi di comunicazione moderni, ovviamente.
Le incisioni erano su pietra o bronzo, più raramente su altri supporti: argilla, intonaco, legno, metalli pregiati...

Spesso ci si più trovare di fronte a falsificazioni anche antiche o già falsificanti l'antico più antico o il moderno, ma sono difficili da smascherare molto più dei falsari moderni.
Bisogna fare attenzione anche alle iscrizioni restitute cioè arrivate non nella loro forma originaria ma in copie sostitutrici di un originale danneggiato o che sembrava troppo umile – spesso si cercava di ripetere il testo originale ma non sempre è possibile, anche in buona fede.
ufficiali
Testi di leggi pubbliche, atti, decreti o editti di magistrati, senatus consulta, trattati internazionali, atti di collegi sacerdotali, editti e costituzioni imperiali...
Dediche sacre ufficiali fatte a nome dell'intera comunità su opere pubbliche (gen. riportano da chi, perché, con quali fondi erano stati costruiti) tipo templi, staute, trofei ecc.
Iscrizioni onorarie su statue per personaggi pubblici per conservare il ricordo e sollevare a rilievo pubblico imperituro il personaggio: consoli, magistrati imperatori e personaggi locali, sindaci ecc. Queste in particolare sono importanti perché oltre al nome e la motivazione mettono anche tutto il cursus honorum sia per le cariche maggiori che per le minori: ci servono per integrare molti dati che la tradizione letteraria non tramanda: storie personali in tutte le epoche datando con precisione di dettagli legami politici, guerre ecc.
La prosopografia (studio dei singoli personaggi) è fondamentale per lo studio sociopolitico del mondo romano perché la politica era molto legata ai rapporti personali.
Iscrizioni pubbliche su ogni edificio pubblico: dicono chi perché e con quali fondi è stato costruito l'edificio. Spesso hanno anche note di ideologia e propaganda.
Termini confinari e miliari,
Cippi del pomoerium: importanti perché è il confine ideale che divide l'interno e l'esterno della città sacra. Quando si varca il p. verso l'interno si lascia l'imperium, quando si esce lo si assume.
Cippi della centuriazione danno notizie sulle redistribuzione di terre ai nullatenenti ecc.
private
Nella ricerca prosopografica vengono usate soprattutto le iscrizioni funerarie: il senso della dignitas romana e dell'onore poneva ovunque qualsiasi motivo di vanto del defunto e quindi della famiglia – ovviamente per i ceti alti della società.
Iscrizioni funerarie,
Iscrizioni votive per chiedere una grazia, per grazia ricevuta...
Termini di proprietà,
Iscrizioni su instrumenta domestica possono essere a sgraffio (prima della cottura) o graffiate dopo, dipinte; possono essere indicazioni di proprietà, di contenuto, di peso, di qualità, di origine, datazioni (data consolare). Servono a ricostruire il succedersi delle mode, i flussi di produzione, la ricchezza locale ecc.
Numismatiche
Necessarie per la storia sociale e militare: tesoretti militari nascosti in momenti di emergenza per evitare che vengano rubati (e mai più ritrovati) sono indizio di instabilità e insicurezza politica o militare. Uno studio attento su un'area relativamente vasta ci fa ricostruire le fasi della storia militare non necessariamente raccontate dalle fonti p.e. del confine danubiano e renano; un tesoretto è importante se vengono studiate tutte insieme le monete e datate almeno approssimativamente.
Papirologiche
Ovviamente si occupa di papiri documentari, non letterari.
La stragrande maggioranza proviene dall'Egitto per il clima particolarissimo (secco e sabbia sterile) e principalmente dai cumuli di spazzatura; altrove climi diversi e terreni acidi li hanno mangiati, i pochi che resistono vengono da situazioni particolarissime tipo Ercolano & Pompei dove si sono carbonizzati e quindi sono leggibili, mentre quelli egiziani sono perfettamente conservati.

Anche le tavolette cerate sono considerate insieme perché si usa la stessa grafia (capitale corsiva), mentre nelle iscrizioni si usa la capitale epigrafica. Anche le tavolette cerate sono per lo più egiziane, ma se ne trovano in Dacia, in Persia e in Britannia, provenienti da archivi.
Erano tavolette di legno coperte di cera: la cera è sparita ma sul fondo è rimasto graffito lo scritto. Se sono state usate più di una volta è difficile capirle.
Sono legate per lo più alla storia economica e sociale: liste di prezzi, contabilità ecc, di cui le fonti letterarie non raccontano. Importanti anche per la storia amministrativa: verbali di requisizione, certificati di avvenuta corvèe (πεντήμηρος) e per la storia giudiziaria: testi di costituzioni imperiali su papiro come la Constitutio Antoniniana (o Concessione di Caracalla della cittadinanza) ma anche verbali di processi con interrogatori, testimonianze ecc.
Fonti primarie scritte letterarie
Orazioni
Espressione diretta della vita politica delle società antiche. Le trascrizioni precise cominciano in epoca solo relativamente recente: quella di Appio Claudio Cieco (35 ca.) è la prima che Cicerone poteva leggere. La prima raccolta è di Catone, mentre Cicerone è l'autore più importante per il genere delle orazioni, che spaziano da ambito giudiziario a politico e ci arrivano in gran numero.
Diarii o Commentarii
I più celebri sono quelli di Cesare, ma altri già prima ne avevano scritti. Sono difficili da usare se scritti come apologia di se stessi.
I primi esempi di cui abbiamo notizia sono della fine del II-inizio I secolo a.C.: Lutazio Catulo e Silla (la biografia plutarchea di Silla li usa come fonte primaria).
Lettere sia privare che scritte per la pubblicazione
Cicerone, Plinio il giovane, Frontone. Sono aperture sul contemporaneo e informazioni preziose sui fatti da parte di testimoni, p.e. le lettere di Cicerone sulla guerra civile (spostamenti, retroscena, contatti, mercanteggiamenti, timori...)
Scritti polemici, pamphlet, libelli
Fatti circolare per denigrare avversari politici o suffragare una versione dei fatti. P.e. L'Anticato, scritta da Cesare contro il libello che esaltava Catone, scritto dai nostalgici della repubblica.
Se ne trova qualche riflesso negli scritti coevi.
Scritti d'esaltazione o d'occasione, panegirici
Esaltazione oltre il giusto e senza limiti di veridicità di un partito o dell'imperatore. È un vero e proprio genere letterario di discorso pubblico, circolante in forma scritta dal periodo imperiale in poi e raccolte fra il III e il IV secolo per gli imperatori; ovviamente non sono opere affidabili come la storiografia ma comunque utili. Un esempio è il Panegirico di Plinio il Giovane, scritto per la salita al trono di Traiano.